A che punto sono i lavori della “Commissione Statuto” Unime?

Dopo il tradimento di qualsiasi forma democratica nella selezione dei membri, annunciata in pompa magna dal Rettore ma contraddetta dai fatti negando a tutte le parti richiedenti procedure elettive per i membri della stessa (i 451 docenti e ricercatori firmatari di una petizione e gli studenti del Collettivo UniMe in Protesta ),  la commissione che revisionerà il documento di auto – organizzazione dell’Ateneo messinese ha iniziato il proprio lavoro.

Il clima in cui la commissione lavora, però, non è dei migliori per aspettarsi serenità deliberativa da parte dei membri: ormai da tempo l’Ateneo è ostaggio dei guai giudiziari del Rettore Tomasello che, nonostante la totale abnegazione nei suoi confronti da parte della maggioranza del corpo docente, degli organi superiori (Senato e Cda) e delle più grosse associazioni studentesche accreditate, è “costretto” a sopportare le rivendicazioni di chi ancora non si è arreso all’idea che non si debbano mettere in discussione le decisioni del “Sultano”, men che meno  parlare dei suoi problemi giudiziari.

E’ il caso del preside della Facoltà di Scienze Mario Gattuso che, nella seduta del Senato Accademico del 10 Marzo ha dichiarato: “Si è approvata la commissione che dovrà modificare lo Statuto e si è varata la nuova offerta formativa, adesso sono maturi i tempi perché si discuta dei guai giudiziari del Rettore”

Dichiarazioni che non sono affatto piaciute a Tomasello e che, comunque, non sono state raccolte dagli altri senatori che hanno bocciato la proposta. Come volevasi dimostrare!!! Con tanto di ulteriore reazione di Gattuso. «Se non si può discutere di una questione eticamente importante per l’Ateneo come quella del secondo rinvio a giudizio del rettore, non mi resta che rinunciare all’indennità di carica. Chiedo che questa somma venga utilizzata a favore degli studenti».

Dichiarazioni forti, troppo forti per un personaggio come il Rettore, pressato anche dagli studenti del Collettivo UniMe in Protesta, ai quali ha negato lo spazio dell’Aula ex Chimica proprio nel giorno del seminario con il Genio Civile Gaetano Sciacca, che lo hanno contestato direttamente e che hanno continuato il proprio programma di appuntamenti ora nell’androne del Rettorato, ora in aule a caso prese temporaneamente senza autorizzazione come manifestazione di dissenso nei confronti del vertice.

Ovviamente durante i lavori in commissione il Rettore non si è smentito: nonostante la dichiarata volontà di rendere pubblici i dibattiti interni alla commissione, Tomasello non accetta minimamente che membri della stessa, in autonomia, redigano report “non autorizzati” dal conclave in riunione, per giunta ad uso non propriamente pubblico. Alla sesta riunione della commissione, tenutasi il 4 aprile 2011, il Rettore ha ammonito i ricercatori Todesco, Buccisano e Federico, membro dell’organo tecnico di supporto, per aver pubblicato in rete testi di resoconto delle riunioni: si è dunque aperta una discussione sulla mancanza di informazione con l’esterno soprattutto per quanto riguarda l’aggiornamento del portale Riforma@Unime aperto dall’Ateneo proprio con la funzione di pubblicizzare i lavori. Sembra che i ricercatori siano riusciti a porre adeguatamente il problema e che per il 28 di aprile sia in programma un dibattito pubblico nel quale si renderanno noti i contenuti della revisione dello statuto. Inoltre sarà regola dei lavori di commissione redigere un verbale di ogni seduta da approvare nella successiva riunione. Ciò non toglie che, in tutta libertà, chi fa parte della commissione possa redigere autonomi report: è chiaro che ciò che il Rettore non sopporta è la possibilità che ognuno ha di farsi un’idea sul modo in cui si riorganizzerà l’Università dopo la disastrosa legge Gelmini, recepita supinamente dall’Ateneo.

Ma in cosa consistono le modifiche che la legge Gelmini impone? Quali sono gli spazi di deliberazione autonoma che l’Ateneo può recuperare nei meandri di una legge che verticizza ulteriormente i poteri?

Sono queste le domande a cui la commissione dovrà dare risposta. Nonostante la carenza di informazioni, qualcosa trapela all’esterno proprio grazie ai report dei ricercatori.

La discussione fin’ora è giunta al Titolo II. Nelle prime tre sedute, prettamente consultive e propedeutiche, sono stati letti e modificati i primi sei articoli dello Statuto vigente (Titolo I, Disposizioni generali). È stato rilevato come, trattandosi della enunciazione dei principi, non sono necessari stravolgimenti ma si dovrà procedere solo ad alcune modifiche mirate, in coerenza con le indicazioni della legge n. 240/2010.

Le prime controversie riguardano, però,  la riscrittura del Titolo II “Organi di Ateneo”: nonostante la comune volontà dei membri di bilanciare il potere che dalla legge 240/10 viene attribuito al Cda con l’obbligatorietà di ricevere pareri favorevoli da parte del Senato Accademico (specie su didattica, ricerca e servfizi agli studenti) nei casi in cui la legge non prescriva altrimenti, la commissione, ad esclusione dei ricercatori Todesco, Buccisano e Federico, sembra non sia intenzionata a democratizzare il più possibile l’organizzazione dell’Ateneo. Infatti mentre per i ricercatori sarebbe necessario che i componenti del Cda, esclusi quelli previsti di diritto dalla legge Gelmini (Rettore, Direttore Generale), fossero tutti eletti democraticamente, l’orientamento generale della commissione diverge poiché siccome “la legge attribuisce primario rilievo alle competenze che un aspirante componente del CdA deve avere”, il principio di rappresentatività delle categorie del personale docente e del personale tecnico amministrativo sarebbe “espressione di una logica corporativa che deve essere abbandonata”.

Dunque niente elezioni ma una valutazione dei curricula degli aspiranti membri dell’organo dirigente sottoposti al vigile sguardo del Senato Accademico. Una sorta di istituzionalizzazione del meccanismo di cooptazione sperimentato nella scelta dei membri della commissione.

Altro punto dolente è quello della nomina dei membri “esterni” previsti dalla legge: figure di “comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un’esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale” come recita la legge 240/10.  Nel documento presentato dai ricercatori a queste figure dovrebbe essergli attribuito voto deliberativo solo a condizione che ciascuno di essi contribuisca al bilancio dell’Ateneo nella misura minima del 0,5% del FFO dell’anno precedente, come previsto dallo Statuto vigente all’art. 10, comma 2. In caso contrario, secondo i ricercatori, ad essi dovrebbe essere attribuito solo voto consultivo. Mentre la commissione, a questo punto, ha negato la necessità che contribuiscano investendo denaro nell’università per poter decidere in maniera vincolante delle sue sorti. Una sorta di privatizzazione a titolo gratuito.

Nel documento, inoltre, i ricercatori hanno formulato una serie di proposte riguardanti la composizione del Senato Accademico e le modalità di elezione dei rappresentanti dell’organo : cercare di limitare la presenza di direttori di dipartimento, trovare modalità adeguate per far si che gli stessi siano suddivisi pariteticamente alle varie aree scientifiche. Inoltre si era avanzata la necessità di creare formazioni paritetiche tra ricercatori, professori associati e ordinari a cui assegnare eguali seggi in Senato. Proposta che non ha trovato accoglimento da parte del resto della commissione specialmente da parte dei professori ordinari che non sembrano intendere la pariteticità in modo  esattamente matematico.

A prescindere dagli aspetti specifici emerge una tendenza: quella, perfettamente deducibile dal “non detto” del testo di legge Gelmini , di chiudere e serrare buttando via la chiave spazi di democrazia sempre più urgenti e necessari ad un Ateneo lanciato sul futuro con il freno a mano tirato e e con un’idea dell’università come luogo di potere e di dominio privato. I lavori continuano e, a quanto pare, le lotte altrettanto.