“La mafia è fatta di uomini, non di superuomini, io vedo il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto quindi Annamaura è una vittima della mafia anzi una vittima criminale e la stessa mafia è vittima di Annamaura che con la sua azione ci ha permesso di catturare mandanti ed esecutori”.
“La mafia è fatta di uomini non di superuomini”. Questo è il messaggio di Annamaura, il film diretto da Salvatore Grasso. La pellicola, è il frutto di tre anni di elaborazione e ha il merito di portare lo spettatore, verso i luoghi più belli di Messina, tra un trascolorare di emozioni, colori e suoni, e in una trama che si dipana avvincente. Il personaggio principale rappresenta la Sicilia fiera, quella desiderosa di riscatto e pronta a tutto pur di far trionfare l’idea di giustizia. Il film è impregnato di grandi momenti di suspense, azioni spettacolari e interpretazioni eccellenti. La visione cinematografica, non è azzardato dirlo, racchiude in sé due atti, scanditi da un climax ascendente: nella prima parte dominano i toni noir, polizieschi e grotteschi, nella seconda parte, imperano i momenti di riflessione, dettati talvolta, anche dalle immagini sanguinarie, che portano lo spettatore a identificarsi con il personaggio, nel suo cammino di autoriscatto. Ottima interpretazione di Paolo Inglese, tra gli attori esordienti, che ha saputo incarnare sapientemente le vesti del cattivo. Magistrale l’interpretazione di Mario Donatone, che ha regalato al pubblico, momenti di grande professionalità cinematografica, senza l’ausilio di dialoghi, ma armato dei “soli” elementi mimici e prossemici Un discorso a parte merita Mario Opinato, che ha occupato la scena intraprendendo un dialogo con le forze dello Stato, interpretando un altro personaggio, voglioso di affrancamento e scopritore dei valori della lealtà e dell’onore. Sul piano tecnico il montaggio ha accordato la pellicola, in modo da attirare l’attenzione, rendendo il ritmo incalzante e serrato. Le scenografie sono naturali e si contrappongono a quello stile artificioso tipico degli studios che riproduce città di cartapesta. Insomma, il film, restituisce il volto di Messina, le sue bellezze, e con esse il volto nostalgico e malinconico di chi ogni giorno lotta contro il malaffare e il sopruso. Vince la giustizia, l’ideale dello Stato libero e la fiducia nelle istituzioni. Della visione cinematografica, resta anche la grande prova di Salvo Grasso, che ha sfidato il clima di apatia che regna sovrano a Messina, che relega la cultura, tra le cose su cui non investire. Questa ovviamente è anche la sfida della cinematografia indipendente, che vuole essere accolta dal pubblico in sala.