Solare, semplice e deciso. Francesco Di Lorenzo, attore siciliano personifica i caratteri della sua terra d’origine che ama profondamente. La sua carriera artistica vanta un curriculum assai vario, ma il filo rosso che lega la sua arte è la voglia di aprire e suggerire spazi di partecipazione. Luoghi in cui il cittadino possa esercitare uno spazio critico, seguendo la via della libertà e dell’autodeterminazione. Noi de’ ilcarrettinodelleidee l’abbiamo intervistato per offrire ai nostri lettori il ritratto di un attore che propone spettacoli eticamente impegnati.
Che ruolo ha la cultura nella nostra società e che ruolo dovrebbe avere?
Il ruolo che ha la cultura è minimo. Alla cultura è stato riservato uno spazio piccolo, perché la cultura aguzza l’ingegno, suggerisce delle domande. In generale credo che negli ultimi venti anni della nostra storia tutta l’arte è stata accantonata. La scuola e l’istruzione che una volta rappresentava il fiore all’occhiello della nostra nazione è stata frantumata. La cultura deve necessariamente avere un ruolo perché dà forma al pensiero, aiuta la costruzione di un pensiero critico. Purtroppo negli ultimi vent’anni chi ci ha governato ha svuotato la cultura di significato e il palinsesto televisivo è ricolmo di Tv spazzatura. L’obiettivo è proprio quello di azzerare la cultura intellettiva. Quando rifletto su gli anni che stiamo vivendo mi vengono in mente gli anni bui del fascismo.
Il tuo impegno artistico tocca temi impegnati. Quali sono gli ideali a cui ti ispiri?
Io mi ispiro agli ideali di democrazia, di libertà. La libertà è partecipazione come diceva Giorgio Gaber. Non bisogna stare sopra un albero. Dobbiamo comunicare sia il nostro “si” che il nostro “no”. Io da artista il mio pensiero lo esprimo attraverso il palcoscenico. Credo che sia importante il rispetto della natura e del bene comune. Assistiamo ogni giorno al deturpamento del paesaggio e ritengo che la distruzione dell’ambiente che ci circonda sia una delle cose peggiori. Per questo mi sono ritrovato nel messaggio dell’uomo qualunque. Non a caso questo progetto che stiamo portando a termine parla di uno scempio che non si ferma solo all’inquinamento dell’essere umano ma anche dell’ambiente che popola. L’eternit è qualcosa di pazzesco ed è il prezzo che l’uomo paga quando riesce solo a vedere il dio denaro. Io “grido”gli ideali dal palcoscenico.
Tra il cinema, la televisione e il teatro. Secondo te qual è il miglior mezzo per comunicare?
Il miglior modo per comunicare resta il teatro. A teatro non c’è la distanza con il pubblico, c’è l’immediatezza delle parole. Il pubblico lo guardo negli occhi e io amo sentire questo contatto tanto che spesso scendo dal palco. La recitazione fa arrivare il messaggio immediatamente e le parole colpiscono come lame. Tuttavia la televisione è il mezzo più diretto, entri nelle case delle persone, anche se io critico aspramente certe fiction che non hanno senso di esistere, anzi rappresentano proprio la nullità dell’arte. Il cinema infine sta a metà tra teatro e cinema, e pochi grandi film hanno un forte impatto. Penso ad esempio ai film di Sorrentino. In generale le cose vanno male perché qualcuno non fa quello che sa fare. Bisogna capire quali sono le proprie attitudini.
Gli ultimi mesi ti hanno visto impegnato nello spettacolo “Un uomo qualunque”. Cosa ti ha colpito di questo personaggio e qual è stata l’emozione nel portarlo in scena?
La testardaggine. La forza di fare qualcosa per cambiare lo status quo. Salvatore Gurrieri non è rimasto seduto su un albero. Ha combattuto la sua battaglia malgrado fosse un piccolo uomo. Una formica contro un elefante. Non aveva molti sostenitori, anzi ha immaginato quale poteva essere l’epilogo di questa storia, tanto che temeva per la sua vita. Pensa che alla fine di ogni spettacolo, quaranta repliche dal 2010 dedico lo spettacolo a tutti coloro che si sono battuti per un’ideale di giustizia. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato sono tutte persone che -seppur per meriti divers-i ho messo sullo stesso piano. Io Salvatore Gurrieri non l’ho mai conosciuto, ma quando penso alla sua figura mi viene la pelle d’oca. Credo che ad ogni spettacolo ci sia stata la sua presenza spirituale. Ci sono alcune repliche che sono cadute proprie con qualche data importante, come l’anniversario della sua morte o qualche sentenza. Io non credo nella casualità. Spero di avergli reso omaggio.
Che cosa è la Sicilia per Francesco Di Lorenzo?
La Sicilia non è solo la mia terra d’origine. Fino a dieci anni fa ho vissuto a Roma, poi in concomitanza ad altre scelte ho deciso di ritornare. Non mi sono reso conto dell’importanza di casa mia fino a quando ho respirato l’aria di fuori. Il legame però non l’avevo perso. Questo è un amore che si può tramutare in sofferenza, come l’amore non corrisposto. E’ brutto vedere la propria terra calpestata, e questo che fa più male quando decidi di restare. Quando però stai lontano critichi e basta mentre se scegli di restare puoi decidere di fare qualcosa. La Sicilia avrebbe bisogno di una scossa forte dal punto di vista culturale. Il popolo siciliano dovrebbe smettere di piegare la testa e cominciare a volere bene a questa terra.
Francesco Di Lorenzo è un sognatore. Crede che ognuno nel proprio piccolo può contribuire a cambiare la società che ci circonda. Ognuno può essere artefice del cambiamento. L’importante è non lasciare spazio alla rassegnazione “Fino a quando non ci arrenderemo al male- ha detto in conclusione- e ci sentiremo sconfitti, c’è sempre la possibilità che il bene vinca e considerando la lotta civile, per un futuro migliore una lotta per il bene… credo che siamo comunque sulla strada giusta”.