L’ALTRO VOLTO DI CINISI: ADESSO PARLA IL SINDACO

Pizza, mafia e mandolino. Coppole e lupara. Pane caldo e corpi freddi. Oltre lo stretto, decine di stereotipi assalgono una Sicilia stanca, sfinita da insulse maldicenze. Se con fatica tenta di liberarsi dalla stretta della malavita, questa non sembra voler mollare la presa.

Basta poco e la nostra isola ci ricasca, nuovamente sommersa da calunnie e banali preconcetti. Ma questa volta c’è chi non ci sta: Cinisi, località nota all’intera Italia, è decisa a non soccombere. Pochi giorni dopo i festeggiamenti per il compleanno di un vecchio boss, gli abitanti insorgono: adirati, non sono disposti a lasciar credere che l’intero paese abbia celebrato i cent’anni di don procopio. Il loro sdegno è reso manifesto dalle parole di Giangiacomo Palazzolo, sindaco di Cinisi da poco più di un anno. Palazzolo non nega certo l’esistenza della criminalità, ma si mostra ottimista: la società civile sarebbe in continua crescita ed è alle nuove generazioni che affida le sue speranze.

Recentemente ha dichiarato con convinzione che Cinisi non è un paese mafioso. Cos’è cambiato rispetto a vent’anni fa?

“Allo stato attuale Cinisi è un normalissimo paese del meridione. Con ciò non voglio certo negare l’esistenza di sacche residue del fenomeno mafioso, ma non in misura maggiore rispetto a Carini o a Partinico, non più. Prima si trattava di un centro ad alta densità mafiosa, ma figure come quelle di badalamenti sono ormai scomparse dal panorama della criminalità. Rimangono personaggi minori, sicuramente per nulla influenti sulle dinamiche cittadine, o comunque in misura affatto paragonabile al passato.”

A cosa si deve un cambiamento del genere?

“Probabilmente il vero cambiamento riguarda la mafia stessa. Adesso non si tratta più dei classici criminali con la coppola, legati all’apparenza: il fenomeno mafioso è riuscito a permeare gli strati più alti della società, si è annidato in seno alle élites. Si mimetizza con grande maestria: non è più semplice capire con pochi sguardi chi è legato alla mafia e chi non lo è. Questo genere di malavitosi di certo non preferisce operare nei piccoli paesi, anche se non nascondo che non sono facilmente individuabili nemmeno ai miei occhi.”

È cambiata la mafia, naturalmente. Ma i cittadini?

“Sicuramente hanno avviato un processo di isolamento sociale nei confronti dei mafiosi vecchio stampo. La rabbia di chi si è dissociato con forza dai festeggiamenti dello scorso 6 Gennaio ne è senza dubbio la testimonianza. Non è stato il paese a celebrare di maggio, niente affatto: si è trattato soltanto di una cena in un’elegante sala ricevimenti, in compagnia di parenti ed amici. Una quarantina di persone, nulla di più.

Gli abitanti di Cinisi sono cambiati, molto. È stata una trasformazione estremamente lenta, non ancora completa, ma di certo in atto al momento. Si pensi al fatto che vent’anni fa l’attenzione di tutti era rivolta al boss, persino quando sedeva al bar per un caffè: adesso questo non accade più.

La sensibilizzazione al problema è aumentata notevolmente, soprattutto nelle scuole. La propaganda antimafia e l’educazione alla legalità hanno preso piede dopo la morte di Falcone e Borsellino, nei primi anni Novanta, e adesso ne beneficia l’intera società. I nuovi trentenni hanno una formazione differente, volta al rispetto ed all’onestà. La battaglia culturale ha dato i suoi frutti: il mito di badalamenti non c’è più.”

E quello di Peppino Impastato?

“No. Le vecchie generazioni stentano ad accettare un personaggio del genere. Impastato non ha combattuto unicamente la mafia, ma un conservatorismo fatto di tabù e silenzi che caratterizzava l’intera società anni Settanta a Cinisi. È stato un eroe impegnato nella lotta alla criminalità, un contestatore deciso a sovvertire un tradizionalismo becero e insensato, ma capire appieno le sue motivazioni non è facile per i più anziani. Il discorso è diverso per le nuove generazioni: fra i giovani è una figura molto ammirata.”

Cosa significa rappresentare lo Stato, la legalità a Cinisi oggi?

“Non si ha alcuna difficoltà sotto questo profilo. Non ho dovuto affrontare problemi diversi da quelli di qualsiasi altro comune: ho subìto intimidazioni, senza dubbio, ma non di matrice mafiosa. Posso dire con certezza di non essermi mai scontrato con la malavita. Se ce ne fosse stato bisogno, lo avrei fatto senza pensarci. Probabilmente anche grazie allo sviluppo di una coscienza civile in paese: non sono il primo sindaco deciso a combattere la mafia, lo era anche il mio predecessore. Per dieci anni si è battuto strenuamente ed io sto raccogliendo la sua eredità.”

 Immagino quindi che lei non sia lontano da Giovanni Impastato…

“Questo è dire poco. Se mi si chiedesse cosa penso sia la mafia, risponderei subito: è una montagna di merda. Non sono stato io a definirla così, la prima volta: sono parole di Peppino ed io non saprei dire di meglio. Ad affermare una cosa del genere è il sindaco di Cinisi adesso, chi è chiamato a rappresentare il paese. Non combatto a fianco di Giovanni, non soltanto: faccio mia la sua quotidiana battaglia.”