di Francesco Polizzotti
L’ingegno delle donne non subisce la crisi ma diventa indice di crescita, in controtendenza ai dati generali. Forse l’economia non tira abbastanza e le opportunità di lavoro risentono pure del ridotto dato occupazionale ma, l’universo femminile che produce segna il passo sull’ostacolo di sempre: la diffidenza nei confronti del gentil sesso da parte non solo dei competitors maschili ma anche del sistema produttivo e manageriale del Belpaese.
In riferimento a vari studi, si è dimostrato come la presenza femminile al vertice, sia in momenti di crescita che in momenti di crisi, ha permesso alle aziende di conseguire risultati migliori delle aziende con leadership interamente maschile. Dunque, la partecipazione delle donne all’economia è, oltre che una questione di pari opportunità e di giustizia sociale, soprattutto la chiave dello sviluppo del nostro paese. Quindi più che mai oggi è necessario un impegno tangibile da parte delle Istituzioni e delle imprese, volto a mettere in atto azioni concrete, politiche mirate e piani di sensibilizzazione al fine di valorizzare le diversità e riequilibrare la presenza femminile ai vertici del sistema imprenditoriale italiano.
Che oggi alla guida della principale organizzazione di rappresentanza delle imprese in Italia, ci sia appunto una donna, Emma Marcegaglia è un fatto importante perché permette di qualificare meglio il contributo silenzioso delle donne. Un avanzamento tangibile di responsabilità dell’universo femminile lo si è visto anche nella formazione del nuovo governo italiano con la guida di dicasteri importanti conferito a tre donne: Anna Maria Cancellieri agli Interni, Paola Severino alla Giustizia ed Elsa Fornero al Welfare.
.
Partendo da un forte squilibrio sociale, che la vede subire lo stereotipo di inaffidabilità gestionale e difficoltà ad adattarsi ai ritmi del fare impresa, oggi assistiamo verosimilmente alla crescita di aziende al femminile di una certa qualità, con punte del 50% di imprenditori rosa iscritti nei registri di categorie di regioni come il Trentino Alto Adige.
Il tasso di femminilizzazione delle imprese italiane si attesta intorno al 25-30% pari a oltre 1.500mila imprese: un dato che, a livello territoriale, contiene differenziali significativi fino a 5 punti percentuali tra le diverse aree del Paese.
Le imprenditrici terziarie si mostrano particolarmente dinamiche nei comparti che rappresentano ambiti produttivi del futuro, dai servizi sociali alla ricerca al turismo, in particolar modo nelle regioni meridionali e insulari in cui vantano anche alcune punte di eccellenza.
Il Mezzogiorno, con 518.827 imprese femminili, è l’area con il tasso di femminilizzazione più alto, pari al 25,8%, seguito dal Centro con il 23,9%, pari a 304.738 imprese femminili. Al Nord, invece, i valori scendono in modo significativo complice la prevalenza di sistemi produttivi a conduzione familiare; al Nord Est è del 20,9%, mentre al Nord Ovest del 21,9%. Il Molise, la Basilicata e l’Abruzzo sono le regioni con il tasso più elevato (rispettivamente al 30,6%, al 28,1%, 27,7%).
Secondo un rapporto della Coldiretti, nella Penisola crescono le “quote rosa” al timone di attività nell’agroalimentare e negli agriturismi. L’indagine ha messo in evidenza che le iniziative e la creatività impresse dalle donne sono leve produttive che ben si sposano con l’innovazione tecnologica.
Se si prendono in considerazione, poi, i dati relativi alle persone fisiche, ossia alle titolari, e alle socie delle imprese registrate, il tasso di femminilizzazione sale al 30,3%, pari a 1 milione e 500mila imprenditrici, a fronte di quasi 5 milioni di imprenditori uomini.
Nascono, inoltre, su tutto il territorio nazionale nuove iniziative imprenditoriali delle donne come fattorie didattiche e gli “agriasilo”che si basano su un’idea semplice: far crescere i bambini in un ambiente ricco di stimoli e a contatto con la natura. Tutto questo, a sostegno delle esigenze familiari, sempre crescenti, di accoglienza per bambini e ragazzi. Senza contare che si moltiplicano in tutta Italia associazioni e gruppi che prendono in esame il fenomeno.
Grazie a questi dati siamo leader in Europa proprio per il numero di donne manager nel lavoro dei campi. Nel 2008 le donne alla guida di imprese agricole erano 267mila, praticamente un terzo del totale, quasi 950mila, iscritte alle Camere di Commercio.
Le imprese rosa hanno un peso significativo all’interno del settore agricolo (vedasi dati Coldiretti), dove consolidano la loro presenza sia in termini quantitativi sia qualitativi. Le donne si appassionano in particolare alle attività più innovative e multifunzionali, come dimostra il fatto che proprio loro siano protagoniste nella costituzione di associazioni per valorizzare prodotti tipici nazionali come vino e olio. Dal punto di vista gestionale, inoltre, conclude la Coldiretti, si rafforza la presenza femminile negli agriturismo (33%), con il 42% nelle regioni del Sud, il 39% al Centro, il 35% nelle isole e il 26% al Nord.
1.435.716: questa, secondo Unioncamere, la “quota rosa” complessiva dell’imprenditoria italiana nel terzo trimestre 2011, pari al 23,4% del totale aziende (6.134.117) e contro una quota di imprese a conduzione maschile di 4.698.401 unità.
Rimedi, consigli e ricette dal sapore antico sono gli ingredienti del successo delle imprese rosa soprattutto da noi in Sicilia, dove la situazione sembra ricalcare l’andamento nazionale, anzi. Proprio nelle isole il numero di donne al timone di imprese agricole e agriturismo sfiora addirittura il 35 per cento della soglia di occupazione in questo ambito su tutto il territorio nazionale. Portare l’aria della propria casa negli agriturismi è forse il vero successo. Dietro i suggerimenti delle nonne che di gusto e bellezza sapevano qualcosa in più perché più prossime al focolare ma non per questo meno intenzionate a contribuire all’economia della casa, le donne di oggi ne sanno una in più. Non occorre certo l’8 marzo per ricordarsi del grande contributo offerto da questa componente essenziale che anima le nostre Comunità.
Proprio qui nell’Isola sono diverse le personalità femminili che nel tempo hanno raggiunto il successo. Innanzitutto le donne delle grandi dinastie del vino come Josè Rallo e Maria Luisa Averna. O come la giovane Francesca Planeta che guida con i cugini Alessio e Santi la giovane azienda siciliana che sfida i grandi del mercato internazionale del vino e adesso anche dell’olio. Ma sono diversi gli esempi di imprenditoria agricola dell’Isola in rosa. Come Margherita Longo, trent’anni, giovane imprenditrice di Ustica, titolare di un’azienda agrituristica che nel 2007 è stata una delle vincitrici del premio “Donne in Campo”, assegnato alle imprenditrici agricole che più si distinguono nella creatività e nell’innovazione ma anche dei prodotti di qualità. La Longo è agronomo e dottoranda di ricerca presso la facoltà di Agraria di Palermo ha raccolto dal padre Nicola (in passato sindaco di Ustica e anch’egli agronomo) il testimone della conduzione dell’azienda, che si trova in contrada Tramontana, dove offre ospitalità rurale e produce oltre al vino, le famose e apprezzate lenticchie di Ustica (presidio di Sloow Food), ma anche numerose varietà autoctone, tra cui le piccole nocipesche bianche, le melanzane e lo zibibbo.
C’è da dire anche che dall’analisi della nazionalità degli imprenditori emerge in modo netto quanto la crescita del tessuto imprenditoriale nel nostro Paese sia stata trainata dalla forte dinamica delle imprenditrici e degli imprenditori stranieri.
Ma se i dati parlano di percentuali felici per le donne, stesso discorso non si può fare per i servizi di aiuto alla sfera relazionale e alla maternità. Il paradosso italiano sta proprio nel basso investimento in quei servizi di Welafre che dovrebbero favorire la conciliazione tra le attività professionali e cura della famiglia. L’Italia è al 23° posto per interventi statali rivolti a famiglia e maternità, con percentuali – stavolta irrisorie – del Pil destinato a tale scopo. Ma questo è un altro capitolo.