“È stato solo un caso, niente di più.
I ragazzi avranno acceso qualche petardo,
che poi gli sarà accidentalmente caduto giù dal balcone.”
Già, ma quei mortaretti finiti per caso all’interno del Canile Municipale di Palermo, non hanno risparmiato ore di cieco terrore agli ospiti a quattro zampe, grandi e piccini. Uno di loro è rimasto ferito, dopo aver urtato con violenza contro la recinzione. Forse era alla ricerca di una via di fuga, di un riparo da quella spaventosa pioggia assordante. La notte del 31 Dicembre, il fragore dei festeggiamenti è riuscito a coprire i latrati disperati dei randagi di Palermo: nessuno si è accorto di nulla, né si è chiesto cosa stesse accadendo nel cuore dei rifugio. O forse, nessuno se n’è curato: d’altronde si sa, dopo la mezzanotte ciò che importa è far baldoria.
È stato uno dei custodi a rendersi conto dello stato il cui versava il canile, il giorno dopo. I petardi disseminati per i corridoi e finiti all’interno di qualcuno dei box, proverrebbero dalle abitazioni vicine: qualcuno si sarà divertito immaginando lo sguardo atterrito e le zampe tremanti di chi non conosce protezione. Molti fra i cani presenti sembrerebbero ancora molto turbati, ma per nessuno di loro le conseguenze si sono rivelate irreparabili. Saranno delusi quei farabutti, per cui la morte di un animale non è che l’ennesima occasione per farsi una risata. Eh sì,
perché di paura si muore. Le cardiopatie sono frequenti fra gli animali domestici e per molti di loro un brutto spavento potrebbe essere letale. Ma non questa volta: sadismo e crudeltà non l’hanno avuta vinta, non del tutto.
Se l’accaduto ha inorridito animalisti e operatori cinofili, i più sembrano rassegnati, se non addirittura indifferenti. C’è che ha ipotizzato che il gesto non fosse intenzionale, che un gruppo di giovani con troppo alcool in corpo non si sia curato di dove sarebbero finiti i mortaretti scagliati con forza dai piani più alti dei palazzi circostanti. “Forse avevano dimenticato che quaggiù c’era il canile. Non ci hanno pensato.” È così che la faccenda viene liquidata, da uno dei pochi incontrati sul posto due giorni dopo. Un’ipotesi del genere, di certo per nulla plausibile, sembrerebbe largamente condivisa da una Palermo che all’indignazione preferisce il silenzio. Si tace per disinteresse, perché d’altronde se i teppisti del luogo si limitano ad infastidire gli animali, conviene chiudere un occhio. Perché chi ha rischiato sul serio quella notte, non ha voce: non possono pretendere rispetto e necessitano di qualcuno che combatta le loro battaglie. Chi tenta di farlo, purtroppo, non trova l’appoggio di istituzioni e società.
(nella foto alcuni dei pedardi ritrovati all’internoo delle gabbie dei cani)
Per molti palermitani, quella sera non è accaduto nulla di male. In fondo, sono solo cani. In fondo, non ci saranno ripercussioni. La loro è una sofferenza silenziosa, quasi impercettibile. E tale rimarrà nella mente dei più: non potrà mai toccare a noi, non ci troveremo mai al loro posto, chiusi in gabbie anguste e sovraffollate, inermi e terrorizzati. Quindi niente scandali né titoli di testa sui quotidiani locali.
Solo qualche studiato istante per abbandonarsi a laconici e banali commenti. “Povere bestie”, e nulla più. E proprio come quei petardi esplosi con furia a Capodanno, anche questa agghiacciante noncuranza ferisce quotidianamente i randagi del capoluogo. Sono tanti, sono troppi. Saranno sempre troppi, ma al caldo delle nostre case, mentre ci godiamo gli ultimi giorni di festa, non è più così importante.