«Puoi vestirti più che chic e rimbalzare come un clown, ma il cuore è barbaro, barbaro, barbaro».
E’ l’attacco di una tra le più belle canzoni del cantautore genovese Paolo Conte, è il testo di “Anni, anni, anni”, che Mauro Rostagno aveva scelto per lanciare nel 1988 quella che nell’autunno di quell’anno doveva essere la sua nuova trasmissione ad Rtc.
Nelle immagini dello spot che lanciava “Avana”, questo il titolo della trasmissione, vediamo un Rostagno allegro, sorridente, vestito di bianco, con il panama e un sigaro, girare tra il giardino del baglio di Lenzi dove sono al lavoro un gruppo di scenografi, c’è una palma, in cartone, e una grande poltrona in vimini, l’immagine di una donna di colore, uno sfondo cubano. Si muoveva come se volesse apparire “scanzonato”. Era l’estate del 1988…i killer lo stavano già aspettando. “Avana” non è mai andata in onda perché pochissimo tempo dopo avere girato questo filmato, Rostagno fu ucciso dai sicari mafiosi, era il 26 settembre 1988. “Avana” perché? Perché questo titolo? Una idea ce la siamo fatta, seguendo il processo in corso dinanzi alla Corte di Assise di Trapani e dove sono imputati del delitto il capo mafia Vincenzo Virga, presunto mandante, e il killer Vito Mazzara, presunto sicario, tutti e due in carcere a scontare ergastoli per altri delitti di mafia. Rostagno aveva cominciato a raccogliere della documentazione proprio per la trasmissione. Agli atti del processo sono entrati due enormi faldoni di carte, fogli con appunti vergati da Mauro, fotocopie di giornali, articoli sottolineati e commentati anche in modo succinto, quelle carte non erano altro che il menabò, la traccia della trasmissione. Cominciamo a ragionare sul titolo che la trasmissione doveva avere. “Avana”, la capitale di Cuba.
Forse nelle sue intenzioni la trasmissione doveva evocare l’isola cubana – che a ridosso del mondo occidentale aveva mantenuto, e mantiene, una sorta di indipendenza dall’Occidente – l’isola dove si sono mischiati e soprattutto in quegli anni, politica internazionale con affari poco chiari, intrighi internazionali, traffici di droga e di armi, dove si sono stipulati patti irrivelabili. Come non leggere in tutto ciò anche un po’ di Sicilia: traffici di droga, armi e rifiuti tossici, gestiti da sacre alleanze, servizi segreti di “casa nosra” e stranieri, pezzi di istituzioni a disposizione della criminalità organizzata che in Sicilia la si deve chiamare in un solo modo, Cosa nostra. In quelle “carte”, gli appunti di Rostagno, vi è descritta la mappa della mafia trapanese quando ancora non era pienamente conosciuta appieno nemmeno a chi investigava, venivano indicati i Minore di Trapani, i Rimi di Alcamo, i Burzotta, gli Evola e gli Agate di Mazara,.
C’era ancora negli appunti il nome dell’imprenditore Paolo Lombardino, o ancora quello di Vincenzo Sinacori che all’epoca non diceva nulla, ma che sarebbe diventato capo mafia di Mazara e poi pentito, uno dei complici più vicini a Matteo Messina Denaro, in questo elenco un altro allora sconosciuto, Vito Bigione, ufficialmente armatore, di fatto lo arresteranno quale ambasciatore dei narcotrafficanti in Namibia nei primi anni del 2000. Tra i faldoni le copie degli atti sull’indagine trapanese allora finita nel congelatore della giustizia relativa alla loggia Iside 2, la massoneria super segreta trapanese, inaugurata da Pino Mandalari il commercialista di Totò Riina, e dove funzionava una camera che compensava gli interessi di massoni, massoni-mafiosi, politici, colletti bianchi. Ci sono anche copie dei reportage sulla P2 di Gelli che Rostagno aveva scoperto essere parecchio di casa a Trapani e a casa di mafiosi di rango.
Ci sono gli articoli sul Belice non ricostruito e sugli sprechi del dopo terremoto. Con particolare cura e diverse sottolineature sono poi gli articoli su un faccendiere diventato famoso da quegli anni in poi, Aldo Anghessa, uno trovato socio in traffici di armi con mafiosi trapanesi e su un imprenditore palermitano blasonato, il conte Cassina e poi sulle banche e sui “soldi della mafia”. Nomi, fatti circostanziati, sospetti che poi con il tempo sono diventate certezze giudiziarie..Tutte cose che Rostagno non ha potuto raccontare in tv come forse voleva fare.. Rileggendo editoriali e appunti di Rostagno sembra leggere la cronaca di oggi.
Avana era un titolo azzeccato, ancora adesso, forse per vedere cambiate le cose bisogna aspettare “anni, anni, anni… Per capirne un po’ di più e per saperne un po’ di più non basta un attimo, attimo, attimo. La prossima udienza del processo è fissata per il 26 settembre, a 24 anni dal delitto: tra i testi Renato Curcio e Claudio Martelli.
Rino Giacalone