Fango – storie sbagliate di chi ha perso tutto

Giorno nove Luglio, ad Acireale, è stato presentato il libro “Fango – storie sbagliate di chi ha perso tutto” di Sebastiano Ambra.
Giornalista professionista, si è impegnato per diversi mesi nella ricerca della verità, che nei paesi colpiti dall’alluvione dell’1 Ottobre 2009, si cerca ogni giorno di nascondere e oscurare. La presentazione è stata introdotta da Giusy Torrisi, rappresentante del movimento “Liberacittadinanza”.

Giusy Torrisi:
Il libro a cui ci avvicineremo questa sera, è stato pubblicato nel maggio scorso dalla Imart di Trapani, nella collana Autori italiani. La mission di questa casa editrice consiste nel trattare il libro come un ‘progetto comunicativo e non come un semplice prodotto, una merce destinata al mercato. Un progetto comunicativo che nella sua evoluzione incontra il video, sperimenta l’audiolibro e propone itinerari letterari per far vivere ai lettori i luoghi descritti nelle opere letterarie.

Nel lavoro di Sebastiano Ambra il luogo è l’elemento  fondamentale, perché non costituisce lo sfondo della vicenda, ma il vero protagonista. Il luogo, anzi, i luoghi che – coperti dallo stesso fango – diventano un posto solo: Giampilieri, Molino, Altolia, Santa Margherita, Pezzolo, Briga, Scaletta Zanclea, Guidomandri, Itala, Borgo Mannello, Croce.

Un luogo, dunque, e una storia; anzi tante storie: le che – pur essendo state anch’esse stravolte dalla stessa unica coltre di fango – restano storie plurali.

Quali realtà raccontano queste storie? Quali verità? E, soprattutto, perché sono sbagliate?

C’è la realtà dell’ignoranza. Una realtà ristretta che fa coincidere il limite di tutto ciò che esiste con il limite di tutto ciò che si sa. L’ignoranza di chi riguardo la perizia statica della propria abitazione costruita dov’era vietato afferma >. Ma anche l’ignoranza di chi è capace di parlare solo di calcio, di Ferrari e di escort e non sa più ascoltare la natura e leggere i segni che essa offre.

C’è la realtà della necessità. Quella in cui esiste solo ciò che è possibile far esistere quando non ci sono alternative. Necessità che, perciò, diventa logica e rende giusto e inevitabile costruire dove non si può, bonificando il tutto con un altrettanto necessario e logico condono giuridico, perché con

C’è la realtà della burocrazia. Una specie di mondo parallelo fatto di carte, firme e bolli, che si muove con una lentezza tale che raramente riesce a seguire il ritmo della nostra vita. Un mondo in cui esiste solo ciò che si scrive e la verità è quasi sempre una convenzione codificata da una versione ufficiale formalmente ineccepibile.

In questa realtà una zona pericolosamente disboscata è solo dotata di un “terreno arboreo poco esteso” e ciò che è condonato diviene anche sicuro. Una realtà daltonica in cui i colori che graduano il pericolo delle varie zone dal verde della sicurezza, passando per il giallo e il viola fino al rosso dell’assoluta inagibilità sono tra loro vicine ed interscambiabili, tanto che a Giampilieri qualcuno scrive sulle assi di una transenna di legno:

In questo mondo, l’Ufficio Commissariale del Soggetto attuatore emana periodicamente un “Bollettino d’informazione” in cui fornisce comunicazioni importanti, cioè la lettura ufficiale della situazione. Questo stesso Ufficio poi, suggerisce che per proteggersi dal fango mentre ci si trova all’interno di un edificio bisogna ripararsi sotto un tavolo. Se è scritto sulla carta vuol dire che nel mondo della burocrazia funziona così. Come se nel mondo della realtà vera si dicesse: in caso di fuga di gas all’interno di un appartamento chiudere porte e finestre, salire su una sedia e respirare profondamente.

C’è, poi, la realtà mediatica con la sua retorica, quella in cui esiste e viene ricordato solo ciò che viene colto dalle telecamere e mostrato dalla TV. Un mondo artificiale in cui vivono tanti telespettatori italiani che però esercitano il diritto di voto nel mondo reale.  In questo mondo – per esempio – l’alluvione del 25 ottobre 2007 non è mai esistita perché è stata colta e mostrata solo da un servizio di Striscia la notizia senza commenti strappalacrime. Se poi consideriamo che non c’è stato neanche un morto, vedremo che quell’alluvione non è esistita neanche nelle altre realtà, per esempio quella politica.

Ecco, appunto, la realtà della politica, quella più difficile da spiegare. Può essere utile un’analogia. Sappiamo tutti che nella realtà reale una rondine non fa primavera. Allo stesso modo nella realtà politica 1652 sfollati, 140 feriti, 33 morti, 5 dispersi e mezzo corpo privo di nome non fanno una tragedia degna di attenzione. Se poi, come nell’alluvione del 25 ottobre 2007, non c’è neanche un solo morto, non solo non esiste la tragedia, ma neanche il caso.

A questo punto potremmo chiederci quale sia il quorum di defunti da raggiungere perché una tragedia divenga politicamente rilevante e in che modo bisognerebbe attrezzarsi per eventuali tragedie future. Qualcuno potrebbe obiettare che in una regione ad alto contenuto mafioso come la nostra, questo non dovrebbe essere un grosso problema… ma vatti a fidare dei mafiosi!

Per noi che viviamo ancora nella realtà reale il paragone con vicende simili è spontaneo, però pare che nella realtà politica l’abusivismo di Giampilieri sia diverso dagli altri e che per questo abbia meritato la catastrofe che l’ha colpito.

Dobbiamo, forse, dedurre che politicamente 14.000 messinesi colpiti dall’alluvione del 1 ottobre 2009 non corrispondono ad altrettanti cittadini italiani votanti di qualunque altra regione?

Una verità sfocata, dunque, quella che ne deriva, perché specchio di una realtà franosa, composta dalla stratificazione incoerente e disordinata delle verità di cui ogni singola realtà è portatrice. Una precarietà, perciò, non solo geofisica, ma anche morale, politica e sociale, della coscienza della società civile anch’essa frammentata e stratificata disordinatamente da media, politica, burocrazia, retorica, ignoranza e necessità.

Dal momento che tante verità sono quasi sempre esattamente come una sola grande bugia, come trovare e raccontare, allora, la sola verità di quella realtà che è stata – ed è – la tragedia di Giampilieri? Quali domande porre? A chi?

Noi di Libera Cittadinanza riteniamo che anche sullo sfondo tragico di storie come questa, che la “cultura” ufficiale definirebbe “sbagliate” – consegnandole subito al dimenticatoio – bisogna porsi e porre delle domande.

Crediamo che la sintesi tra realtà e verità sia l’unico criterio che deve illuminare e guidare fuori da questo periodo buio la nostra classe dirigente – isolana, più in generale del mezzogiorno, o della Politica tout-court – affinché possa rispondere alle nostre domande con dimostrazioni concrete della sua dignità a rappresentare, organizzare, dirigere e controllare il Territorio delle proprie Comunità.

Un territorio da curare ed amare, perché luogo di vita degli uomini e risorsa per uno sviluppo economico e urbanistico che può e deve essere sostenibile ed ecocompatibile.

Una classe dirigente che superi la logica che privilegia la supponente proposizione di edificazione di mega strutture che nulla apportano al Territorio, per sostituirla con la logica della ri-costruzione di quella fitta rete di comunicazioni urbanistiche e infrastrutturali necessarie per ridare slancio alla peculiarità economica della Sicilia fondata sulla sua squisita vocazione intrinseca.

Ciò rafforzerebbe il senso di Comunità territoriale che renderebbe il cittadino più vigile e partecipe, perché appagato nel suo desiderio profondo di abitare questa Terra, la terra in cui è nato.

Il libro di Sebastiano Ambra ci piace. Ci piace perché è il diario di quello che è stato un percorso di riappropriazione della verità. Cominciato con un movimento di avvicinamento alla realtà attraverso l’esperienza diretta e proseguito ponendo ad essa tutte le sue domande. Un’esperienza basata su percezioni di prima mano, prive sia del filtro mediatico che di quello ideologico, accompagnate da sensazioni e rappresentazioni personali in cui è possibile riconoscere la sensibilità del giovane autore.

Quasi in ogni pagina si rivela la disponibilità del territorio e della montagna che lo sovrasta ad offrire la propria verità, quella che la natura ha dovuto imporre con tutta la forza del suo linguaggio la sera del 1 ottobre 2009. A ciò fa da controcanto quasi in ogni pagina la resistenza delle altre realtà al raggiungimento della stessa verità.

Fino alla conclusione l’autore si pone in atteggiamento di ascolto e le sue riflessioni personali non sottraggono mai ad ogni lettore lo spazio per le proprie libere valutazioni etiche e politiche.

Non può sfuggire, inoltre, che il libro, facendosi testimone degli sviluppi nel tempo di una tragedia come quella di Giampilieri, contiene – non una denuncia “partitica” e/o di schieramento -, ma un grido silenzioso di allarme e di bisogno di cambiamento che noi di Libera Cittadinanza accogliamo e rilanciamo in modo accorato”.

 

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