Stretti dalle morsa della crisi sono sempre più i nuovi poveri che affollano la mensa di Sant’Antonio: Disoccupati, senzatetto, separati ma anche pensionati che faticano ad arrivare alla fine del mese. Sono invece 120 i volontari di ogni ceto sociale e di ogni età, che a secondo delle loro attitudini si prodigano per tendere loro una mano. “La situazione è particolarmente grave ci dice il Padre rogazionista Giorgio Nalin, ma il dato più preoccupante è la mancanza di lavoro che sta creando sempre più poveri.
Alcune famiglie che vengono qui non hanno nemmeno il gas nelle abitazioni per farsi un pasto caldo. Noi non facciamo altro che continuare l’opera di San Annibale che cento anni fa oltre ad accogliere i bambini orfani aveva istituito la “caldaia per i poveri” e quindi la mensa di San Antonio, è una ripresa di quell’esperienza. Oggi dobbiamo pensare anche a tutte quelle persone come gli anziani spesso invalidi e bambini che non hanno la possibilità di mangiare qui a tavola per loro è previsto il pranzo da asporto. ”. Ma il sostegno delle persone bisognose non si limita solo ai rifornimenti alimentari, ma anche al supporto psicologico ,come ci racconta Elena Donato, coordinatrice dei volontari:” Lo sportello d’ascolto è nato il 2 ottobre del 2012 con la consapevolezza che il disagio aumenta giorno per giorno. La crisi economica ha messo Messina in ginocchio e purtroppo tra quelli che ci chiedono aiuto troviamo anche persone che prima vivevano in condizioni economiche agiate. La nostra squadra d’ascolto è formata da psicologici, avvocati, e direttori di patronato, perché spesso conosciamo persone che non sanno fronteggiare le pratiche quotidiane perché non hanno nessuno a cui rivolgersi”. Le storie di difficoltà però a volte sono acuite dall’assenza delle istituzioni, sempre più distanti dalle esigenze dei cittadini:” In questi giorni stiamo assistendo una famiglia –continua la signora Donato- che vive in una baracca ricoperta di Eternit. Da anni la coppia soffre di enfisema polmonare e l’Inps non gli ha riconosciuto l’invalidità. Oggi non hanno un lavoro e sono dimenticati da tutti. Ma è possibile che solo il nostro istituto intervenga mentre questa l’amministrazione -che ha messo gli ultimi tra le priorità dell’agenda politica in campagna elettorale – tace?”. Ma la vera storia dei bisognosi appare in tutta la sua crudezza alle cinque e trenta quando gli ospiti cominciano a popolare i locali dell’istituto antoniano di via ghibellina. Fino a due anni fa alla mensa c’erano soltanto 150 persone mentre oggi se ne contano 450.
Numeri che racchiudono storie di miseria e disperazione ma anche di grande dignità come quella del signor Enzo: ”Prima lavoravo come manovale ma da tre anni non trovo più nessuna occupazione. Ho quattro figli e oggi sopravvivo grazie alla mensa che frequento da un anno e per l’aiuto dei miei due figli più grandi che lavorano. Certo non guadagnano molto ma di una cosa sono sicuro meglio mangiare pace e cipolla e mantenersi onesti. Questo è l’insegnamento migliore che posso insegnare ai miei figli”. Altra storia drammatica quella di Danilo, un giovane di vent’anni che vive in una famiglia di otto persone. Suo papà è detenuto e lui cerca di aiutare la sua famiglia pulendo le cappelle del cimitero. “Lavoro” che gli permette di racimolare 100 euro al mese. Tra gli ospiti però quello che più acceca è l’immagine di due ragazzine R e V, di quattordici e diciassette anni che fanno la fila per il cibo preparato a sacco. R con occhi tristi ci racconta che suo padre ha lasciato lei e la sua famiglia e in assenza dei nonni che sono morti la mensa è l’unico sostegno che hanno. V invece ha ancora la forza di sperare in un futuro migliore. Ha lasciato la scuola fermandosi alla licenza media ma ora vuole iscriversi ad un corso per diventare parrucchiera. : “In futuro tutto può cambiare –ripete come chi si vuole convincere di una verità- e io voglio che tutto si sistemi”. Alle sei e mezza la mensa si svuota e restano i volontari che armati di sorriso e buona volontà provvedono a sistemare la sala per il giorno successivo.
Tra questi ci sono molti pensionati come Franco e Mimmo che dedicano il loro tempo libero al prossimo perché dicono “la voglia di aiutare il prossimo è l’unica cosa che può nobilitare l’uomo e renderlo migliore”.