Quando il cinema diventa testimonianza e il documentario dà giustizia alla propria natura. Quando il lavoro dietro la macchina da presa trova la sua ragion d’essere nel raccontare analiticamente quanto le è attorno. Quando la rappresentazione è riflessione, emozione. E’ lì che troviamo Giovanna Taviani. Regista, documentarista, saggista e molto altro, ma soprattutto, donna.
Una donna che infrange la visione comune che vede la realizzazione femminile all’interno del canonico nucleo familiare, per difendere la posizione di chi, senza la necessità di portare la fede al dito, raggiunge l’emancipazione personale attraverso il lavoro. Un lavoro che l’ha vista dare i natali al Salina Doc Festival, giunto quest’anno all’ ottava edizione. E ‘dare i natali’ è l’espressione che più si adatta a una donna che, citando le sue parole, considera il Festival come un figlio. Un modo per unire la passione per il proprio lavoro e l’amore per un’isola che le appartiene, e alla quale si sente di appartenere. Nonostante le dimissioni, per la prossima edizione, dal ruolo di presidente dell’iniziativa, l’attività di Giovanna Taviani resterà quella di direttrice artistica, per continuare a sostenere un evento che ha acquisito un’eco internazionale. “Le dimissioni dal ruolo di presidente sono esito di un’eccessiva responsabilità in termini economici, unita a una delusione per la mancata concessione dei finanziamenti. I motivi sono legati al default della Regione e a problemi di tipo formale. Quest’ultima edizione è stata realizzata con sforzi troppo grandi. La stanchezza, non solo fisica, si fa sentire. La prossima edizione sembra stia nascendo all’insegna di una piena collaborazione di Regione, assessorato al turismo, operatori turistici e imprenditori. Aspettiamo novembre per avere maggiori certezze”, dichiara la stessa Taviani. Le intenzioni sembrano quindi promettere bene per un evento che unisce arte, cultura, divertimento e nobili intenti. “Il Salina Doc Festival già da otto anni permette all’isola di far conoscere una parte di sé sconosciuta fino a qualche tempo fa. La manifestazione ha vinto la battaglia che voleva allungare la stagione turistica per far vivere l’isola in un periodo, quello di settembre, lontano dalla caotica realtà dell’agosto eoliano. Attraverso l’arte e la cultura l’isola si apre al mondo, ed è attraverso questo che possiamo sperare in una rinascita, non solo per le isole, ma per tutto il paese”, dichiara la Taviani, che ha dedicato l’ultima edizione del festival proprio all’universo femminile. Uno sguardo multidirezionale al mondo delle donne del Mediterraneo. Un omaggio a quante, come l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, hanno dovuto o voluto lasciare la propria terra per inseguire un obiettivo, un sogno, una passione. Donne che hanno avuto il coraggio di scegliere la propria strada, con consapevolezza e orgoglio.
Una scelta tematica, quella di Giovanna Taviani, coraggiosa e volontariamente polemica. Una polemica non fine a se stessa, ma puntata a suscitare riflessioni, in perfetta sintonia con il proprio essere una donna che ha scelto il documentario come propria arma di comunicazione. Una donna che ha scelto di essere, oltre che donna, regista. Senza rimpianti, ma con l’amara consapevolezza di dover ancora lottare contro la società delle scelte: o la famiglia, o la carriera. In un Occidente che si proclama emisfero della libertà. Una libertà di scelta che non dovrebbe ignorare la possibilità della non-scelta. Ed è proprio questo il punto. Lotte, femminismo, emancipazione. A conti fatti e senza troppi giri di parole, ad oggi, una donna deve scegliere. La non-scelta non è contemplata.
“L’emulazione del modello maschile è ancora oggi una necessità. O si fugge dalla carriera, o dalla famiglia, non c’è scampo. Nel mio caso, la creatività paga. Se sei donna e vuoi lavorare come regista, strada già difficile per un uomo, il rinunciare alla tua parte femminile diventa un dovere. In Italia su cento registi solo 7 sono donne. E la situazione non è diversa a Hollywood. Solo il 2% dei direttori della fotografia è costituito da donne. La domanda è, perché? Quante donne piene di talento hanno rinunciato alle proprie potenzialità, per aver scelto la famiglia? E perché quelle donne che hanno scelto di realizzarsi con il lavoro che amano, vengono guardate quasi con tenerezza perché il lavoro impedisce loro di essere veramente donna?”. Con la voce di chi unisce in maniera splendidamente naturale la femminilità con la propria forza e determinazione, Giovanna Taviani mette in luce come una donna non debba solo affrontare il bivio che divide irrimediabilmente la vita privata da quella professionale. Altro muro è l’opinione comune, e ogni mattone lo sguardo di quanti vedono in una donna single in carriera, l’emblema della solitudine, della mancata affermazione, del non raggiungimento del suo “naturale” obiettivo. Quasi una donna a metà. “Una mina vagante che minaccia l’equilibrio delle coppie. Ben diverso in Germania, dove l’intellettuale donna è single, senza per questo essere al centro di pregiudizi”.
Si dovrebbe quindi dimenticare l’etimologia che vede il termine ‘casa’ (domus) derivare dal termine ‘signora’ (domina). “Vorrei una realtà senza bivi, senza scissioni, senza obbligo di scelta”. Tanti desideri che hanno l’amaro sapore dell’utopia, ma anche una passione per il proprio mestiere che traspare dalle parole di una donna dalla vita povera di rimpianti e ricca di esperienze.
“A chi mi chiede se mi pento di qualcosa, rispondo con un sonoro no! Rifarei esattamente tutto ciò che ho fatto. La mia vita, le mie esperienze, le mie scelte mi hanno portato alla donna che sono oggi. E rispondo anche che una famiglia io ce l’ho. L’ho costruita io. Ho i miei figli: i miei film. La mia casa è il cinema. Quando sono con il mio gruppo di collaboratori, in mezzo alla mia attrezzatura, in sala montaggio, tra i miei lavori, io sono a casa. E’ quella, la mia famiglia.”
Gaia Stella Trischitta