L’anoressia è la malattia che agisce sulla persona annullandola, trascinandola in un vortice che, nel 30% dei casi conduce alla morte. È il cibo il principale nemico di questi soggetti e nella mente hanno un solo obiettivo: il controllo ossessivo dell’immagine corporea. L’anoressia è figlia della realtà di oggi, è l’esasperazione in termini patologici, di atteggiamenti insiti nel sociale che vengono portati all’eccesso sino a che il singolo, oltre a perdere peso, perde il controllo di se stesso e diventa vittima di un’ossessione. Poi, col tempo spesso è la morte a fare il resto.
È di qualche giorno fa il servizio realizzato da Nadia Toffa, giornalista della trasmissione televisiva “Le Iene” su Sara, la ragazza ventiquattrenne veneta, affetta da anoressica, suicidatasi con acido muriatico, dopo essere scappata dall’ospedale dov’era ricoverata in TSO. Gli autori si sono chiesti se, visto il tragico epilogo di questa storia, fosse il caso di mandare in onda il reportage, nel timore che potesse indurre altre giovani che si trovano nella stessa situazione di Sara, in atteggiamenti emulativi. Poi, la voglia di rendere omaggio a Sara raccontando la sua storia e simbolicamente, quella di tanti altri giovani che vivono la stessa difficoltà , ha preso il sopravvento e ne è venuto fuori qualcosa su cui riflettere, è venuto fuori il senso di impotenza di ognuno di noi dinnanzi a una malattia che ha già visibilmente preso la persona, l’ha consumata da dentro grazie alle ossessioni, la lascia in piedi solo per continuare a farle credere che, attraverso un solo cappuccino al giorno, ce la possa ancora fare.
È venuta fuori la realtà degli anoressici, visi trasfigurati, che perdono il senso della realtà … pieni di fissazioni che prendono il sopravvento in chi ne è affetto, si cibano di quotidiane menzogne pur di non mangiare, hanno una visione distorta di se nel passato e nel presente, vivono in una quotidiana ambivalenza nei confronti della vita , il tutto mentre il peso continua a scende. E’ venuto fuori il passato di inferno vissuto dai familiari, il presente fatto di domande, di angosce per quello che si poteva dire o si poteva fare.
La storia di Sara è uguale a quella di tante altre ragazze/i e la colpa è in parte anche nostra.
E’ vero che l’anoressia è una malattia che ha esordio nell’adolescenza, quindi colpisce prevalentemente le giovanissime/i , ma è anche vero che la società attuale dovrebbe fare un “mea culpa” davanti a casi come questo, perché ci pare di recepire che la tendenza attuale sia quella di attribuire più importanza all’apparire delle persone, anziché all’essere. L’immagine che rimandiamo agli altri, del nostro corpo, del modo in cui scegliamo di apparire, in modo curato, ricercato, abbinato, attento ci fa pensare che oggi il corpo lo si interpreti diversamente rispetto al passato, quasi fosse un biglietto da visita, con ovvie ricadute nel sociale. L’anoressia, altro non è che una patologia figlia dei nostri tempi e in parte, è il risultato della rappresentazione sociale che si fa del corpo femminile.
Non si può certo negare che l’ideale corporeo prevalente in tv, è imperniato sulla magrezza. Le immagini diventano degli ideali per gli adolescenti, i simboli della perfezione, da seguire, da copiare, da emulare a tutti i costi. La tv poi, negli ultimi anni non fa altro che ostentare quel connubio tra salute ed esteriorità, raggiungibile attraverso il controllo dell’alimentazione e l’attività fisica, strumenti finalizzati al raggiungimento del benessere.
Le persone equilibrate non si soffermano più del dovuto a pensare a questi input, ma le persone più vulnerabili rimangono imprigionate all’interno di questa rete immaginaria. Con questo non voglio dire che i mass media siano la causa della malattia, ma legittimano molti aspetti ad essa legati.
Ma vi siete fermati a pensare che tipo di messaggi arriva attualmente agli adolescenti di una visione televisiva?
L’elemento cruciale è costituito dal corpo, modellato, valorizzato, abilmente abbigliato e costruito in modo che sia funzionale alla visibilità. Il modello televisivo e le inchieste giudiziarie, negli ultimi anni, hanno legittimato l’idea che , le giovani donne , per avere successo non hanno bisogno di molto: basta ridere, sedurre e affascinare , partecipare a festini in ville famose, vendere il proprio corpo per avere successo.
Il ruolo della donna è caratterizzato da un’unica variabile, il corpo. È vero che l’identità femminile è stata liberata dalla prigione domestica, ma il nuovo ambiente in cui è stata collocata dalla tv assume connotati ancora più inquietanti.
In tv, la bellezza sembra essere quasi necessaria, e viene identificata ovviamente con la magrezza. Le reclame vengono selezionate in base allo stesso principio : si pubblicizzano le differenze tra cibi “leggeri” e non , funzionali al mantenimento della linea; si fa leva sul senso di colpa attraverso il collegamento tra alimentazione -bellezza esteriore- attività fisica; la spinta al raggiungimento della perfezione, viene incentivata in tutti i modi, negli ultimi anni, addirittura esistono appositi canali che programmano il proprio palinsesto in due sole direzioni: le offerte di acquisto di prodotti per fare ginnastica e l’intrattenimento con l’esperto di turno di fitness , che insegna a tutti noi a come fare lavorare i nostri muscoli.
Luisella Bolla e Flaminia Cardini , a tal proposito così riflettono…
Sono carni in scatola i corpi delle pubblicità, icone di bellezza e salute , da emulare declinando il galateo della dieta e del make-up, della palestra e della griffe… sono carni in scatola i corpi della diretta euforici e disforici, ordinati e straordinari, insanguinati e feriti, malati o deformi, che nascono e muoiono sullo schermo, in uno spettacolare show senza confine tra realtà e finzione.
Sono carni in scatola i corpi trasfigurati, sottratti al tempo grazie al lifting e al silicone… anche i corpi dei spettatori clonati e omologati al modello degli idoli televisivi, trasformati con il gioco del look in animali televisivi ed ammessi a sfilare con il “popolo della tv”.
Dovremmo sollevarsi ogni giorno, per le scelte che possono essere interpretate in modo ambivalenza dai nostri figli e che ci vengono propinati dalla tv, e il tutto in apparente normalità. Allora mi chiedo che ripercussione possa mai avere un’inchiesta che fa vedere realmente la quotidianità di una persona affetta da anoressia, fatta di sofferenza mentale e fisica, fatta di ricoveri e di lotta contro se stessi.
Anche qualche anno fa, molta gente si sollevò davanti alla foto-denuncia di Oliviero Toscani, tanto da farla vietare, troppo scioccante, ma che riuscì ugualmente a inviare un messaggio forte. La donna raffigurata nuda, scheletrica, divorata dall’anoressia era la modella francese Isabelle Caro, che decise di prestare l’immagine del suo corpo, quale modello negativo di denuncia contro una malattia, contro un mondo in particolare, quello della moda, che nasconde dietro il bel trucco, dietro un’attraente apparato, la morte …
Anche Isabelle, come Sara oramai non ci sono più, ma del loro messaggio, volontario o involontario, ne stiamo parlando ancora, e per molto tempo dovremmo farlo …. Probabilmente sino a quando si continuerà a morire di anoressia, al solo fine di sostenere chi ne è affetto nella speranza che un gesto, una parola, generino un cambiamento di rotta, verso un percorso di cura. Quando il cibo diventa un nemico e lo si guarda con lo sguardo e il pensiero di Isabelle, di Sara, è troppo tardi, ma prima si può guarire.
Nicolina Rosi