Dottor Sebastiano Ardita, ha notato? Bastano un paio di iniziative giudiziarie eccellenti in pochi giorni (dalla condanna di Formigoni all’arresto dei genitori di Renzi) e subito i partiti tornano a parlare di separazione della carriere.
Dal suo osservatorio del Csm, che idea s’e’ fatto?
Quello di separare le carriere di pm e giudici e’ diventato uno slogan per reagire alle iniziative giudiziarie. Ma secondo me non ci crede più neanche chi se ne fa portatore. Oppure non ne capisce nemmeno il significato. Il giudice fonda tutto sui dati processuali e sulla sua coscienza: e’ irrilevante che il PM abbia una carriera formalmente analoga alla sua.
Che conseguenze avrebbe separare le carriere ?
La separazione delle carriere di fatto l’ha gia prevista la legge di ordinamento giudiziario del 2007 firmata dall’ora ministro del centrosinistra Mastella, con qualche modifica alla precedente legge delega del suo collega del centrodestra Castelli: se vuoi passare da PM a Giudice devi cambiare regione e, se vuoi tornare pm, puoi dimenticarti di far carriera, perché perdi anni di specificita’ e dunque titoli. `Oramai – togliendo quelli di prima nomina o inviati nelle sedi disagiate – cambia funzioni meno di un magistrato su dieci.
E dunque perché’ la vogliono quasi tutti?
La separazione giuridica ha un senso solo se si vuol mettere le mani sulla indipendenza del PM, assoggettandolo al potere esecutivo, cioe’ al Governo. Altrimenti l’unico effetto sarebbe quello di accentuare la vocazione poliziesca del pm, sganciandolo dalla cultura della giurisdizione. Insomma se il timore, come si sente dire,sarebbero le “iniziative giudiziarie avventate” – e francamente ne vedo sempre meno – con un PM ancora più indipendente ed autoreferente, l’unico effetto sarebbe quello di moltiplicarle. A meno che il pm non sia controllato dalla politica…
La separazione della carriere e’ il minimo comune denominatore che collega il peggio della nostra repubblica, da Gelli a Craxi, da Berlusconi alla bicamerale di D’Alema. Perché’?
Il fine ultimo e’ quello di far cadere un limite costituzionale all’esercizio del potere pubblico, ponendo forme di controllo sul PM.
Se e’ per questo, tempo fa e’ stato anche proposto di togliere al PM ogni iniziativa investigativa (affidata alle forze dell’ordine dipendenti dal Governo) e pure l’esercizio della azione penale, relegandolo a semplice rappresentate dell’accusa in udienza. Un metodo più sbrigativo per il quale non era necessaria neppure la separazione delle carriere…
In passato il controllo politico del PM e’ stato un caposaldo della P2: gia’ durante il fascismo i PM erano funzionari sottoposti al Guardasigilli. E’ una riforma che piace a tutti quelli che non gradiscono che qualcuno disturbi il manovratore.
Non c’e’ il rischio che, dentro una magistratura sempre piu’ “genuflessa” – come dice il suo collega ed amico Davigo – si possano registrare consensi a queste riforme?
Consenso culturale non ve ne può essere, ma e’ pur vero che chi vuole una magistratura meno libera potrebbe far leva sugli effetti distorti del nuovo ordinamento giudiziario che – moltiplicando gli obblighi formali e disciplinari – ha reso ingestibile la vita di chi ha migliaia di procedimenti sul ruolo. Dunque anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Spetta al CSM di non opprimere i magistrati valorosi ed anzi di garantire loro serenita’ ed indipendenza. Insomma occorre impedire che i magistrati siano chiamati a scegliere tra un rigore cieco del loro autogoverno o la dipendenza da un potere esterno, magari accondiscendente e generoso con chi si “comporta bene” e non disturba il manovratore.
Diversamente dai tempi di Gelli, Craxi e B., la separazione delle carriere riceve consensi trasversali, dalle camere penali a Forza Italia, da Salvini alla mozione Martina del PD. Cosa e’ cambiato?
Molte cose. Un tempo col sistema proporzionale la indipendenza della magistratura era difesa dalle opposizioni politiche, ma e’ anche vero che la maggioranza fu per quasi 40 anni quasi sempre dello stesso colore. Evidentemente con il maggioritario e l’alternanza le cose sono cambiate e pressoché tutti avvertono la stessa esigenza di porre un freno alla attivita’ dei magistrati.
Eppure nei miei nove anni di dell’Ufficio detenuti del ministero, di colletti bianchi vip che varcassero le soglie del carcere ne ho visti davvero pochi: si possono contare sulle dita di una mano.
Dalla Pagina del Dott. S. Ardita. Intervista a Marco Travaglio per “il fatto quotidiano”