Ottocentocinquanta morti accertate, 80 all’anno, circa 15 mila casi di persone contaminate soltanto in Sicilia. Il killer si chiama amianto. Due dei nove siti nazionali più contaminati sono siciliani: oltre all’Eternit Siracusa e le cave Monte Calvario di Biancavilla troviamo zone come Gela, Termini Imerese, San Filippo del Mela e San Cataldo. In tutto, fino al 1992, erano ben 780 le aziende che in Sicilia hanno dichiarato di aver fatto uso di amianto.
E’ stato presentato un disegno di legge per regolarizzare la gestione dell’amianto con l’obiettivo di prevenire i gravi rischi per la salute derivanti dalla presenza nell’ambiente. Una lacuna storica nell’ordinamento siciliano che il disegno di legge presentato all’Assemblea Regionale Siciliana dall’intera commissione sanità cerca di colmare. Nell’Isola (unica regione d’Italia insieme alla Calabria, dove non esiste ancora una legge per la tutela e la prevenzione dei rischi) si creerà così anche un centro per la trasformazione in sostanza inerte e l’individuazione di un polo per la cura e la prevenzione della patologie da amianto nell’ospedale di Augusta. «Finalmente possiamo dire di essere all’avanguardia a livello europeo», spiega Giuseppe Digiacomo (Pd), presidente commissione Sanità all’Ars e firmatario del disegno di legge insieme ai colleghi Giorgio Assenza (Pdl), Salvino Caputo (Pdl), Giuseppe Federico (Mpa), Calogero Firetto (Udc) e Vincenzo Fontana (Pdl).
Già lo scorso 1 ottobre 2011, nel corso dell’assemblea dell’Osservatorio nazionale amianto, svoltasi a Gela, è emerso che ai lavoratori esposti all’amianto in Sicilia veniva negato il diritto alla maggiorazione contributiva sancito dal comma 8 dell’articolo 13 della legge 257/1992 e dai commi 20, 21 e 22 dell’articolo 1 della legge 247/04, conseguente alla mancata emanazione degli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, poiché la Sicilia è regione a Statuto speciale. Era evidente che occorreva armonizzare la legislazione regionale alla direttiva 2009/148/CE, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione all’amianto.
Una discrepanza normativa che solo a distanza di oltre due anni trova un suo primo punto di svolta anche in Sicilia, nonostante sentenze del TAR e richiami da Bruxelles nel recepire direttive comunitarie a tutela della salute delle popolazioni esposte al rischio amianto. I siti contaminati, infatti, sono molti – a Catania, ad Acireale con l’ex stabilimento Pozzillo, sul lungomare di Fiumefreddo con le due ex cartiere, senza dimenticare la situazione dei petrolchimici – ma le azioni prese fino ad ora quasi del tutto inesistenti.
Il testo presentato all’ARS è che ha avuto un primo parere positivo dalla Commissione Qurta “Ambiente e Territorio” è composto da 16 articoli che illustrano le modalità delle diverse fasi di gestione dell’amianto, dal monitoraggio dei rischi, fino allo stoccaggio, allo smaltimento, agli interventi di bonifica e non ultima all’ assistenza dei malati e delle loro famiglie. Per quest’ultima voce sono stanziati nel ddl un milione e settecentomila euro. «Per levare un semplice serbatoio per l’acqua che si trova sui tetti di molte case, il privato cittadino doveva spendere fino a 2mila euro», sottolinea Giuseppe Digiacomo.
Nello specifico del testo «tutti i soggetti pubblici e privati proprietari di siti, edifici, impianti e mezzi di trasporto, manufatti e materiali con presenza di amianto sono obbligati a darne comunicazione alla Arpa». Un passaggio non scontato che implica la responsabilità del privato, così come sottolineato nell’atto di osservazione approvato dalla stessa commissione parlamentare di riferimento.
Nascerà così un registro pubblico che conserverà una mappatura completa dell’isola, classificando i siti in base al grado di rischio sanitario. Ancora una volta i Comuni sono invitati ad inviare alle famiglie un apposito modulo per il censimento che dovrà essere ultimato entro un anno e mezzo dall’entrata in vigore della legge. Sui centri di stoccaggio, la tappa finale dovrà essere la creazione, come predetto, di un centro per la trasformazione in sostanza inerte «da realizzare – sottolinea la legge – in una delle aree più a rischio: Priolo, Biancavilla, San Filippo del Mela, Milazzo o Gela, entro due anni». Questa struttura però non ha attualmente copertura finanziaria, ma il Ddl invita a usufruire dei fondi comunitari o di un project financing.
Com’è noto, l’inalazione da amianto – il cui uso è stato definitivamente vietato con la legge 257/1992 – è ritenuta, sin dai primi anni del 900, altamente lesiva della salute, tanto che la malattia conseguente, nota col termine asbestosi, fu inserita tra le malattia professionali dalla legge 455/1943. Le numerose pronunce della giurisprudenza dell’epoca, unitamente al dettato costituzionale, hanno consentito di individuare e garantire un vero e proprio diritto/dovere al lavoro salubre, rispetto al quale, la tutela dal rischio morbigeno legato all’esposizione del lavoratore all’amianto ne costituisce una necessaria applicazione.
Sarebbero ad oggi circa 850 i morti a causa delle gravi conseguenze del contatto con l’amianto, 80 morti l’anno, molti dei quali localizzati nel siracusano, nei pressi del polo industriale. E’ quanto sostiene il presidente della commissione sanita’ dell’Ars Di Giacomo, presentando alla stampa il ddl. “La regione Sicilia si adegua con questo disegno di legge alla normativa di riferimento verso la quale si e’ attualmente inadempienti insieme alla Calabria”. Il ddl prevede anche l’istituzione di un tavolo permanente di monitoraggio sull’amianto interassessoriale di cui fanno parte nove componenti scelti tra funzionari regionali. Il tavolo dovrà interagire con i Comuni a cui saranno affidati i servizi di stoccaggio e informazione.
Occorre dire che la nostra testata è stata sempre molto attenta alla questione “amianto”, non ultimo il rapporto di interlocuzione privilegiato con il procuratore Guariniello, protagonista della storica sentenza Eternit – l’importante episodio giudiziario di Torino del 22 luglio scorso- che tocca anche i malati e i deceduti a causa della lavorazione dell’amianto nell’Eternit siciliana con sede in Siracusa.
Quell’esito è stato utile a fare chiarezza soprattutto sulle responsabilità, non potendo restituire nulla alle vittime – salvo un risarcimento simbolico che non riporta in vita chi non c’è più – ma adesso sarà importante che la Regione Siciliana si adoperi celermente per dare seguito a sentenze di questo tipo, proprio perché è il tempo del buon amministrare ma soprattutto della difesa di uno dei principali diritti inviolabili dell’uomo: la propria salute.