Fabrizio Sergi è un regista messinese, ha 24 anni e sin da bambino ha respirato arte. Nipote del pittore e scultore siciliano Nino Ucchino, ha imparato a tenere in mano il pennello ed intingerlo nei colori da piccolissimo, assiduo frequentatore del laboratorio-atelier dello zio, in un piccolo angolo di paradiso del borgo di Savoca, dove ha potuto godere di infinite suggestioni e sperimentare differenti forme artistiche. E mentre svago e studio si mescolavano, arriva il primo incontro con una piccola fotocamera digitale. Un mondo in tasca, per Fabrizio, che da lì a poco avrebbe compreso cosa significasse far vedere gli altri attraverso i propri occhi. Oggi il cortometraggio “Con un sorriso”, diretto da Fabrizio Sergi e con la partecipazione dell’attore acese Antonio Catania, è in corsa per una menzione speciale ai premi David di Donatello 2014. Il concorso “Vota il tuo Corto preferito”, ideato dall’Accademia del cinema nazionale per sostenere giovani talentuosi registi, si svolge interamente sul web e coinvolge 91 tra le opere che hanno partecipato alla sezione Cortometraggi della scorsa edizione della manifestazione. Una sorta di giuria popolare, quindi, potrà esprimere la propria preferenza sul sito della casa editrice Booksprint, partner dell’iniziativa.
Cosa significa, soprattutto per un giovane regista come te, correre per una menzione speciale ai David di Donatello?
La possibilità di ricevere una menzione speciale da parte dell’Accademia del cinema nazionale è sicuramente un punto di arrivo e non un semplice “passaggio” per qualunque regista, sia emergente che affermato. Si tratta di un riconoscimento molto prestigioso nel panorama nazionale, soprattutto per chi produce cortometraggi, un settore per il quale gli spazi sono stati ridimensionati negli ultimi anni. Nel corso del Taormina Film Fest, ad esempio, non esiste più una sezione dedicata a queste opere.
L’incontro con Antonio Catania e l’ideazione del progetto “Con un sorriso” come sono collegati tra loro?
Ho incontrato Antonio Catania ad una cena privata, durante il quale veniva presentato un lungometraggio di piccola distribuzione, ed è apparso sin da subito interessato alla realtà del nostro piccolo gruppo di lavoro. La sua disponibilità e l’incoraggiamento che abbiamo ricevuto sono stati unici. Ci ha fatto davvero un grande regalo prestandosi a questo progetto, sposandolo in pieno sin dalla fase di stesura della sceneggiatura. L’atmosfera sul set è stata rilassata e penso Antonio si sia anche divertito. I contatti sono ancora assidui ed è ormai una amicizia consolidata la nostra.
E l’ispirazione per questo racconto, di cui sei sceneggiatore insieme a Nino Ucchino e lo stesso Antonio Catania, girato tra Santa Teresa di Riva e Casalvecchio, da dove nasce?
“Con un sorriso” nasce proprio con Antonio Catania, prendendo spunto anche dalle cronache quotidiane dettate dalla crisi economica. L’obiettivo non era fare un reportage, tra l’altro i tempi brevi non lo avrebbero permesso, quindi abbiamo dato spazio ad una idea semplice ma d’effetto. Con l’obiettivo di dare un segno di speranza, anche nella fede religiosa. In particolare, mi ha ispirato un’opera di mio zio Nino Ucchino e si tratta de “Il Cristo” in acciaio. Collegare l’immagine di un cristo metallico, pesante, alla fragilità dell’uomo, interpretato da Antonio Catania, è stato il fulcro centrale. L’importanza di valori come l’altruismo, la solidarietà soprattutto in momenti tanto difficili, piuttosto che le proprietà materiali. Ecco, la scultura del Cristo mi ha trasmesso tutto questo ed ho provato a trasferirlo nel mio lavoro.
Leggendo la tua biografia, si comprende subito il ruolo centrale rivestito da tuo zio – l’artista Nino Ucchino (ndr) -, ma quando è scattata la scintilla con la videocamera?
Il cinema è da sempre una mia passione, ma ho appreso l’arte da mio zio attraverso la pittura e la scultura. Crescendo ho poi trovato una via diversa, una via più “mia”, quasi per caso. Durante un viaggio a Favignana ho girato un reportage con una macchina fotografica digitale. Lì ho capito che la gente poteva vedere come io vedevo ciò che mi circondava. Ed ho capito che sarebbe stata la mia strada. Partecipando a mostre in giro per l’Italia, insieme a mio zio, ho avuto modo di conoscere personaggi del mondo cinematografico. In particolare ho trovato nel produttore romano Turi Vasile un importante supporto tecnico ed un grande amico. Ho avuto la possibilità di partecipare a sue produzioni, imparando tanto. È stato una figura importantissima e la sua scomparsa nel 2009, quando avevo 19 anni, mi ha segnato molto. E da questo incontro è nato il lungometraggio “Nino ed il padre santo”. Poi lo studio al DAMS ed il periodo al fianco di Aurelio Grimaldi, come suo allievo, mi hanno consentito di vivere l’aria del set, imparando davvero le tecniche fondamentali.
Come vedi il tuo rapporto con la regia? Si tratta di una passione o ti approcci con la stessa metodicità di un lavoro?
Sicuramente tutto è nato come una passione. Ho prodotto sette cortometraggi amatoriali ed in queste occasioni si è costruito un gruppo di giovani, professionisti o appassionati, che condividevano la stessa passione ed insieme ci siamo “evoluti” e specializzati. Per noi girare “Con un sorriso” su un set vero e proprio è stata una esperienza bellissima. Ed è stato possibile proprio perché il percorso era stato graduale. Poi dirigere un attore professionista ti fa davvero crescere.
Cosa significa voler fare di forme artistiche il proprio mestiere, soprattutto in Sicilia?
Paradossalmente in Sicilia è molto più semplice rispetto alle grandi città, come Roma o Milano. La riviera jonica della provincia messinese, in particolare, è un territorio completamente inesplorato da questo punto di vista. Sia la possibilità di trarre spunti dal quotidiano e dalla bellezza architettonica e paesaggistica, sia la grande disponibilità degli uomini di collaborare a questi progetti sono grandi. Noi abbiamo sempre portato avanti lavori autofinanziati e qui è davvero possibile farlo. Certo, manca una sinergia sul territorio e forse la consapevolezza della forza di sviluppo del settore culturale, e cinematografico in particolare. Potrebbe essere utile spendervi maggiori energie. Sono molto fiducioso. Tornatore ha vinto un Oscar girando in Sicilia ed i registi, anche stranieri, che vengono qui a girare sono tantissimi. Quindi “qualcosa” di positivo dovrà pur esserci.
Hai mai fatto o pensato di andare via dalla Sicilia, magari per fare esperienze all’estero?
Non ho dubbi sul voler fare delle esperienze professionali all’estero. Mi piace l’idea di confrontarmi con altre culture, di comprendere anche come è vista o percepita la Sicilia da fuori. Sono curioso di conoscere il mondo cinematografico altrove e confrontarmi con coetanei con le mie stesse passioni, comprendendone le difficoltà, gli spunti che traggono dalla vita quotidiana, come vedono il loro futuro a casa loro. Però vorrei andar fuori, per poi tornare a costruire qui qualcosa. Vedo grandi potenzialità per la Sicilia, per la provincia di Messina. Bisogna insistere di più.
Quali sono, se ci sono, i tuoi progetti per il futuro?
Innanzitutto aspetterò i risultati della votazione del concorso web “Premia il tuo Corto preferito”, che termineranno il 4 giugno. Ad agosto, poi, inizieremo le riprese di un nuovo cortometraggio, che è stato attenzionato da professionisti del settore e potrà contare su una produzione più massiccia. Anche la partecipazione al David è stata importante. Acquisendo credibilità professionale, anche gli strumenti a disposizione diventano maggiori. Il mio punto di riferimento nel mondo della regia è senza dubbio Giuseppe Tornatore ed ho iniziato “fregandogli” qualche attore. Infatti avrò la possibilità di lavorare con Daniele Perrone ed Orazio Stracuzzi, che hanno fatto parte del cast di attori di Baarìa. Riuscire a coinvolgere attori professionisti è certamente un traguardo, soprattutto convincerli a venire in Sicilia a girare. Un passo per volta. Spero ce ne siano tanti altri.