La prima donna in Sicilia che indossò una divisa

A quante donne “in divisa” la toponomastica dedica strade? A poche, per molte ragioni: sono entrate tardi e con molte difficoltà in questo mondo professionale molto maschile, sono poche ancor oggi e non ricoprono le cariche più alte. Ricordiamo per tutte la giovane Emanuela Loi, della scorta del giudice Borsellino, alla quale sono intitolate strade, soprattutto nel palermitano, a memoria del sacrificio in nome della giustizia e del diritto.

Rosa Perupato  racconta il suo incontro con   Maria Teresa Blanco Spina, “prima donna in Sicilia ad indossare una divisa” . Con la sua    intervista , Rosa “ringrazia”  una donna che ha avuto il coraggio di “osare” e l’ha fatto   con dignità ed onestà. Di tutto questo la città di Vittoria le è grata.

-Che cosa l’ha spinta a partecipare al concorso per accedere alla Polizia Municipale della sua città, nel lontano maggio 1974?

-Forse il fascino della divisa e la mia giovane età: avevo 24 anni.

– Ha incontrato resistenze in seno alla sua famiglia?

– Da parte dei miei genitori, no, da parte di mio marito, sì. Infatti mi sono preparata di nascosto. Pensi che studiavo, la sera tardi: dopo aver messo a letto mio figlio, (aveva un anno), approfittando del lavoro di mio marito che lo costringeva ad orari notturni, aprivo i libri e così lui non si accorgeva di nulla.

– E quando l’ha saputo, come l’ha presa?

– Malissimo. Gliel’ho detto soltanto la sera prima e c’è stata una bella scenata!

– Hanno partecipato altre donne, a quel concorso?

– Nessuna, anche se allora  occorrevano soltanto la licenza della scuola media inferiore , l’altezza e la patente. Ma non erano tante le donne con la patente! Io avevo tutti questi requisiti ed in più il diploma di maturità magistrale.

-Quali difficoltà ha incontrato dovendo svolgere un lavoro prettamente maschile ed in compagnia di soli uomini?

– Innanzitutto le critiche della gente. Vivendo in un paese di provincia del profondo Sud, non era usuale vedere una giovane donna, sposata e madre di un bambino, girare in macchina in compagnia di uomini sempre diversi, a seconda del turno. E le chiacchiere sono state tante…Basti pensare che c’erano 99 uomini ed 1 sola donna! Per fortuna che ho avuto sempre vicino la mia famiglia, compreso mio marito che poi ha accettato il mio lavoro, visto anche l’entusiasmo che ci mettevo.

-Cosa ricorda di quegli anni?

-Le esperienze sono state tante, ad esempio, fino al 1982, non esistevano donne in nessun’altra forza dell’ordine e quindi anche loro si sono serviti della mia figura, quando c’era la necessità di dover perquisire una donna… Oppure il mio impegno a livello sindacale, come presidente dell’UDOPLI ( unione donne polizia italiana), per risolvere le problematiche femminili, sorte con l’ingresso delle donne in polizia e che riguardavano: l’astensione dal lavoro dopo il parto, l’allattamento…

-Se non erro,  è andata in pensione con il titolo di capitano.

– Sì, esatto. Dopo 10 anni che ero in servizio ho partecipato al concorso interno per ufficiale, l’ho vinto ed ho ottenuto il grado di capitano e con questo grado ho cercato di operare sempre per il bene della mia città a fianco delle tante colleghe, che nel frattempo sono sopraggiunte, forse incoraggiate dal mio esempio.

– Rimpiange qualcosa? Rifarebbe la stessa scelta?

– Forse rimpiango il mio lavoro che adoravo, per il resto, rifarei le stesse scelte, poichè non mi sono mai pentita. Pensi che mi sono anche laureata, in scienze del turismo, ma solo per cultura personale. Nella vita ho voluto essere   un vigile urbano, una viglile.

Rosa Perupato