I personaggi dei film spesso spariscono nel nulla e con esse le loro immagini non riuscendo a penetrare la memoria dello spettatore. Un destino assai diverso invece è toccato a Giuseppe Tornatore e al suo capolavoro “Nuovo cinema paradiso”, dove la lente d’ingrandimento dell’ occhio dello spettatore si posa alla sola rievocazione del titolo non su immagini sfocate che faticano a riaffiorare dal cassetto dei ricordi ma su azioni, volti, dialoghi e musiche.
A distanza di venticinque anni la pellicola è sacra, ma la genesi non è stata così felice, lo stesso regista lo ha ricordato all’auditorium della Gazzetta del Sud , davanti a una folla estasiata e attenta: “Il film subì un taglio di venticinque minuti e lo stesso titolo fu rivisto. Mi era stato proposto “baci tagliati” facendo riferimento alla scena finale, che poi era una parafrasi dell’opera di Truffaut “Baci rubati”. Nella prima anteprima a Palermo mi dissero che il film sarebbe durato in sala solo qualche giorno, perché i critici che avevano rivisto la visione ridimensionata avevano mantenuto i giudizi negativi di prima. Poi è arrivato Cannes e lì la prospettiva di un posto lontano ha disinnescato la rotta del film. Messina però è rimasta il simbolo della rinascita del film”. Una delle poche positive all’epoca è stata spesa proprio dal giornalista Franco Cicero che ha sottolineato il valore non solo della parte tecnica ma di tutta la storia: ”Nel film la macchina da scrivere è sostituita dalla macchina delle immagini e in questo Tornatore è un grande raccoglitore di immagini”. L’incontro però è stato un momento per fare il punto sulle tecniche cinematografiche e sulle forme. Le storie infatti spesso che vengono trasferite sul grande schermo sono adattate da romanzi e la ricchezza dei particolari, degli effetti scenici, creano delle difficoltà in primis di ordine economico: “Pasolini diceva- ha continuato il regista di Bagheria -perché fare un film se è bello solo pensarlo?
Oggi purtroppo tutto ricade sulle spalle del regista ma anche negli anni ottanta la situazione era più semplice. I cinema chiudevano, non c’erano spazi, andavano avanti i film a luci rosse. Nuovo cinema Paradiso era un film che allora avevo in mente ma che pensavo di fare dopo perché la filosofia imperante era quella minimalista. Io non era contrario a questa scuola di pensiero ma se avessi cucito quel film come ho fatto con Baaria sarei stato un pazzo. Quello che la cultura in quel periodo mi imponeva come costruzione con l’essenziale mi appariva pericoloso. La stessa visione mi accompagna ancora oggi quindi ritengo che l’arte cinematografica è vincente quando ha guardato a tutte le sue espressioni possibili e non ha guardato in una sola direzione”. Nel corso dell’incontro il sindaco di Messina Renato Accorinti ha tessuto le lodi di questo maestro del cinema che come il patrimonio dello Stretto dovrebbe diventare un patrimonio comune perché con la sua opera ha saputo rappresentare meglio la Sicilia. e inoltre gli ha posto l’invito di mettere la sua eredità a favore di questa terra e di tanti giovani che vogliono seguire di esempi positivi come lui: “Non mi sento come uno che se ne è andato-gli ha risposto- Il mio mestiere è duro per questo credo che non potrei mai insegnare, quindi dovrei abbandonare la mia attività per farlo. Credo che il modo migliore per lasciare qualcosa è continuare a fare bene quello che faccio e magari un domani spingere altri a far fare i miei film”.
Il consiglio che poi è arrivato fra i vari interventi è rivolto a tutti i giovanissimi che dovrebbero conoscere un’opera cinematografica come un’opera letteraria, perché spesso l’occhio della cinepresa ha fissato su celluloide la vita reale meglio di qualsiasi altra arte.