30 milioni di persone
nel mondo sono intersessuali. L’Italia non solo non li tutela alla nascita ma fa
in modo che non esistano.
Approccio
patologizzante, mutilazione genitali senza consenso informato, stigma è ciò che
i bambini e gli adulti intersessuali in Italia continuano a subire. Se non
posso subito identificarti come maschio o femmina allora vai “corretto e
normalizzato”.
Chi
sono gli intersex?
Intersex è un termine
ombrello usato per descrivere le persone le cui caratteristiche sessuali
congenite differiscono da ciò che la classe medica genericamente intende essere
“maschio” o “femmina” (Definizione dell’Organizzazione Intersex Internazionale
– Italia)
Persone
i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri
sessuali secondari, come la peluria, non sono inquadrabili esclusivamente
come maschili o femminili.
30milioni
d’individui, fra lo 0,5% e l’1,7% della popolazione mondiale.
Essere intersessuale
non è una condizione patologica, non necessariamente, eppure le persone
intersessuali subiscono troppo spesso, alla nascita e nel corso della loro
esistenza, un pesante approccio “correttivo”. A decidere
dell’identità da assegnare al neonato, in un contesto come quello Italiano che
non prevede alcuna tutela, è dunque il bisturi.
I genitori del bebè,
come vedremo più avanti, si affidano alle indicazioni mediche e in caso di
rifiuto delle stesse rischiano la sospensione della responsabilità genitoriale
e che a decidere sia il Pubblico Ministero.
I bambini intersessuali vengono violati e torturati.
Interventismo
medico, stigma e scarsissima informazione sono alla base di molte delle storie
che oggi circolano in rete e su portali quali “Intersface project” e “Aisia
storie personali” e di cui riportiamo alcuni estratti:
“Mi ricordo che avevo quattro o cinque anni, feci un viaggio a Roma con mia nonna, per fare una visita in ospedale: un grande e famoso ospedale. Quella visita durò una settimana. Feci molta resistenza, quando vollero farmi l’iniezione per l’anestesia (ben due infermieri e mio padre mi tennero ferma). Dopo feci un giro a Roma. A undici anni stessa solfa, per “un’appendicite” dicevano. Alla fine, dopo aver tolto il catetere vidi che mi mancava qualcosa, là dove usciva la pipì; qualcosa che era cambiata nel tempo. Inoltre dovevo iniziare a prendere una pillola tre volte al giorno e non dire a nessuno dell’operazione.”
“È un’altra volta questa benedetta ernia”, fu il commento dei miei genitori. Questa volta dobbiamo togliere tutto. Tutto cosa? L’ho saputo a 23 anni”.
Individui che si
ritrovano da adulti in un sesso che non gli appartiene o in un corpo che
qualcuno ha deciso di “modellare” secondo il sistema binario
maschio/femmina senza chiedere loro il consenso.
Gli interventi chirurgici in Italia su intersessuali
Uno degli ultimi casi d’intervento
correttivo su bambini intersessuali in Italia è quello tenutosi al Policlinico
di Palermo nel 2016. L’infante nato con il corredo cromosomico maschile
ma con gli organi genitali femminili, è stato sottoposto a due complessi
interventi, il primo per asportare utero e vagina e il secondo per ricostruire
il pene e la via urinaria intra-peniena. Il fatto è stato
presentato come un successo su tutti i fronti “un eccezionale intervento
chirurgico che solo un’equipe multidisciplinare poteva eseguire”.
Interventi invasivi e irreversibili,
cui segue una vita di terapia. Il tutto senza tenere in considerazione l’opinione
di chi subisce oggi le conseguenze di quelle scelte, persone intersex che si
battono per dire “stop alle mutilazioni genitali” e lamentano
profonde conseguenze sulla salute fisica e psicologica.
Le
ammonizioni internazionali
Il 2 settembre del 2016
il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD)
ha ammonito l’Italia per le pratiche di mutilazioni genitali intersex (IGM),
denunciandole come una violazione dell’art. 17 CRPD sulla “Protezione
dell’integrità della persona”.
“Il Comitato è
preoccupato che i bambini siano sottoposti a interventi chirurgici
irreversibili per la loro variazione intersex e altri trattamenti medici senza il loro consenso libero e informato
[…
]raccomanda
allo Stato membro di garantire che nessuno sia sottoposto, durante l’infanzia,
a trattamenti medici o chirurgici se questi non sono basati su documentazione
scientifica; di garantire l’integrità fisica, l’autonomia e
l’autodeterminazione per i bambini in questione; e di fornire adeguata
consulenza e supporto alle famiglie con bambini intersex. “
Il Report
delle ONG internazionali
per i diritti umani delle persone intersex “StopIGM.org” e “intersexioni”,
presentato alla Commissione sui diritti dell’infanzia lo scorso anno sottolinea
invece come “la giurisprudenza
italiana promuove l’IGM punendo la sua prevenzione”.
Nel marzo 2018, la relazione
iniziale dal titolo “Mutilazioni genitali intersex, violazioni dei diritti
umani dei bambini con variazioni dell’anatomia sessuale” forniva prove
delle pratiche di mutilazioni genitali intersex in corso in Italia, sostenute e
pagate dallo Stato e “promosse” dalla Giurisprudenza.
Due i casi segnalati.
Il primo risale al 1993, quando i genitori di un bambino intersessuale si
rifiutarono, andando contro le indicazioni dei medici, di
“acconsentire” all’IGM (“chirurgia femminilizzante”). Il Tribunale
di Potenza sospese la responsabilità genitoriale nominando un tutore legale che
acconsentì al trattamento chirurgico non necessario. (Trib. Potenza, 29 luglio
1993).
Nel
2012, dei medici che non avevano consigliato ed eseguito una
“femminilizzazione chirurgica” su un neonato intersex, ma avevano
solo eseguito una vaginoplastica “correttiva”, a due anni dalla
diagnosi del bambino come “biologicamente femminile”, sono stati
denunciati dai genitori e condannati dal Tribunale di Bari per il risarcimento
del danno (Trib. Bari, sez. III, 25 giugno 2012, 2295, in dejure.it.)
La Commissione sui Diritti
dell’Infanzia, visti i dati forniti, ha stilato dunque una lista di domande per
l’Italia, pubblicata nel luglio 2018 dove tra le altre cose si chiede di fornire
dati sui bambini che nascono intersessuali. Un quesito che ha avuto come
risposta la seguente: “Non sono disponibili dati in questo settore, in
quanto la legislazione italiana non
consente la registrazione di bambini alla nascita come intersessuali”.
Gli
intersessuali insomma non esistono o non dovrebbero esistere per lo Stato
Italiano?
Già 2013 nel suo Rapporto speciale sulla tortura, l’Onu
ha incluso gli interventi sugli intersex, invitando a non eseguire
“trattamenti irreversibili e di normalizzazione dei genitali ove non vi
sia un consenso informato della persona coinvolta.”
In Italia nel 2019 non
solo non si accettano le indicazioni delle varie Commissioni, ma ci si appella
alla Costituzione per agire in maniera diametralmente opposto. In un contirbuto
di Giacomo
Cardaci, dottore di ricerca in diritto processuale civile dell’Università
di Milano-Bicocca, dal titolo “Il processo di rettificazione dell’atto
di nascita della persona intersex”, si legge:
“Al pubblico
ministero potrà essere fatta istanza affinché agisca per la promozione del
procedimento di rettificazione […] la ratio della
norma giace nel principio secondo cui vi è un interesse dello Stato alla chiara
e corretta enunciazione dei registri dello Stato civile […]
Il Pubblico Ministero dovrebbe avviare il procedimento in piena autonomia tutte
le volte in cui abbia avuto […] notizia del
manifesto disallineamento tra identità di genere e sesso legale di un soggetto
minorenne intersessuale, attesa la necessità di tutelare il suo interesse
preminente ad essere identificato nella società con un prenome armonizzato con
la sua identità, interesse tutelato dall’art. 2 della Costituzione”
E’ giusto “amputare
e riallineare” ciò che diverge dal sistema duale imposto dalle norme
sociali, piuttosto che permettere l’alquanto
semplice inserimento della casella “intersex” sulle carte d’identità e
di rispettare il diritto all’autodeterminazione?
Gli attivisti intersex, dal canto loro, chiedono rispettosamente di “indicare quali trattamenti penali o civili sono disponibili per persone intersessuali sottoposte a sterilizzazione involontaria o non necessarie e trattamento medico o chirurgico irreversibile quando erano bambini e se questi rimedi sono soggetti a qualsiasi limite di legge”.
Nel frattempo continuano a recitare il loro: “No body is shameful, nessun corpo è indegno”.