Ammortizzatori sociali? No, Grazie

Hanno sfondato il muro mastodontico dell’indifferenza, della rassegnazione e della abnegazione in una città come Messina dove l’economia è al collasso. L’impresa sembrava ardua ma loro, i sedici operai dell’ex birra Messina, oggi ci mostrano con orgoglio quel posto nella periferia sud della città che diventerà il simbolo del nuovo :“Siamo arrivati a realizzare una parte del nostro sogno. Adesso i capannoni sono stati assegnati, -racconta Domenico Sorrenti– dobbiamo fare solo il contratto di locazione e pensare alla ristrutturazione. Abbiamo già delle ditte che stanno facendo i preventivi e penso che la prossima settimana inizieremo già i lavori del tetto, una parte infatti è rivestita di amianto che deve essere eliminata. La pavimentazione sarà consona a uno stabilimento alimentare e ovviamente  i macchinari e la pitturazione daranno il tocco finale, così ad ottobre, se non ci saranno intoppi burocratici, possiamo partire con la produzione”.

Si reputano fortunati gli operai messinesi che coraggiosamente hanno investito il loro TFR per ridare vita al loro lavoro , scegliendo di investire nella propria città, e sperano che altre persone seguano la loro scia: “Si può investire- continua Sorrenti- in questa città. Certo ci vogliono sacrifici e testa dura ma  in fondo la piccola imprenditoria nel sistema della cooperativa può trovare un nuovo slancio . ” Si mostrano compiaciuti e orgogliosi quando ci raccontano che hanno ricevuto solidarietà da tutta la comunità messinese e non , molte infatti le lettere e le email che gli sono pervenute in questi mesi anche da molti concittadini residenti emigrati in Australia che associano alla nostra birra il valore speciale di radicamento al territorio. Solidarietà che concretamente ha preso anche la forma di una raccolta fondi che  non fa altro che rinsaldare uno start up di partenza in cui i finanziatori appunto sono gli stessi lavoratori ormai imprenditori che tuttavia non si riconoscono in questa veste: “Noi non ci identifichiamo come imprenditori tradizionali- rimarca Antonio- ma in maniera più appropriata come imprenditori di noi stessi, nel senso che ognuno sa esattamente qual è il suo compito e fa di tutto per portarlo avanti. Siamo operai e resteremo operai che si preoccuperanno non solo di produrre la birra ma anche di distribuirla e cercare clienti. Se tutto va bene, come spero, entro quattro anni saremo in grado di assumere altro personale così l’economia messinese potrà risollevarsi”.

I buoni propositi insomma sono tanti anzi resta quasi l’amarezza di non aver intrapreso prima questa percorso , restando fagocitati  all’attaccamento verso la famiglia di imprenditori che ha scelto di chiudere i battenti: “Siamo stati accecati dall’attaccamento verso i padri fondatori di questa fabbrica – racconta ancora Domenico Sorrenti- ammirandone sempre l’operato e le nostre scelte pregresse ne sono la diretta conseguenza. Il 22 dicembre del 2007 Heineken ha ceduto definitivamente lo stabilimento di Messina alla società Triscele, per sei mesi dovevamo ancora fare il prodotto birra Messina. Dopo abbiamo iniziato ad avere i primi problemi, ma prima della scadenza abbiamo preso il nostro Tfr e l’abbiamo trasferito direttamente alla società Triscele per aiutare lo stabilimento e il nuovo proprietario. Sono seguiti periodi cassa integrazione a ciclo di quindici giorni ciascuno; nel 2010 c’è stato un contratto di solidarietà e nel 2011 abbiamo continuato con la cassa integrazione, per dare la possibilità- è lecito pensarlo- di fare speculazione edilizia.  Con il senno di poi avremmo agito in modo diverso consapevoli che tutti quei sacrifici sono stati vani”.  Sulla facciata del capannone non compare ancora il logo del birrificio, il cantiere è ancora aperto ma tutti i lavoratori guardano speranzosi al futuro, tra questi c’è Vincenzo, il più giovane di tutti che ha visto passare in un marchio tre generazioni: “. La birra scorre nel nostro sangue perché nel mio caso e in circa il settanta percento dei miei colleghi ci sono tre generazioni che hanno lavorato. L’augurio è che mio figlio un giorno possa continuare la tradizione della birra a Messina”.