Brancaccio, soliti segnali politici

 di Antonio Ingroia

Avevo detto che avremmo riparlato dell’assemblea convocata domenica al teatro Brancaccio a Roma da Anna Falcone e Tomaso Montanari. Le prime impressioni. Positivo l’intervento di Montanari sull’attuazione della Costituzione, anche se prolisso nel dimostrare la propria novità e poco coraggioso nei contenuti. Ad esempio, quando ha parlato di revisione dei trattati europei mi è parso fin troppo timido, forse per non urtare i più moderati che ha individuato fra i propri interlocutori. Io credo che vi sia poco da revisionare. Quei trattati vanno stracciati e vanno riscritti daccapo, e se non lo si riesce a fare si deve anche avere il coraggio di uscire dall’Europa. Si tratta di trattati capestro, incompatibili con la nostra Costituzione. Se vogliamo davvero e nei fatti attuare la Costituzione non esistono opzioni alternative.

Attenzione. Non parliamo di un dettaglio, ma di un punto nodale da cui, come scrivevo su questo giornale qualche giorno fa, discendono tutte le politiche economiche e sociali dei Paesi dell’Unione Europea, a cominciare dalle politiche del lavoro e di welfare. Insomma, un buon intervento, in gran parte condivisibile, ma un po’ timido, senza quella radicalità costituzionale che era legittimo aspettarsi.

Bene la partecipazione all’assemblea. Oltre mille persone all’interno del teatro e qualche centinaio rimaste fuori. Sicuramente una bella risposta da parte di chi ha fame di buona politica, di sinistra, di alternatività. Un’aspettativa, però, che non va delusa. In questo senso peccato per la scaletta chiusa, che ha dato l’impressione che, più che una vera e propria assemblea aperta, quella del Brancaccio fosse una conferenza preconfezionata, tanto che ai ragazzi del collettivo di base napoletano Je so’ pazzo, che avevano chiesto di intervenire, non è stata data la parola.

Resto poi ancora perplesso da alcuni nodi che spero si dipaneranno  nelle prossime settimane. Ad esempio, la scarsa presenza di giovani e – di contro – la prevalenza di personalità che da 40 anni hanno fatto la storia, nel bene ma anche nel male, della politica italiana. Nessun veto, per carità. Ma purché sia chiara l’inversione di senso di marcia che non ho percepito in modo abbastanza netto.

L’ultima perplessità riguarda le modalità, il metodo su cui si ha intenzione di proseguire. Ho visto, conosco e ne riconosco i segnali. Si manda la società civile avanti e i partiti seguono a distanza, ma assumono la regia delle operazioni attraverso le proprie strutture e le proprie organizzazioni. E’ già accaduto con Rivoluzione Civile, è successo con l’Altra Europa con Tsipras. Mi pare che stia succedendo la stessa cosa anche in questa circostanza.

Attendo di capire le prossime mosse per dare una valutazione più complessiva di quel che sta accadendo. Spero di sbagliarmi ma al momento non posso aderire a un processo che per ora non mi convince.