Diritti e dignità bloccati alla frontiera

«Una riflessione comune su una questione di grande rilievo sociale ed umano di pregnante attualità e che ci si ostina ad additare come un non-problema». Così Francesco Celona, presidente dell’Ordine degli Avvocati, introduce l’incontro promosso in collaborazione con il CeDAV Messina, sui profili giuridici – e non solo – della tratta di esseri umani e della violazione dei diritti umani. Il pensiero scivola facilmente alle cronache recenti, agli innumerevoli sbarchi avvenuti nel sud della Sicilia ed ai trasferimenti nella tendopoli allestita, in via del tutto straordinaria, nel campo da baseball del PalaNebiolo di Messina. Nel dibattito politico locale, con sparuti interventi di deputati nazionali, l’invocazione del rispetto dei diritti umani e della dignità della persona sono tornati più volte alla ribalta. Condizioni igienico-sanitarie, assistenza medica e psicologica, sostegno giuridico e minori non accompagnati: questi alcuni dei temi a cui l’opinione pubblica siciliana è stata abituata, stimolando riflessioni quotidiane. Una emergenza lunga abbastanza da sedimentarsi nel quotidiano e confondersi con l’abitudine di vedere quei giovani ragazzi dalla pelle nera camminare per le vie del centro, con una tuta troppo corta e delle scarpe a volte troppo grandi. Ed alle volte, dietro queste storie di disperazione, oltre la voglia di fuggire da un paese ormai invivibile, c’è una storia di sfruttamento e sofferenza.

Relatrice d’eccezione dell’incontro Maria Grazia Giammarinaro, il cui curriculum delinea l’alto profilo professionale: una seconda laurea in legge, dopo quella in letteratura italiana, è giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma e rappresentante speciale dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea). La propria esperienza nelle materie della tratta di esseri umani l’ha portata a rivestire incarichi di prestigio, dall’Ufficio Legislativo del Ministero per le Pari Opportunità al coordinamento di un gruppo di lavoro in seno alla Commissione Europea, conquistando prestigio a livello internazionale. Nel 2012 il Segretario di Stato Hillary Rodham Clinton le ha consegnato il premio “Trafficking in Persons (TIP) Hero”, riconoscimento che dieci persone in tutto il mondo possono vantare. La Giammarinaro è inoltre la redattrice dell’art.18 del d.lgs. 286/1998, norma all’avanguardia nello scenario giuridico internazionale, in materia di permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale per la tutela di immigrati in condizioni di sfruttamento.  

«Essere rappresentante speciale dell’Osce per la lotta contro la tratta di esseri umani significa dialogare con i governi e le istituzioni mondiali, in rappresentanza dei 57 stati componenti, per instaurare un dialogo che consenta di migliorare le politiche anti-tratta. È una organizzazione che affronta i temi della sicurezza in chiave di cooperazione e di rispetto dei diritti umani, per questo la tratta di esseri umani rappresenta un tema su cui è stata posta grande attenzione». I termini utilizzati portano la memoria al fenomeno della tratta degli schiavi, che dall’Africa approdavano sul Nuovo Continente. E lo spaccato disegnato dalla Giammarinaro disegna paralleli ed analogie per questa “schiavitù del nuovo millennio”.

«Da osservatore privilegiato, posso dire che a livello internazionale la tratta di essere umani è in continuo aumento in tutte le sue forme, alcune delle quali poco note. Nel campo dello sfruttamento lavorativo, in particolare, esistono oggi concause che determinano condizioni favorevoli all’aggravarsi della situazione. Ad esempio la crisi economiche e l’endemica ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro da parte di donne e di uomini che cercano di sfuggire a situazioni di guerra, conflitto civile, estrema povertà o persecuzioni. Si tratta di una “immigrazione forzata” che, pur avendo una componente volontaristica, viene indirizzata da trafficanti e facilitatori che richiedono cifre molto elevate per i trasferimenti. Questo è ciò che l’opinione pubblica italiana, e non solo, conosce meglio perché è stata abituata a vederlo con i propri occhi. E sappiamo tutti, ormai, in che condizioni avvengo questi viaggi della speranza, che troppo spesso si trasformano in viaggi di morte».

L’attività di sensibilizzazione, di cooperazione e di monitoraggio, però, non riguarda soltanto il dialogo con i paesi di provenienza o le operazioni di salvataggio in mare. Per molti migranti, una volta approdati sulle coste europee, inizia un vero e proprio calvario di sfruttamento ai limiti della tortura e della riduzione in schiavitù. «Ciò che viene troppo poco sottolineato, è che una parte degli uomini che sbarcano nel nostro paese sono già “destinati” ad essere collocati in posizioni di supersfruttamento lavorativo. Da recenti indagini svolte nel meridione d’Italia, in zone di agricoltura estensiva, è emersa anche connivenza tra facilitatori ed utilizzatori finali. Ciò che potrebbe sembrare un trasferimento volontario, in realtà è stato organizzato nei minimi dettagli. Allo straniero viene comunicato che il lavoro che era stato promesso non c’è più ed è qui che il facilitatore mostra disponibilità, concedendo il proprio aiuto e dando ospitalità. Dopo un periodo di fame, miseria e disperazione, viene proposto un lavoro. Il migrante accetta, sfiancato dalle condizioni di vita che è costretto a vivere, non sapendo che lo attendono condizioni paraschiavistiche».

Una realtà venuta alla ribalta nel 2010, dopo la rivolta dei braccianti immigrati di Rosarno, che oggi è già stata sepolta sotto la polvere della memoria e travolta dall’emergenza sbarchi, che da oltre un anno interessa senza tregua le coste meridionali del nostro paese.

«Cerco sempre di portare l’attenzione su questa realtà e sensibilizzare opinione pubblica e governi. Abbiamo fatto bene nelle operazioni in mare – penso a Mare Nostrum -, salvando tante vite umane. Ma dobbiamo occuparci anche di coloro che sopravvivono, perché il loro destino potrebbe essere quello dello sfruttamento. Allo stesso modo, deve essere sottolineato e promosso il ruolo centrale dell’azione repressiva, che in Italia, pur essendo ben sviluppata e migliore rispetto ad altri paesi, è ancora lontana dal poter erodere il fenomeno. Di fatto la tratta di esseri umani è oggi un reato gravissimo a rischio quasi zero, soprattutto se confrontato al traffico di droga, ed ha una grande remuneratività».

Le difficoltà sono tante: gli ostacoli di tipo giuridico, la carenza di risorse finanziarie per promuovere la cooperazione giudiziaria ed investigativa, soprattutto nei confronti di territori extra-comunitari. Ma soprattutto la sottovalutazione del fenomeno da parte di tutti, compresi i paesi europei. Se il fenomeno della tratta per sfruttamento sessuale è stato recepito con consapevolezza ed affrontato con opportuni meccanismi, pochissimo è stato fatto nello sfruttamento in campo lavorativo o nell’accattonaggio, della destinazione ad attività criminali – come la coltivazione e lo spaccio di droga – o ancora nel traffico di esseri umani destinati all’espianto di organi. Non si tratta di leggende o realtà distanti da noi, ma sono più concrete e vicine di quanto si immagini. L’incarico che ho avuto l’onore di rivestire è di nuova costituzione: siamo ancora all’inizio e tanto c’è ancora da fare, soprattutto per informare sulla esistenza e sulla reale diffusione e dimensione del fenomeno, del quale ad oggi solo una parte è nota all’opinione pubblica e giunge sino alle agende di governo nazionale ed internazionale».