Hanno rinchiuso Tonino in un manicomio criminale

Di poche cose mi sono pentito nella mia vita e tra queste il mio agire nella vicenda di Tonino.

L’aver contribuito alla sua reclusione presso il Manicomio Criminale di Barcellona P.G. ancora mi pesa e le notizie che ne annunciano la chiusura entro il 31.03.2013 me ne ha riportato la memoria.

Oggi li chiamano ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) ma fino a pochi anni addietro non era strano sentire nelle cancellerie dei Tribunali penali il termine di manicomio criminale applicato a quei soggetti ritenuti incapaci d’intendere e volere ma allo stesso tempo violenti e capaci di commette fatti di reato contro le persone o le cose.

Tonino era un ragazzo di non più di trent’anni che viveva in paesino rurale della zona di Barcellona e sin da giovane aveva manifestato problemi psichici tanto da essere in costante cura presso la competente ASP territoriale. Sino alla morte dei suoi genitori non risultano esservi stati episodi di violenza o altro. Qualche arrabbiatura in casa o in paese ma per il resto, come dicevano le cartelle cliniche che ebbi a leggere, dimostrava solo un’incapacità a relazionarsi con gli altri, scarsa capacità di comunicare o d’apprendere e poco altro. Sicuramente non vi erano gli estremi di una reclusione in un manicomio criminale.

Dopo la morte della madre Tonino si è ritrovato da solo e abbandonato a se stesso. E’ in questo periodo che incominciano le prime manifestazioni di violenza ed intemperanza nei confronti dei paesani e dei parenti. Ed è in questo periodo che ha incominciato ad incendiare le cose sue e degli altri. Due circostanze ricordo in particolare, l’incendio di un’autovettura di un vicino di casa e dopo poco tempo l’incendio della abitazione di famiglia.

A quel tempo esercitavo la professione d’avvocato e, come tutti i giovani avvocati all’inizio della carriera, si prendeva tutto quello che arrivava (Amministrativo, Civile e Penale). In periodo in cui la specializzazione non faceva di te, sic et simpliciter, un buono avvocato bisognava saper fare un po’ di tutto perché quando finalmente ti arrivava il fatidico cliente non ti potevi permettere di dire so fare bene i biscotti ma non le torte.

Chiaramente ogni onesto avvocato ( sembra un ossimoro ma non vi è consentito ridere) conosce i propri limiti professionali e in Penale il mio approccio era sbrigativo e rudimentale. I dibattimenti e le sue norme procedurali non erano pane per i miei denti. Lo aveva imparato a sue spese il mio primo cliente, un simpatico vecchietto che invece di una semplice oblazione si è preso quattro mesi con la condizionale per aver scaricato materiale inerte a Maregrosso. Da quel momento in penale solo reati minori, patteggiamenti in fase preprocessuale o tutt’al più patteggiamenti da chiudersi alla prima udienza, poi è arrivato il caso di Tonino e non ho potuto dire di no sia per le implicazione personali che di Diritto che esso aveva.

Tonino  aveva come unico parente un fratello che non viveva con lui ma a cui era stata data la delega per incassare presso l’ufficio postale del paese l’assegno d’accompagnamento di cui Tonino beneficiava per motivi psichici, quindi per una incapacità d’intendere e volere conclamata e riconosciuta dallo Stato.

Per questo, in occasione dell’incendio della casa di famiglia, riconosciuta la responsabilità nella commissione del fatto di Tonino, la Procura della Repubblica di Barcellona P.G. si è trovata di fronte a un dilemma. Come titolare dell’indennità d’accompagnamento per motivi psichici Tonino non poteva rispondere penalmente del reato commesso ( l’art. 42 c.p., in proposito dice: “Nessuno può essere punito per un’azione prevista dalla legge come reato se non l’ha commesso con coscienza e con volontà …) ma allo stesso tempo non vi può essere reato senza un soggetto a cui anche indirettamente imputarne gli effetti o la responsabilità, in caso contrario ci troveremmo davanti ad un fatto che non costituisce reato (per inciso la formula che il Giudice adotta per scagionare l’imputato con formula piena.). Davanti a questo dilemma la Procura decise d’imputare il fratello in base alla considerazione che avendo la delega all’incasso dell’indennità d’accompagnamento  dovesse rispondere in base ad un presunto obbligo di custodia e cura  nei confronti di Tonino e per questo rispondere dei fatti e danni da lui prodotti.

Quello che rileva in questa vicenda non è tanto l’essere riuscito a fare scagionare il fratello dimostrando che in l’indennità d’accompagnamento, proprio perché un indennità, non comporta obblighi di cura o custodia nei confronti del fratello disabile ma soprattutto che la responsabilità del fatto era proprio del PM. Pubblico Ministero al quale la legge affida il compito d’intervenire, in questi casi, al fine d’impedire che Tonino potesse commettere altri rati o comportamenti caratterizzati  da pericolosità sociale soprattutto dopo le vicende che avevano interessato l’incendio della macchina

Come avvocato non potevo costringere il fratello a provare dei sentimenti per Tonino e seppur sia stato sempre convinto che approfittava della sua indennità d’accompagnamento non potevo certo costringerlo ad amarlo o a rispettare suo fratello. 

Quello che allora sembrava la soluzione, il manicomio criminale, in verità era il frutto di una carenza dei servizi sociali e medici idonei a risolvere il problema sia di Tonino che di tanti altri, un modo di pensare generalizzato per cui anche nel Diritto si aveva la convinzione che “ il malato di mente doveva ritenersi un soggetto che, a cagione del suo stato, era più incline del sano a commettere reati e fatti di pericolosità civile” e a poco valevano i principi delle leggi nn° 180 e 833 del 1978 che in campo civile già da tempo avevano aperto la strada a una nuova concezione, a un sentire rivoluzionario rispetto una cultura di carcere e isolamento.

Oggi Società italiana di psichiatria vorrebbe una proroga della prossima chiusura degli OPG. Due anni ancora per applicare una progressività e gradualità nelle chiusure delle varie strutture. Io non sono un dottore ma la mia speranza per Tonino e tutti gli altri è presto e subito.

Pietro Giunta.