La CISL approfondisce “la città Metropolitana”

CON I PROFESSORI LIMOSANI E GAMBINO: “GUARDARE AL FUTURO E PROGRAMMARE SCELTE STRATEGICHE PER IL TERRITORIO”.

 21 maggio ’14 – Proporre, programmare, condividere. Guardare al futuro. Sala affollata e tanta attenzione ieri sera per l’Esecutivo della Cisl Messina convocato in forma seminariale con ospiti i professori Michele Limosani e Josè Gambino, alla presenza del segretario regionale della Cisl Maurizio Bernava, per approfondire il tema della Città Metropolitana e delle possibile opportunità per Messina e il suo territorio. È stato il segretario generale della Cisl Messina, Tonino Genovese, a introdurre i lavori tracciando il quadro legislativo e approfondendo le differenze tra la normativa regionale e nazionale. “Evidente il disequilibrio tra le due legislazioni – ha evidenziato Genovese –  Sarebbe necessario che la Regione Sicilia riveda le sue posizioni rispetto alla normativa regionale e la allinei a quella nazionale. La Città Metropolitana e Smart Cities rappresentano grandi opportunità per Messina e non si può chiudere la porta in faccia agli altri 51 comuni. Eppure, Lo stato dell’arte registra molta confusione, poca conoscenza, un dibattito a livello di addetti ai lavori e nessun coinvolgimento dei cittadini. Sta pesando l’immobilismo dell’amministrazione comunale di Messina che sembra aspettare gli eventi e non si preoccupa di costruire condizioni che diano gambe alla costituzione della città metropolitana. Una città metropolitana forte – ha sostenuto Genovese – dovrebbe comprendere tutti i 108 comuni che mantengano ognuno la propria identità, anche storica e sociale, ma che guardino a un unico obiettivo, quello dello sviluppo condiviso. Nelle more, comunque, non possiamo immaginare una città metropolitana con meno dei 51 comuni previsti. Il comune di Messina deve essere centro di condivisione, programmando e progettando con gli altri comuni, piani di sviluppo strategici con visioni caratterizzanti l’economia del territorio e le peculiarità sociali in una visione europea e non localistica”.

“Città Metropolitana – ha invece esordito il prof. Michele Limosani – significa nuova competitività, indispendabile per Messina se vuole un ruolo nel Mediterraneo. Ormai non è possibile giocare da soli, altrove lo hanno capito, qui siamo sempre in ritardo. Ci sono numeri che testimoniano il peso delle Città Metropolitane italiane, dove si concentra il 36% del Pil del Paese, c’è il 35% degli occupati, vive il 34% di stranieri, si registra il 75% del consumo energetico della nazione. Lo sviluppo delle regioni passa attraverso le competitività dei territori e le città metropolitane sono importanti per l’economia che mettono in movimento. Non è una somma dei comuni, la Città Metropolitana deve guardare al futuro, guardare a scelte strategiche con servizi di scala”.

Vivere sul e con il territorio. Per il prof. Josè Gambino la Città Metropolitana “non è una scatola vuota e basta poco per accorgersene. Vi è un patrimonio identitario comune tra i 51 Comuni interessati: sono i Monti Peloritani. Il Parco dei Peloritani occupa il 60% del territorio e allora nasce naturale il tema della valorizzazione del verde. E del mare: abbiamo oltre 50 chilometri di waterfront che non è quello della città di Messina ma quello che va da Giardini a Barcellona. Messina – ha sottolineato – nei secoli scorsi viveva di mare, ora non si accorge di averlo e si è chiusa in se stessa”.

Ha parlato, invece, di crisi etica Maurizio Bernava: “Messina – ha detto il segretario regionale della Cisl – vive il fallimento di chi ha abbandonato il campo. Il lavoro non si ottiene per legge, si crea economia che si creano buone condizioni. La Città Metropolitana deve essere la ‘piattaforma per lo sviluppo’, da qui passa il futuro e il processo per creare ricchezza e sviluppo. A Messina non si produce ricchezza. Bisogna programmare e farlo in fretta per essere competitivi, serve una classe dirigente nuova che si spenda per la città, per il territorio. È indispensabile avviare immediatamente relazioni con la vicina Calabria altrimenti il rischio è di essere fagocitati e marginalizzati”.