Abbandonato all’incuria il giardino alla Romanina dedicato
ai magistrati vittime di mafie e terrorismo.
Meno di un anno fa, in pompa magna, seguendo tutti i criteri imposti dal
cerimoniale dell’ “antimafia da pagina dello spettacolo” l’inaugurazione alla presenza
del sindaco Raggi e del ministro della giustizia Bonafede.
Ricordo autorità in prima fila, istituzioni tirate a lucido
per l’occasione, grandi sorrisi, solito abuso della parola memoria e gli
immancabili bambini a contorno dell’ennesima fiera delle vanità.
La vanità di chi pensa che fare un bagno purificatore nel sangue versato per
questo Paese assolva da ogni inadeguatezza. Per un giorno.
La verità è che gli alberelli bruciati, l’erba incolta, la desolazione di un luogo abbandonato che dovrebbe essere parco di memoria sono lo specchio della nostra ipocrisia contro le mafie. Abbiamo delegato a rappresentarci lo “Stato delle passerelle” senza pretendere nulla dallo Stato reale. E forse perché il primo, ahimè, c’è ipocritamente sempre.
Negli anniversari, a consolare le vittime ai funerali, a gridare proclami e anatemi, a sventolare bandiere e cappellini per mare, piazze e strade, c’è sempre a dare patenti di “antimafiosità”, a promettere posti in prima fila a questo o quel personaggetto che “la memoria sì, ma solo se tutti mi possono vedere”.
E poi? Poi gli altri 365 giorni cosa resta? Cosa resta della memoria? Cosa resta di quegli alberi piantati e mai curati che dovrebbero rappresentare i nostri martiri? Cosa resta dello Stato reale, quello che contro le mafie potrebbe davvero vincere?
Resta la solitudine delle vittime, l’oblio in cui cadono un secondo dopo la morte, il silenzio a cui sono abituate perché loro sì, loro lo sanno che se noi fossimo un Paese diverso non ci sarebbero parchi desolati ma azioni concrete quotidiane.
Loro sanno che se ci fosse una reale volontà lo Stato, quello rappresentato da tutti noi, vincerebbe. Ci sarebbero scelte diverse, meno paroloni e una memoria non retorica ma viva. Non ci sarebbe l’ipocrisia di invitare gioiosi bambini a commemorare qualcosa di cui non importa niente a nessuno. Perché diciamocelo onestamente, di quei ventisette pezzi della nostra Patria, di quei magistrati vittime di mafie e terrorismo importa solo a chi è costretto a piangerli.
E mi chiedo cosa racconterà il sindaco Raggi a quegli
studenti invitati all’inaugurazione. Come giustificherà quel parco arso
dall’incuria?
Che senso ha abusare del ricordo se non lo si tiene vivo nel cuore e nelle
azioni? È davvero questo il valore della memoria? È questa la cura per i
simboli e i valori che dovremmo tutelare?
Cara sindaco, lo sai? Era meglio non fare nulla. Lasciare
riposare in pace il mio papà e i nostri martiri. Non prendere in giro i
giovani. Perché è a loro che dobbiamo non solo delle risposte, ma soprattutto
degli esempi e quello che state offrendo oggi alla Romanina è il peggiore che
lo Stato possa dare.
PS: nei commenti l’articolo del Corriere della Sera con le
foto che documentano il livello di incuria del “Giardino della Giustizia”