C’è chi lo definisce “teatro civile”. Chi, come Ascanio Celestini, sostiene che l’esistenza di un “teatro civile” presupponga quella di un “teatro incivile, selvaggio e mascalzone”, dunque meglio quest’ultimo. Sta di fatto che lo spettacolo “Agostino, tutti contro tutti”, scritto da Massimiliano Bruno e recitato magistralmente da Rolando Ravello, andato in scena dall’8 al 10 febbraio alla sala Laudamo di Messina, è un tipo di teatro che fa riflettere.
La storia che Ravello interpreta, vestendo i panni di Agostino e dei personaggi del mondo che lo circonda in una Roma vessata dall’emergenza abitativa, racconta di come non ci sia giustizia per gli onesti. Di come ad essere sempre rispettosi degli altri e della legge, si finisca con il passare per sciocchi e con il prendere calci nel sedere.
Mentre i personaggi si susseguono sul palco nel semplice trasformismo dell’attore – una volta indossa un grembiule per catapultare il pubblico nell’aula di scuola dove il figlio di Agostino legge al maestro la sua storia e subisce gli insulti del compagno Carmignani; un’altra volta un cappello da carabiniere per portare tutti in caserma, dove Agostino denuncia di aver trovato casa occupata al rientro dalla prima comunione del figlio – si ride e ci si incupisce davanti al dramma di una famiglia che si ritrova di punto in bianco senza casa, senza la possibilità di riaverla perché il losco figuro cui pagavano l’affitto in realtà non è proprietario dell’appartamento. Insomma, senza speranza.
Si ride per la comicità del fatto, per la bravura nel rendere i personaggi paradossali ma verosimili. Ci si immedesima nei monologhi di Agostino, che insieme al tema che il figlio legge in classe è il filo conduttore del racconto, intervallato da piccoli sketch che rappresentano le scene più tragicomiche. Nella guerra fra poveri, nella lotta per avere un tetto sopra alla propria testa e quattro mura dove far crescere i figli, però, non sono tutti uguali.
Durante lo spettacolo il pubblico è indirizzato a prendere le parti di Agostino, padre di famiglia onesto, che non vuole ricorrere a metodi illegali per riprendersi la casa – l’uomo che credeva essere il padrone dell’alloggio gli fa la proposta di mandare due sgherri a cacciare via la famiglia che ha occupato l’appartamento, ma lui rifiuta – e che vuole solo vedersi riconosciuti i suoi diritti. Intanto gli altri poveri, quelli che hanno rubato la casa di Agostino, lo deridono quando occupa il pianerottolo, stufo di dividere 30 metri quadri con la famiglia del cognato. Alla fine avrà la sua rivincita, ma il retrogusto che l’opera lascia è amaro: non basta essere nel giusto per vedersi riconosciuti i propri diritti.