E’ mezzanotte e mezza.
La strada è buia.
Solo la flebile luce di un cellulare.
Una mano violenta le afferra il braccio.
Un laccio le lega le mani.
Una striscia di scotch sulla bocca.
Pochi eterni secondi nell’impossibilità di reagire.
Violenze, oppressioni, abusi. Il ritmo dell’informazione, serrato e soggetto ai criteri di notiziabilità non lascia spazio ad approfondimenti. Tuttavia, la cronaca scorre vivida offrendo un ritratto impietoso delle donne. I numeri accecano, come i tanti nomi che si celano dietro un abuso. Il richiamo è assordante perché offerto dalla vita vissuta. È la cronaca intanto che diventa sceneggiatura in un film: “Black out” dalle tinte amare e forti allo stesso tempo. Il progetto nasce dall’unione di una giovane casa cinematografica Sole & Luna production con l’associazione culturale Movie’s Geyser, che da anni è impegnata nella realizzazione di prodotti audiovisivi e nel supporto a realtà giovanili disagiate. Sulla scena i drammi di una sedicenne, Elettra, costretta a fronteggiare l’atrocità di una violenza di gruppo e nello stesso tempo il meccanismo della colpa che si insinua nel profondo della coscienza, impedendoti di denunciare. Una trama che si dipana avvincente, nel clima corale di più voci, unita dalla voglia di consegnare gli aguzzini alla giustizia. A Manuel Zarpellon, uno dei registi del film abbiamo chiesto di spiegarci la genesi del lavoro: “ Il progetto parte con la volontà dei ragazzi. È nato nelle scuole, nel corso di incontri didattici e dibattiti, dove i giovani hanno appreso la storia di Carmela, una ragazza di Taranto, vittima di violenza. La trasposizione cinematografica è legata però ai fatti di cronaca. I numeri sono allarmanti, 500.000 casi tutto l’anno con un tasso bassissimo di denunce. D’altro canto questa è una piaga descritta con stereotipi. Si grida allo straniero quando nel settanta percento dei casi i carnefici sono conviventi, amici, connazionali”.
L’apertura di una finestra sulla violenza è un tema di grande rilevanza, per questo abbiamo anche chiesto al regista il perché abbia scelto di usare proprio lo schermo cinematografico: “ Crediamo nella forza comunicativa del cinema. È un mezzo che viene usato nelle scuole, nei cineforum. Spazi che sono anche l’occasione per aprire un dibattito. Il cinema ha perso il suo valore di impegno civico e noi crediamo che questa sia una pellicola vincente. Insomma, questo è uno strumento per costruire cultura, che, parte dai giovani per altri giovani.
La valenza sociale della pellicola è a disposizione del mondo accademico, ma anche di tutte le case cinematografiche indipendenti. E, come ha aggiunto Manuel, tutto il ricavato sarà devoluto alle associazioni che si occupano di queste tematiche.
L’appuntamento è fissato con tutti coloro che credono nel rispetto delle donna, e nella cultura, come antidoto alla crisi di valori imperante. Il merito del film è ancor più singolare perché recupera quella funzione, un po’ perduta, dell’impegno etico.