Con le vittime per tutte le vittime

Manca solo la copertura finanziaria e il disegno di legge n.478 d’iniziativa governativa per i benefici in favore dei testimoni di giustizia, approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana prima della pausa estiva, diventerà realtà. L’iter parlamentare era iniziato proprio in Commissione Antimafia dove il testo ha ottenuto all’unanimità parere favorevole ed ora passerà in Commissione Bilancio e Programmazione e successivamente pubblicata sulla GURS, assumendo i connotati di legge entro settembre.

Il disegno di legge porta la firma del presidente della Regione Rosario Crocetta e prevede l’estensione ai testimoni di giustizia dei benefici stabiliti dalla legge regionale 20 del 1999 in favore dei familiari delle vittime di mafia. La figura del “testimone di giustizia” in realtà esiste da tempo nella prassi, ma ha assunto nell’ordinamento statale, un rilievo giuridico autonomo con l’intervento normativo operato dal legislatore con la legge 13 del febbraio 2001, n. 45, che ha modificato la legge 82/1991. La legge del 2001 ha esteso, poi, la disciplina propria del collaboratore di giustizia in favore di chi, non avendo commesso alcun reato e spesso essendone stata vittima,decide di cooperare con lo Stato, fornendo informazioni utili alle indagini ed alla condanna dei colpevoli.

Si tratta di un ddl trasversale con apprezzamenti positivi da destra e da sinistra. “I testimoni di giustizia – spiega Pietro Alongi, parlamentare regionale del Pdl e componente della Commissione antimafia – ad oggi non sono equiparati alle vittime di mafia. Con questa legge noi vogliamo tutelare e restituire dignità a tutti coloro i quali, essendo stati testimoni di fatti di mafia, decidono di mettere a rischio la propria vita, pur di aiutare lo Stato a sconfiggere Cosa nostra”.

“Bisogna sostenere quanti, esponendosi con il rischio della vita, si battono per l’affermazione dei principi di legalità e giustizia – ha dichiarato il presidente della Regione Rosario Crocetta. Spesso chi si espone rimane solo. Sono note le vicende di imprenditori che magari hanno denunciato e sono stati costretti a chiudere le proprie attività,rimanendo a volte persino senza lavoro né risorse economiche. Con questo ddl, – ha concluso Crocetta – il governo regionale intende garantire queste persone, cittadini che si sono ribellati e che hanno bisogno di sentire la forza delle istituzioni e la loro vicinanza”.

I testimoni di giustizia sono cittadini italiani che hanno scelto di combattere la criminalità senza esserne mai stati organici, al contrario dei “collaboratori” ai quali sono stati equiparati fino al 2001, quando una legge dello Stato ne ha riconosciuto lo status, prevedendo misure di tutela e assistenza. L’ultima volta che lo Stato si è occupato dei testimoni di giustizia è stato cinque anni fa, quando la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, presieduta all’epoca dall’onorevole Francesco Forgione, il 19 febbraio 2008 ha approvato all’unanimità la “Relazione sui testimoni di giustizia”.

Un documento molto critico sia per quello che riguardava le procedure con le quali si assicurava la loro segretezza, sia per l’abbandono che i testimoni di giustizia pativano in seguito ad un risarcimento economico, quasi sempre un ammontare irrisorio a fronte delle spese e difficoltà da affrontare. Nella Relazione, la cui relatrice è stata l’onorevole Angela Napoli, sono elencate criticità e problematiche della vita da testimone di giustizia ed inoltre viene espressamente affermato che “sin dal suo insediamento la Commissione ha posto particolare attenzione sui testimoni di giustizia”,i quali “devono essere considerati come una risorsa e non come‘un peso’, un modello positivo che incarna una scelta di legalità in aree ad alta densità mafiosa”.
L’intento di quella commissione era quello di dare vita ad un sistema integrato tra gli aspetti di sicurezza e di assistenza del testimone di giustizia. In quella relazione è racchiusa, infatti, la speranza che solo attraverso un cambiamento radicale della tutela dei testimoni sia possibile migliorare l’efficacia di un modello che si presenta non più adeguato alla specificità della figura del testimone. 

Qualche dato. In Italia, al 31 dicembre 2011, sono 1181 i titolari del programma di protezione, di cui 1093 pentiti e 88 testimoni.
Rispetto al giugno 2011 i collaboratori sono aumentati di 29 unità mentre il numero dei testimoni è rimasto stabile. Significativa la presenza femminile: sono 64 le collaboratrici di giustizia e 26 le testimoni. Solo un testimone è minorenne. È la camorra l’organizzazione con il maggior numero di pentiti (452) e testimoni di giustizia (30), seguita da Mafia (303 pentiti e 16 testimoni),‘Ndrangheta(123 pentiti e 22 testimoni), Sacra Corona Unita (106 pentiti e 6 testimoni).

Sono 4.209 i familiari sotto protezione suddivisi in 3920 congiunti di collaboratori e 289 di testimoni, i minori sono in tutto 1771.
L’istituto dei testimoni di giustizia deve essere considerato a tutti gli effetti “una risorsa”nella quale il governo vada ad investire uomini, mezzi e risorse, in modo da eliminare tutte quelle situazioni politico-sociali che sono alla base di problemi enormi quali l’omertà, la disincentivazione delle collaborazioni volontarie e la mortificazione della vocazione testimoniale dell’associazionismo antimafia. 

Sul testo di legge governativo era arrivato già l’apprezzamento dell’Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia per voce del proprio presidente Ignazio Cutrò. Insieme a Piera Aiello, Antonio Pupillo, Antonio Candela, Giuseppe Carini, il presidente Cutrò aveva consegnato nelle mani del Presidente della Regione Siciliana una proposta di legge simile a quella che, salvo intoppi diventerà un dispositivo importante che prova a scardinare il silenzio in cui versano quanti con coraggio hanno fatto la loro parte, mentre la classe politica sembra aver coperto le ingiustizie non ascoltando o rispondendo ma lasciandoli soli dopo aver denunciato i propri estorsori e i boss locali.

 

Relazione_Napoli.pdf