Dario Fo: La cultura scriva della crisi

La Torre Galfa è stata sgomberata, però persiste ancora l’impulso vitale di quei giovani che hanno animato l’aria milanese. Il vento della cultura ha soffiato, soffia. Richiede nuovi spazi, nuove modalità espressive, nuove opportunità in un mondo che recide l’arte, relegandola al posto delle cose usurate, assemblate come paccottiglia. Il teatro Coppola, come il Valle e ancora come Milano, con questo simbolo magniloquente assorto a palcoscenico di Idee. Palcoscenico che ha attirato la curiosità di personaggi noti e meno noti e di grandi firme della cultura italiana e non solo, come Dario Fo, intervistato in esclusiva da Il Carrettino delle idee.

A lui, abbiamo chiesto cosa rappresenti l’attivismo di Macao e dei tanti giovani che sono scesi in piazza. “L’idea è geniale, anche se non è nuova. Milano è stata più volte teatro di occupazione, forse è la prima volta però, che, si imposta un rapporto così dirompente con il pubblico, forse per il fatto stesso che è, si è conquistato un grattacielo”. Le parole del maestro, a un certo punto sfociano nella preoccupazione, pensando al poi, e alle promesse che il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha fatto davanti a quella platea di giovani, che attendono una risposta da parte delle istituzioni: “C’ è stato un atteggiamento coraggioso da parte del comune, nel dichiarare la propria disponibilità, nel reperire una nuova area da restituire alla cultura, anche se ritengo che stanno prendendo delle posizioni pericolose, che prendono le mosse senza un programma particolareggiato. Un conto è ospitare dei giovani artisti (clown, attori, cantanti), un conto è realizzare una struttura composta, realizzando qualcosa che esca dalla normalità di un evento. La collocazione però paventata dall’amministrazione dell’ex Ansaldo, mi sembra abbastanza positiva, certo se non diventa estetismo.

L’occasione della scintilla macao, è stata anche l’occasione per chiedere a un rappresentante della nostra cultura, di cosa ne pensa della politica miope che mortifica la cultura. “È un vero disastro sul piano della borghesia, anzi non so se si possa ancora parlare di borghesia. È un periodo di attaccamento alle banche, di licenziamenti, di crisi profonda in cui c’è bisogno di un’analisi spietata, che solo la cultura può fare sulle condizioni della politica. Bisogna costruire, inventare storie. Che si tratti di un rinnovamento reale e non solamente auspicato ci è stato confermato da Michele Cannaò, artista messinese trapiantato nella capitale lombarda: “Finalmente è la vita che si rinnova a Milano, dopo un ventennio di torpore. La grande Milano fatta anche dai centri sociali. Questi fermenti sono la novità vera, non giovani dediti all’alcool ma giovani con grandi proponimenti. I tagli sulla cultura sono uno dei gravi tumori della nostra nazione. Le istituzioni, anche qui a Milano, non hanno mai fatto nulla sia a destra che sinistra.

Oggi, si sono mosse, perché incalzate da questo fronte. Pisapia ha reagito forse perché chiamato in causa da Ligresti. Il nostro articolo vuole cedere il passo ai buoni proponimenti, per questa ragione sulla scia, di una vecchia domanda, ma sempre attuale abbiamo ultimato l’intervista a Michele Cannaò chiedendo di lanciare un monito alla società civile (sul perché investire sulla cultura e su come questa possa fare la differenza) “Se una nazione non sa da dove viene non sa dove può andare. La politica senza sapere non ha significato. Fa la differenza nell’azione concreta. Qualsiasi città è stata deturpata e distrutta per assenza di cultura. E in tempo di crisi arriva come un fulmine a ciel sereno, la consapevolezza del nostro intervistato, che con la cultura si mangia. Museo del fango a Messina docet, giusto per restringere il campo da nord a sud, unite spesso in questa politica poco lungimirante. Ma questo capitolo necessita l’apertura di un nuovo articolo.