Una delegazione della Commissione Carcere della Camera Penale di Roma, composta dagli avvocati Maria Brucale, Caterina Calia, Mauro Danielli, Claudia Prioreschi, unitamente all’avvocato Roberta Giannini dell’Osservatorio Carcere, ha visitato il carcere di Rebibbia N. C.
Dopo avere incontrato la Direttrice del carcere, dottoressa Santoro, accompagnati dalla Vice Comandante Angela Briscese e dal Sostituto Commissario Luigi Bove, i membri della delegazione hanno fatto ingresso in numerosi reparti detentivi, comprese le sezioni che ospitano persone detenute in regime ex art. 41 bis dell’Ordinamento penitenziario. Il primo reparto visitato è stato il G8, un luogo che ospita detenuti di lungo corso che vi accedono dopo un esame dell’equipe intramuraria e una osservazione in altri reparti.
Nel G8 si applica la vigilanza dinamica, un regime, cioè, che consente ai ristretti di trascorrere fuori dalle camere di pernottamento 12 ore. Ci sono postazioni fisse di controllo ed alcune unità in movimento. Oltre ai passeggi, la sezione dispone di una sala musica, una piccola area bricolage al momento dismessa, una palestra, un bel campo da calcio in erba sintetica, un campetto da tennis. Il G8 ospita anche un’area destinata al lavoro presso il call center dell’ospedale Bambino Gesù. Aperto da Telecom nel 2006, con il servizio 1254 di Telecom Italia, lo sportello è stato rilevato dalla cooperativa E- team che dà lavoro a 11 interni e cinque esterni. Le persone detenute nel G8 godono di una carcerazione privilegiata rispetto al resto dell’istituto. Per questo, sottoscrivono un ‘ patto trattamentale’ con il quale si impegnano al rispetto pedissequo delle regole imposte e, qualora vengano meno, vengono trasferiti.
Nei reparti di media sicurezza, la Direzione ha, già da anni, positivamente collaudato un sistema denominato ‘ movie’ che consente alle persone ristrette di godere di spazi più ampi di libertà attraverso l’uso di cartellini di identificazione colorati che danno ingresso ad aree determinate del carcere. Con l’uso del tesserino del colore assegnato alla zona cui deve fare accesso, la persona detenuta può muoversi in autonomia. Un sistema che non ha creato gravi problemi di sicurezza o di disciplina e che, pertanto, è stato rinnovato.
Le camere di pernottamento hanno spazi di vivibilità inferiori alla lettura che da ultimo la Cassazione ha offerto della nota sentenza Torreggiani. I 3 metri quadri vengono calcolati al lordo dell’occupazione dei letti così come, del resto, prevede ancora l’applicativo 18, ossia il sistema che valuta la coerenza delle celle con i dettami della Torreggiani. Alcune celle singole, destinate a persone condannate all’ergastolo, appaiono molto piccole e condensano nell’unico ambiente letto, bagno e cucina in una vistosa promiscuità. La sezione che ospita persone transessuali, offre uno spaccato di umanità assai dolente. Le detenute lamentano l’insufficiente somministrazione di ormoni e rivolgono alla delegazione una accorata richiesta di vestiti da donna. Sono 21, quasi tutte straniere e senza familiari che mandino loro vestiario. Ricevono abbigliamento dalla Caritas ma sono abiti da uomo. I muri della sezione sono molto logori e le pareti rose da muffe. Le celle appaiono non coerenti ai dettami Cedu riguardo agli spazi di vivibilità.
La delegazione fa ingresso nelle sezioni dedicate al 41 bis. Il reparto G13 si compone di due aree, una di recentissima realizzazione che ha celle abbastanza grandi, locali puliti e finestre che danno adeguato ingresso ad aria e luce. Diversamente è a dirsi per la parte più vecchia del reparto dove il bagno alla turca è sormontato dalla doccia determinando una condizione igienica allarmante. Le finestre sono strette, alte e schermate. Anche i locali del G7, l’altro reparto di detenzione 41 bis, sono più ampi. Ogni blocco ospita non più di quattro persone le cui celle sono poste sullo stesso lato della parete.
Qui la circolare Dap che modifica il nome in ‘ camere di pernottamento’, non può entrare. Le celle sono celle, dove trascorrere quasi tutto il giorno in totale inazione e isolamento. Le 37 persone in regime detentivo derogatorio trascorrono in cella 22 ore. Le restanti due, le dividono tra ‘ passeggi’ in uno spazio grigio e asfittico sormontato da fitte reti metalliche, e la c. d. ‘ socialità’, in una saletta spoglia e anch’essa angusta. La sensazione è opprimente. Il silenzio assordante |
Un uomo grida che si trova lì da 23 anni. 23 anni di non vita. Anche le successive sezioni visitate dalla delegazione mostrano le ferite del carcere. Al G9, attraversando la c. d. ‘ barberia’ e la sala ping pong, si incontrano muri logori e locali consunti e spogli. Le celle sono anche a sei letti. La struttura del reparto è disposta a raggera. I muri sono scrostati e sono presenti crepe e muffe, soprattutto nei bagni. Nelle celle viene erogata solo acqua fredda. C’è un refrigeratore e un pozzetto congelatore nel corridoio dove i ristretti congelano pacchetti di ghiaccio per tenere in fresco acqua e altro nelle loro borse frigo. Al G11, ‘ terra C’, sono recluse le persone che fanno uso di stupefacenti. È un luogo grigio e malconcio dove si respira la sofferenza e la dipendenza di queste uomini in cura. Devono stare chiusi, nel rispetto del loro piano di terapia. Hanno un piccolo passeggio fatiscente. Nessuna attività o formazione. Non possono cucinare e lamentano una alimentazione inadeguata che ne determina il sovrappeso. Riconducono la loro incapacità di progredire nella terapia metadonica all’ assenza di attività trattamentale, di una spinta di ideazione o di distrazione. Muffe e crepe alle pareti ed una condizione, per i circa 33 ristretti, di vistoso sovraffollamento. Un uomo dice di avere i pidocchi e di attendere il barbiere da giorni. Al ‘ terra B’ si trovano molti disabili. Ci sono percorsi per ipovedenti che giungono fino alle celle. Per ogni disabile è previsto un c. d. ‘ piantone’ o, nella nuova nomenclatura Dap, ‘ addetto alla persona’. Un uomo in carrozzella, anziano e all’apparenza colpito da ictus – vista la difficoltà di esprimersi – lamenta di non poter fare la doccia da sei giorni perché non ha acqua calda in cella e non può accedere ai locali comuni. I detenuti protestano per la lunghezza dei tempi di attesa per avere le visite richieste.
La delegazione visita il G6, luogo deputato ad ospitare detenuti con sanzioni disciplinari. Non hanno contatto con nessuno e sono sorvegliati a vista. Il passeggio è un rettangolo di cemento sormontato da una fitta rete metallica. Al momento sono in dodici e due celle sono di isolamento.
Al G12 terra A, c’è la sezione di prima accoglienza o dei ‘ nuovi giunti’. Un luogo dove il detenuto deve essere sottoposto al test Mantoux per la tubercolosi ed essere, entro un massimo di 72 ore, tradotto nel reparto assegnatogli. Tuttavia pare che, invece, alcuni si trovino in quella condizione anche da tre mesi e mezzo. I nuovi giunti sono esclusi dalle attività trattamentali e vivono, anch’essi in celle sovraffollate, con le pareti scrostate e logore.
È una città, Rebibbia N. C., abitata da oltre 1400 anime. Un coacervo di bisogni sia della struttura sia dei reclusi. Alcune zone sono state di recente ristrutturate ma i fondi non sono mai sufficienti a porre rimedio alle numerose criticità. È una situazione potenzialmente esplosiva tenuta a bada solo grazie all’elevata professionalità degli Agenti Penitenziari.
Questi ultimi lavorano in condizioni inaccettabili, 230 unità al di sotto dell’organico. Spesso dieci Agenti sono posti a sorvegliare circa 400 persone detenute. Di notte, a volte, si riducono a due. Gestiscono situazioni sempre imprevedibili, delicate e umanamente impegnative. A volte drammatiche. Hanno a che fare anche con la realtà tragica dei malati psichiatrici in attesa di accoglienza in strutture terapeutiche idonee alla cura e tentano di offrire, per quanto possibile, assistenza e pazienza, responsabili solitari della sicurezza dell’istituto e della tutela delle persone ristrette.
MARIA BRUCALE
COORDINATRICE DELLA COMMISSIONE CARCERE