L’ODISSEA RACCONTATA DA CHI ASPETTA

L’ Odissea. L’opera epica per eccellenza. Il viaggio di un uomo che metaforicamente incarna il viaggio di tutti gli uomini. Un ritorno a casa che diviene percorso di formazione e di crescita, il cui obiettivo finale quasi svanisce dietro l’avventura. Cosa accadrebbe se l’intera vicenda non ruotasse più intorno al finora indiscusso protagonista, Ulisse? Se tutta la narrazione fosse non solo incentrata sulla donna la cui attesa è trama e sottofondo insieme, ma fosse raccontata da quella stessa donna? E’ quanto avviene ne ‘I fili di Penelope’, opera teatrale di e con Tiziana Scrocca, regia di Chiara Casarico.

I ruoli si capovolgono. L’intera impalcatura dell’opera omerica viene smontata e ricomposta, in una rilettura in cui il viaggio di Ulisse diventa la trama del racconto ‘tessuto’ da Penelope. Quella tela, prodotta nell’ attesa di un ritorno ormai quasi disatteso, è al contempo trama da tessere e trama da raccontare. E’ Penelope stessa ad essere protagonista, e ancor di più lo è il suo racconto. La donna aspetta, e nel frattempo immagina la storia del ritorno del suo amato. La visione della moglie che passivamente attende il proprio sposo svanisce dietro l’immagine di una donna che ‘tesse’ la storia. La stessa donna che, al ritorno di Ulisse, continua la propria profonda riflessione sulla vita, sulla guerra e sulla morte. A metà tra la popolana e la regina saggia, Penelope mantiene la propria forza, la propria capacità di sfuggire all’orrore dell’esistenza, a dispetto di un Ulisse sconfitto dalla decadenza della storia e dalla terribile inutilità della guerra. Penelope incarna la forza di chi sa aspettare. La perseveranza e l’eterna speranza di chi, nonostante non sia ‘eroe’ per la storia, lo è nella vita.

Noi de ilcarrettinodelleidee abbiamo intervistato Penelope, Tiziana Scrocca.

L’Odissea, un’opera universalmente conosciuta e indissolubilmente legata alla figura di Ulisse. Da dove viene l’idea di capovolgerne la struttura per eleggere Penelope protagonista?

L’Odissea è il viaggio di tutti i viaggi, e ogni viaggio ha un punto di partenza o, come nel caso dell’Odissea, un punto di ritorno, questo punto è segnato da Penelope, il viaggio di Ulisse non avrebbe senso se non ci fosse qualcuno ad aspettarlo. Inoltre la mia scelta di ribaltare il Mito, è stata dettata dal desiderio di sviscerarlo e percorrerlo più in fondo. La narrazione del Mito ci pone sempre di fronte a delle domande e così io ho deciso di porre alcune domande a Penelope.

L’opera di Omero è ricca di personaggi femminili estremamente complessi e diversi tra loro. Nonostante la centralità della figura di Ulisse, le donne dell’Odissea acquisiscono una loro autonomia grazie a una profonda caratterizzazione che le rende in qualche modo protagoniste ognuna del proprio episodio. Come mai ha scelto proprio Penelope?

Ulisse e Penelope sono i due capi del gomitolo, uno parte e l’altra resta, uno torna e l’altra aspetta. Sono necessari entrambi all’Odissea.

Penelope è l’opposto di Ulisse. Lui è impaziente, lei è paziente. Lui inventa l’inganno del cavallo per vincere e portare la morte, lei l’inganno della tela per difendere il suo amore e la sua attesa. Ciò che li accomuna è l’intelligenza e il loro sentimento.

Penelope inoltre rappresenta tutte le donne che restano, che aspettano, che difendono il nucleo di amore e famiglia  ed inoltre è la donna amata da Ulisse, la donna che lui non dimentica mai, nonostante le diverse donne che incontra nel suo viaggio.

La centralità di Ulisse/Odisseo è indiscutibile ed evidente dallo stesso titolo dell’opera di Omero. Un’opera che ruota intorno alle prodezze di un uomo, esaltandone la forza, l’intelligenza, l’astuzia e la determinazione. La scelta di rendere una donna protagonista e narratrice al tempo stesso può essere interpretata come la volontà di sovvertire la classica impalcatura maschilista?

Sì, so che la mia Penelope rompe e mette in discussione l’impostazione del protagonista maschile ma non è una scelta ideologica, nasce dall’amore per il Mito. Il Mito ha mille porte e infinite strade, io ho scelto quella di Penelope. Mi sono chiesta che cosa faceva su quel telaio, cosa tesseva. Tessitura è scrittura, come Aracne che tesse il suo manifesto di accusa contro gli dei. Cosa poteva tessere Penelope su quel mantello? E così ho immaginato che tesseva le storie che giustificano l’assenza di Ulisse.

Inoltre anche di Penelope si dice che sia intelligente, la sua intelligenza viene ripetuta e decantata più volte nel testo, è la sua caratteristica principale, più della bellezza, Penelope la saggia è chiamata, e allora quel filare e sfilare mi è sembrato ancor più misterioso e astuto, non era solo per ingannare i Proci ma anche il tempo .

Inoltre questa idea mi deriva anche dalla differenza di stile tra Odissea e Iliade, il secondo è un poema sulla guerra, raccontato e tramandato dai sopravvissuti della guerra, il primo invece ha uno stile fiabesco, onirico, sembrano favole che le madri hanno inventato per i loro figli per giustificare il non ritorno dei padri e che hanno poi raccolto gli aedi … insomma potrebbe essere il risultato di tante narrazioni inventate da tante “Penelope” che hanno atteso con speranza e fiducia.

Questi due poemi hanno una natura diversa, non solo secondo me, ma anche a detta di tanti esperti e classicisti e anche alcuni ricercatori e archeologi ritengono che sia stata una principessa catenese responsabile della trascrizione dei racconti degli aedi, perché il poema ha un carattere femminile…anche lei quindi una Penelope che difende l’affabulazione di chi ha aspettato.

Il viaggio di Ulisse è al contempo ricerca e cambiamento. Le avventure vissute durante il suo rientro a Itaca trasformano la sua vicenda in un percorso di formazione in cui il protagonista vive un forte cambiamento. Tramite il viaggio Ulisse cresce, si arricchisce. Penelope vive il viaggio tessendo una tela su cui tesse anche una storia. Cosa significa, per Penelope, il viaggio? A cosa la porterà?

Il viaggio la porterà a trovare la forza dentro se stessa, imparerà a resistere, a reinventare ogni giorno una storia e un senso, imparerà attraverso il viaggio a mantenere ossia a tenere per mano il suo Ulisse.

Nonostante il protagonismo di Penelope, la figura di Ulisse è sempre presente. La protagonista incentra tutta la sua vicenda sull’attesa di qualcun altro. Ulisse torna da sopravvissuto. Sconvolto dalla guerra e dall’orrore. Penelope gli narra le sue storie:  “Tu, Ulisse, hai visto l’orrore che è la guerra! Io, ho visto con quanta facilità gli uomini scelgono la guerra, senza più vederlo l’orrore!”. Manifesta una saggezza e una sensibilità che porteranno Ulisse a un’ulteriore consapevolezza? Che ruolo assume Penelope a questo punto?

Il suo ruolo, in quanto donna che dà la vita, è di difendere la vita e di lottare contro tutto ciò che minaccia la vita ossia la guerra, così Penelope incoraggia Ulisse a raccontare l’orrore della guerra, perché non si deve ripetere, e quindi mette in luce l’importanza della testimonianza  e della memoria

La guerra. Anch’essa protagonista. Quanto della quotidianità del 2016 è possibile intravedere nella trama della tela di Penelope?

Il testo ha 10 anni e ci sono sempre state guerre. Ora nel 2016 c’è il pensiero ai naufraghi, moderni Ulisse persi nel mare e non accolti in terra.

Parliamo di Tiziana. Dal 2004 al 2014 è responsabile artistico e regista del laboratorio teatrale integrato con i ragazzi dell’Istituto sordi di Tirana (Albania). Nel 2007 ha realizzato una tournée internazionale per il progetto MAE “Educazione allo sviluppo” per la sensibilizzazione ai temi dell’integrazione, dell’handicap e della cooperazione internazionale. Lavora costantemente negli ospedali come clown-dottore. La sua sensibilità è dunque indiscutibile. Quanto ha aiutato la sua esperienza nella definizione di un personaggio che, tramite le sue storie, realizza una vera e propria riflessione sull’esistenza?

Penelope è nata da queste esperienze, in cui la resistenza era  sempre  la capacità di far vincere la fantasia e trasformare la realtà.

Quanto, di Tiziana, è presente in Penelope?

Molto, c’è quella parte di me che resiste alla delusione e alla bruttura del mondo, quella parte che lotta attraverso l’affabulazione contro il vuoto e l’ignoranza, c’è in Penelope quello che vorrei essere: qualcuno che rimane vivo e difende la vita.

 

I fili di Penelope.

Di e con Tiziana Scrocca

Musiche dal vivo: Roberto Mazzoli

Scenografie: Franca D’ Angelo

Supervisione registica: Chiara Casarico, compagnia Ilnaufragarmèdolce.

 

GS Trischitta