“E’ importantissimo parlare di Europa con passione, anche quando le cose non vanno bene”. E’ così che Giuseppe Severgnini ha introdotto l’incontro del 1 settembre che, nell’incantevole scenario del teatro greco di Siracusa, ha visto il primo vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans, al centro di un dibattito aperto sulla posizione dell’Europa in materia di immigrazione. Ed è proprio con passione che si è parlato di Europa, nei termini di un sistema di Stati membri di un’unica grande realtà. Forse utopistica, ma pur sempre un’idea da difendere.
Niente fronzoli, entrate trionfali o frasi di circostanza. Solo un uomo in piedi al centro di un palco, pronto ad accogliere provocazioni o domande scomode, con l’unico intento di far chiarezza e sottolineare quanto sia universalmente necessaria un’idea di Europa che si materializzi nei fatti. Numerose le domande e gli interventi sollevatisi da una platea numerosa e composita. Forse poco il tempo a disposizione per un argomento sul quale non si parla mai abbastanza. O meglio, mai abbastanza concretamente.
“La narrazione dell’Europa è stata nelle mani dei nemici dell’Europa per troppi anni. E per troppo tempo si sono ignorate le cose buone, non ultima una pace che dura da 70 anni” ha continuato Severgnini nella sua introduzione, trovando esplicito appoggio in quanti intervenuti dopo di lui, dal sindaco della città di Siracusa, che in tema di immigrazione ha affermato quanto sia umanamente necessaria una politica dell’accoglienza visto che “non decidiamo dove nascere, ma siamo liberi di scegliere dove vivere”. E ancora il vicegovernatore della Regione Sicilia, Maria Lo Bello, che parla dei siciliani come di coloro che l’Europa la vogliono: “l’Europa nasce in Italia, in Sicilia, a Messina nel 1955 e noi ci intestiamo questa paternità. Abbiamo voluto l’Europa e la vogliamo ancora.” E’ la stessa Lo Bello che definisce l’incontro di Siracusa come la possibilità di realizzare un sogno: “il sogno di non sentirci più isolati nel gestire quello che noi non giudichiamo un problema, ma un’occasione. Abbiamo sempre fatto dell’accoglienza uno stile di vita, trasformando le invasioni in accoglienza. Figuriamoci oggi, che chi approda non lo fa per conquistare, ma lo fa perché fugge dalla guerra o dalla fame”.
Tanti i temi da trattare, come sottolineato dallo stesso vicegovernatore. In primis una solitudine economica in cui la Sicilia staziona da troppo tempo. La necessità di supporti economici soprattutto nel settore della sanità, visti i 4 milioni e 700 mila euro spesi in Sicilia per l’immigrazione nel solo 2015. E ancora il tema non meno delicato del sostegno ai minori non accompagnati, 12.000 nel 2016.
Per tanti temi tante domande, sia dagli spalti che dal web, sottoposte a un Timmermans attento e preciso, a volte visibilmente commosso. Ovvia, ma decisamente non banale, la richiesta di una risposta concreta e di soluzioni atte a evitare il ripetersi di tragedie in mare. “Una domanda semplice, dalla risposta non facile – commenta Timmermans – il punto non è solo l’obbligo che abbiamo di accogliere quanti approdino. E in questo è giusto che il popolo italiano sia fiero per tutto ciò che fa. Voi italiani dimostrate un livello di umanità e valori che purtroppo non vediamo dappertutto. Ciò che possiamo fare noi, come Europa, è dare un futuro ai paesi di provenienza. Organizzare piani di sviluppo. Tutto questo ha un costo, ma sono risorse ben spese. Se non impieghiamo le risorse per i piani di sviluppo in questi paesi, la gente continuerà ad arrivare in Europa”.
Inevitabile toccare il delicato punto del Trattato di Dublino che, a parere di Timmermans, “funziona nel momento in cui arrivano 10 mila immigrati all’anno, non di certo in situazioni come quella che l’Italia o la Grecia stanno vivendo negli ultimi anni. Due Paesi che per anni hanno chiesto aiuto e che per anni sono stati abbandonati dall’Europa. Gli Stati membri non dovranno più lasciare sola l’Italia, altrimenti si rischia che perda l’umanità e la solidarietà che la caratterizzano”. Una solidarietà sulla quale il vicepresidente non risparmia neanche una parola, dichiarandosi apertamente commosso di fronte allo spirito solidale manifestato nel tempo dallo Stato italiano e incarnato nelle migliaia di volontari che ogni anno mettono a disposizione tempo, denaro e impegno fisico a sostegno dell’emergenza migratoria. Si dichiara “sorpreso” da una tale dimostrazione di civiltà e solidarietà, e anche propenso ad accogliere le richieste di quanti chiedano maggiori controlli per contrastare la triste e sempre più diffusa credenza che vede negli SPRAR (sistemi di protezione per i richiedenti asilo e per i rifugiati) il pericolo di un nascente business dell’accoglienza. “Se sarà richiesta la nostra assistenza, se si pensa che sia meglio coordinare i sistemi di protezione a livello europeo, la Commissione è pronta per farlo”.
Altro tema scottante, la questione degli stati sicuri e il rapporto con la Turchia. La posizione di Timmermans è chiara: “isolare la Turchia non ha senso. Dobbiamo mantenere il dialogo per convincerli a rimanere nello stato di diritto. E’ difficilissimo, ma dobbiamo farlo. Dobbiamo convincere Erdogan a non introdurre la pena di morte, perché sarebbe terribile per la prospettiva europea. E’ uno Stato vicino, la cui democrazia è sotto pressione. Ma dobbiamo restare in contatto con loro. Fino ad oggi, l’accordo con la Turchia sta funzionando, a prescindere dalla situazione politica interna allo Stato. Nel Mare Egeo non muore nessuno, e questo è anche merito di un accordo, anche se non amato da tutti. La cosa certa, è che dobbiamo essere sicuri che chi torna in Turchia sia protetto. Un siriano che torna in Turchia è protetto, l’ho verificato io stesso, ma dobbiamo accertarci che questo valga per tutti”.
Dall’Europarlamento, nella persona dell’eurodeputato Michela Giuffrida, il voler concentrare l’attenzione sul ‘Migration Compact’, sull’accordo con il continente africano e sulle garanzie che la Commissione Europea sia in grado di dare nel caso in cui uno o più Stati non rispettino i canoni. Anche su questo punto, e in particolare sulla problematica relativa al primo approdo, la posizione di Timmermans non trasmette utopistiche speranze, ma una sincera consapevolezza: “abbiamo bisogno di un meccanismo di solidarietà che coinvolga tutti gli Stati membri. L’atteggiamento ideale sarebbe non considerare dove avvenga l’approdo, ma dove sia possibile accogliere al meglio l’immigrato. Questa proposta, che nella nostra famiglia politica sarebbe accettabile da tutti, purtroppo non è accettabile dalla maggioranza degli Stati membri. Dunque si tenta una proposta. L’accoglienza avverrà nel paese di approdo, ma fino a un certo livello. Superato questo, i rifugiati verranno accolti da altri Paesi. E’ un tentativo. Non so se riusciremo, ma ci proveremo. Non è la soluzione perfetta, ma se in Europa aspettiamo la soluzione perfetta non arriveremo mai da nessuna parte”.
A proposito della proposta di una guardia costiera comune, il vicepresidente si dichiara ottimista spiegando come il Consiglio Parlamentare abbia approvato il tutto e si sia in attesa del contributo di tutti gli Stati membri. Un lavoro che nei prossimi mesi verrà portato avanti e che si spera possa concretizzarsi nella prossima primavera.
Chiara anche la posizione in merito alla delicata questione dei rimpatri comuni. La burocrazia troppo lunga fatta di domande, tribunali ordinari, appelli e controappelli porta troppo spesso al ben conosciuto esito della clandestinità. A tal proposito, Timmermans sottolinea come i fallimenti fino ad oggi siano stati causati dall’isolazionismo e dall’abbandono. “I singoli Stati non possono affrontare i rimpatri comuni da soli. E’ necessario convincere gli Stati membri, anche in questo caso, ad agire come Unione Europea. E dobbiamo essere più duri con quei Paesi che, senza giustificazioni valide, non accettino il rimpatrio dei propri cittadini”.
Non meno importante la questione del trattamento delle minoranze, sollevata dal presidente della Comunità Islamica siciliana. La paura dell’altro, del diverso, punto focale alla base della politica dell’accoglienza e della convivenza. Lontano da falsi buonismi e proiezioni favolistiche, Frans Timmermans conferma quanto sia ben noto e socialmente palese il diffuso atteggiamento di paura e di timore nei confronti di quanto sia diverso. “Nella nostra storia europea, quando si sono affrontati periodi negativi, si è sempre cercato un colpevole. Gli ebrei, gli omosessuali, le donne. Oggi in particolare i musulmani. E’ una paura irragionevole, ma è una realtà. E abbiamo l’obbligo di combattere INSIEME. Dobbiamo scoprire che la fratellanza non è esclusiva di un popolo o di una religione. La fratellanza funziona soltanto quando si applica a tutti. Noi come Commissione siamo disposti a essere duri con i Paesi dove c’è discriminazione. Ma questo non risolve la situazione. La situazione potrà essere presa in mano quando capiremo TUTTI che abbiamo TUTTI la responsabilità delle nostre società. L’Islam deve restare una parte integrante della società europea. E se non ce la faremo, non solo la società Europea sarà spaccata, ma anche tutte le società saranno spaccate”.
Non ultima la questione dell’immigrazione minorile, tematica la cui importanza è pari alla delicatezza con la quale è necessario affrontarla. Tanto è stato fatto e tanto si sta facendo, ma ancora tanto si può fare alla luce del fatto che la tutela e l’accoglienza dei minori non accompagnati non seguano ovunque le medesime dinamiche. “Oltre alle procedure che già attuiamo, è importante fare una cosa. Nel momento in cui individuiamo paesi che usano i bambini come strumenti da inviare in Europa, dobbiamo immediatamente instaurare un dialogo. Aiutare questi Paesi a dare un futuro ai loro bambini. La situazione di questi bambini è orribile ed è molto lontana dai valori su cui si fonda l’Europa. Abbiamo un lavoro immenso ancora da fare. INSIEME. FACCIAMOLO.”
Tanti ancora i temi trattati durante un convegno-dibattito dalla durata troppo breve per poter coprire tutti gli aspetti di un argomento dai confini talmente ampi da non essere ancora ben definiti. La necessità di un lavoro per quanti, rifugiati, vogliono guadagnarsi da vivere nel Paese di accoglienza, imparare un mestiere per il loro eventuale ritorno in patria. La costituzione di nuovi corridoi umanitari per permettere trasferimenti sicuri e non cimiteri d’acqua.
Non sono mancati momenti di grande intensità, che hanno visto il vicepresidente invitare sul palco due cittadini intervenuti all’evento. Un ragazzo siriano giunto in Italia tramite il primo corridoio umanitario e la rappresentante di Eurokom EuropeDirect di Gioiosa Ionica, Alessandra Tuzza. Per entrambi, la promessa di far tesoro delle loro esperienze come una “pubblicità per la nuova Europa”.
Per tutti gli altri, la promessa di un nuovo incontro, tra un anno. Per festeggiare, si spera, un’Europa se non migliore, più unita.
“Dobbiamo creare le possibilità per permettere alla gente di venire in Europa in maniera legale! Avremo bisogno dei migranti se guardiamo alla situazione demografica europea. Ma il problema è che gli europei hanno paura. Abbiamo bisogno di tempo, di mostrare la realtà.
Non dobbiamo lasciare il dibattito a chi odia la libertà”.
Frans Timmermans – vicepresidente Commissione europea
GS Trischitta