Raffaele Cantone fa il punto della situazione sul mandato conferitogli dal Governo per contrastare la corruzione nella pubblica amministrazione italiana. Lo spettro di un lavoro copioso ma allo stesso tempo misurato, dietro la burocrazia anche legislativa, restano lo scoglio principale del magistrato anticamorra che dal 27 marzo scorso è Presidente dell’Autorità anticorruzione.
E’ trascorso un mese esatto dalla nomina di Raffaele Cantone alla presidenza dell’ Autorità Nazionale anticorruzione, nomina proposta dal premier Matteo Renzi e confermata dalla commissione affari costituzionali del Senato all’unanimità. Napoletano, 51 anni, il magistrato fino al 2007 è stato alla Dda di Napoli, dove ha condotto le principali indagini contro il clan dei Casalesi. L’Autorità anticorruzione è l’organo che ha il compito di valutare la trasparenza e l’integrità all’interno dell’amministrazione pubblica ed è frutto della volontà di garantire la trasparenza tra i gangli amministrativi, spesso ricettacolo di scorciatoie per appalti e corruzione. Tutti i partiti, maggioranza e opposizione, hanno espresso voto unanime per il giudice Cantone, un segno che di questi tempi significa molto.
Cantone si ritrova così tra le mani un’Autorità che nei mesi scorsi aveva registrato molti paradossi, sia per la carenza di organico, sia per la lenta deresponsabilizzazione dei propri uffici rispetto alle consegne con cui era stata concepita. In un documento inviato lo scorso 9 aprile al neoministro per la Semplificazione Madia l’ultima protesta contro gli ostacoli e i muri di gomma messi dal legislatore. Proprio per evitare di sentirsi un’arma spuntata, il neopresidente Cantone dal canto suo, in un’intervista a “La Repubblica”, ha chiesto alla politica una “Authority più efficace ed incisiva” e un impegno per “allungare la prescrizione, cambiare il falso in bilancio e chiudere la partita dell’autoriciclaggio”.
“E’ sicuramente necessario – spiega Cantone – incidere sulla prescrizione, ma anche prevedere meccanismi che stimolino le collaborazioni, proprio come succede per la mafia. Servono norme ostacolo per la contabilita’ delle imprese come un rafforzato falso in bilancio. Bisogna rafforzare la norma sulla corruzione tra privati. Un sistema penale che non funziona rappresenta il piu’ grosso incentivo al ripetersi della corruzione, perche’ non espelle dal sistema i soggetti corrotti e non rappresenta una contro spinta sul piano psicologico per non delinquere”.”L’Authority oggi ha poteri ispettivi, ma non sanzionatori, che invece sono assolutamente necessari per rendere effettivi i controlli”. ”La legge Severino prevede una serie di obblighi per le pubbliche amministrazioni, da quello di dotarsi di piani anticorruzione, al rispetto delle regole di trasparenza negli appalti. Noi svolgeremo la vigilanza, ma poi bisogna sanzionare in modo adeguato chi non rispetta gli obblighi stessi”. ”La cattiva burocrazia e’ la madre della corruzione”, che e’ ”uno dei mali peggiori della nostra democrazia”, osserva Cantone, secondo cui tuttavia ”l’Italia e’ redimibile”. La lotta contro la corruzione ”e’ dura e non puo’ essere vinta ne’ in 6 mesi, ne’ in 2 anni, ma l’obiettivo e’ di provare a invertire il trend, cioe’ creare le condizioni perche’ il fenomeno regredisca a condizioni fisiologiche, al livello delle societa’ occidentali evolute”.
Raffaele Cantone è anche autore del libro “Operazione Penelope” (l’immagine richiama al fatto che la lotta alla criminalità organizzata e al malaffare rischia di non finire mai) un testo che assume particolare valenza proprio per il trascorso del magistrato all’interno di un osservatorio privilegiato come quello della DDA di Napoli nella quale Cantone ha appreso come riconoscere la delinquenza e la propria capacità di penetrazione oltre i canali tradizionali. Nel testo è chiaro lo spaccato della società italiana e non solo di quella alle pendici del Vesuvio. “Le complesse trame tra la nuova borghesia camorrista dei colletti bianchi e gli amministratori pubblici, i politici collusi e tutto quel sottobosco delle cricche salendo su su fino ai centri del potere deviato e al fenomeno della corruzione, che rappresenta uno dei più gravi pericoli per la nostra economia attuale”. Scrive così Cantone nel suo libro, quasi ad esorcizzare una “zona grigia” contro la quale lottano magistrati e forze dell’ordine rischia di diventare appunto una tela di Penelope senza fine. L’Autorità contro la corruzione è una postazione importante per un magistrato figlio di una terra difficile dove oggi si contano le vittime proprio di una macchina amministrativa abusata e in molti casi offerta ai servigi delle ecomafie e della criminalità organizzata di tutta Italia.
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