La lezione di Accorinti

«Renato, insegnaci a fare la politica». Il grido d’appello, come ci si poteva aspettare dopo la clamorosa elezione di Renato Accorinti a sindaco di Messina, arriva circa una settimana dopo la proclamazione.

A lanciarlo è la Basilicata, che il 17 e 18 novembre prossimo sarà chiamata a eleggere il suo presidente della Regione. “Un’altra Basilicata è possibile” è il motto che una «coalizione ampia di interessi» – come si definiscono i suoi membri stessi – si è data per proporsi come alternativa al centro-sinistra locale.

L’incontro tra Accorinti e il promotore dell’esperienza lucana, Gianni Fabbris, è avvenuto online via Skype, tra un impegno e l’altro del neo sindaco, che ha promesso però di andare presto a conoscere di presenza gli amici di Potenza.

Il fascino del pacifista con indosso la maglietta “No al ponte” contro la mastodontica opera progettata per unire Calabria e Sicilia, conquistatore con il suo movimento “Cambiamo Messina dal basso” della città dello Stretto, vincitore «a mani nude contro una portaerei carica di testate nucleari», ha colpito tutta Italia.

Tutti, oggi, concordano nel dire che il “modello Messina” può essere l’alternativa a un centro-sinistra sempre più distante dalla gente e dalla sinistra radicale. Ma, nel tentativo di imitarlo, sono infinite le possibilità di errore. Il movimento di Accorinti, infatti, è diverso da ogni esperimento politico tentato fino a oggi. Si colloca indubbiamente nell’arco della sinistra – a Messina ha raccolto i consensi della base di Sinistra ecologia e libertà, dei Verdi e degli “orfani della sinistra” – ma, pur unendo diverse anime, è cosa ben diversa dalla coalizione dell’Ulivo di Romano Prodi. È antisistema, Renato stesso si è più volte definito un anarchico e l’intero movimento contrasta la politica ricca e lontana dai bisogni della gente, ma è molto diverso dalla durezza delle battaglie contro la “casta” del Movimento 5 Stelle.

E poi c’è il fattore Renato. Per quanto lui rimarchi ad ogni occasione che il vero miracolo è stato la massiccia partecipazione dei messinesi, finalmente svegliatisi dal disamoramento che li aveva tenuti lontani dalla “cosa pubblica” e diventati parte attiva del movimento, non si può prescindere dalla sua figura per capire realmente cosa è accaduto.

Lui, professore di scuola media di educazione fisica e attivista in mille battaglie che lo hanno reso noto e amato – ma soprattutto rispettato anche da chi non condivide le sue idee – è il collante che tiene unite così tante persone diverse l’una dall’altra.

Renato è quello che la sinistra italiana dice di voler trovare da molto tempo: un leader carismatico. Solo, a differenza dei classici uomini di partito, Renato è un capopopolo sui generis: democratico, innamorato della sua gente, della città per cui si è battuto in quarant’anni di vita, convinto – come solo un uomo in pace con se stesso può esserlo – che Messina si può risollevare grazie al piccolo contributo di ciascuno di noi. Come ama ripetere, la politica è un mosaico: ognuno mette il suo tassello, non importa quanto sia grande, per realizzare il quadro.

L’Italia che prende lezioni di politica da Renato Accorinti e da “Cambiamo Messina dal basso” ha capito qual è la lezione di Messina?