Kinisia: irregolarità e pestaggi

Mentre il sole non riesce a brillare, anche il vento sembra urlare di rabbia oggi a Kinisia.

Riesco ad entrare alla tendopoli, cavandomela con poche domande e molti sguardi sospettosi.

Intorno alle 16.00 ottengo di parlare con Mohamed J, Mohamed K. e Karim, numeri di matricola 228, 229 e 230.

Decido di andare dopo aver ricevuto venerdì sera una telefonata allarmata.

“Li hanno pestati nel refettorio della tendopoli -mi dice il giovane ancora dentro il CIE trapanese che fortuitamente è riuscito a  telefonarmi- hanno fatto uscire tutti e li hanno riempiti di botte e manganellate. Il pavimento era un lago di sangue. Erano nudi…aiutaci.”

La sua voce trema ancora.

“Quando è successo?”

“Ieri sera. Sono riusciti a scappare in cinquantanove. Tre li hanno presi e li hanno riportati qui…”

Mohamed J. Parla solo in francese, ma riesce a farsi capire bene anche a gesti.

“Eravamo in tre. Io sono stato picchiato sul naso, sulle braccia e sulle cosce.”

Mi mostra un livido sul braccio.

“Te lo hanno fatto loro?”

“Si. La polizia, con il manganello. E c’era lo stesso Ispettore di oggi.”

“Vi hanno picchiati perché eravate scappati?”

“Si. Ma succede sempre qui. A me era successo anche quattro giorni fa. La notte aprono le tende, ci cercano mente dormiamo e ci picchiano. Abbiamo molti problemi con la polizia. Spesso sono arrabbiati con qualcuno di noi ma si sfogano con tutti. In particolare con i tunisini.”

“Io sono scappato -mi racconta Mohamed K- perché qui sto male: sono asmatico. Mi danno il Ventolin, ma c’è troppo caldo e troppa polvere al campo e mi manca l’aria. Cercavo solo un posto con l’aria più pulita. Ma mi hanno preso e picchiato insieme agli altri. Mi hanno colpito sul collo e sulla schiena…Ho avuto un attacco mentre mi battevano. Non volevano fermarsi, anche vedendo che respiravo male. Per fortuna qualcuno che lavora qui mi ha difeso e si sono fermati. Io voglio solo stare meglio. Ho un fratello in Sicilia e vorrei solo uscire per andare da lui e cercare un lavoro.”

Karim arriva zoppicando. Non è da solo. Lo accompagnano l’Ispettore di turno e una guardia della Finanza.

È l’Ispettore a parlare per lui.

“Vede? Provano a scappare e si fanno male…io glielo dico sempre: perché scappi? È molto meglio per te se parli con noi e ti fai ascoltare. Ma non sentono ragioni. Tornano con i piedi gonfi perché scappano scalzi e poi tornano per farsi medicare. Per di più vanno raccontando in giro che siamo noi  a picchiarli. State molto attenti a quello che vi dicono.”

“Da quanto tempo sei qui?” riesco a chiedergli.

Come molti altri Karim si trova qui da più dieci giorni, ma senza nessun ordine di trattenimento.

“Un Giudice di Pace -mi spiegherà successivamente l’avvocato Fabio Giacalone, trapanese, legale  di alcuni dei profughi di Kinisia- deve convalidare entro novantasei ore il provvedimento di trattenimento. Se ciò non è avvenuto c’è evidentemente qualcosa di strano.”

“Di fatto queste persone si trovano recluse illecitamente. Come è possibile? Com’è giustificata la loro presenza al CIE?”

“Capita spesso in realtà che alle Commissioni di controllo venga dichiarato che i ragazzi si sono rifiutati di firmare la notifica e che non ne hanno nemmeno voluto una copia. In altre parole, si attribuiscono a loro le irregolarità.”

Allarmato dalle voci insistenti sulle condizioni inumane della tendopoli di Kinisia, a Trapani, il deputato PD Jean Leonard Touadì ha visitato oggi pomeriggio la tendopoli-lager.

“Ho trovato delle persone -dichiara- che stanno male e che non dovrebbero stare qui. Mi muoverò per risolvere in maniera decisiva ed al più presto questa situazione.”

Natya Migliori