Siria- dal greco Syrios, secondo alcuni deriva dal termine syrius, “splendente”. Sirio è infatti la stella dallo scintillio vivacissimo e dallo splendido colore bianco, la più brillante della volta celeste. E’ cosi che appariva fino a marzo 2011 il paese “più tollerante del mondo arabo”, ricco di storia e cultura, un paese la cui emancipazione è stata minata dalla rivolta popolare contro il regime del Presidente Bashar al Assad. Quest’ultimo, eletto tramite referendum fa parte della minoranza degli alauiti, ovvero del 20% della popolazione siriana. Essa governa il Paese dal 1970 controllando i servizi di sicurezza siriani, cosi da generare un profondo risentimento tra i musulmani sunniti e la minoranza curda che comprende circa un altro 10% della popolazione e rappresenta una minoranza etnica, non religiosa, concentrata al confine con la Turchia e l’Iraq. Il Governo combatte questa rivoluzione accusandola di voler instaurare uno stato islamico radicale fatto da terroristi mentre il popolo ancora non è apertamente schierato a differenza di Egitto e Tunisia dove sono stati cacciati i “dittatori”. E’ proprio del popolo che parleremo oggi . Il conflitto sta avendo gravi conseguenze sull’economia, sulla sanità, sull’istruzione, sull’emancipazione delle donne e dei bambini. Fabbriche, scuole, ospedali sono stati danneggiati o chiusi. Pratiche ricorrenti sono divenute addirittura l’arresto, la tortura o l’uccisione di medici per la loro attività di assistenza alle vittime. “Possedere farmaci o sangue è considerato come trasportare armi,” anche le strutture igienico-sanitarie sono al collasso. Ad Aleppo non viene più raccolta l’immondizia e gran parte della città è infestata dai ratti. I rifugiati che riversano le loro speranze nei paesi vicini sono addirittura considerati un fallimento internazionale per Amnesty International – l’organizzazione ha evidenziato come gli stati membri dell’Unione europea abbiano dato disponibilità ad accogliere 12.000 dei rifugiati siriani più vulnerabili, pari allo 0,5% dei 2.300.000 siriani che hanno lasciato il paese.
Donne e bambini sono quotidianamente sotto assedio. Manca cibo, acqua potabile, servizi igienico sanitari ed energia elettrica in molte parti del paese. Si calcola che i morti siano circa 60 mila, mentre per i feriti si parla di decine di migliaia di persone senza contare sequestri, detenzioni prolungate e sparizioni. Le donne vengono continuamente stuprate, e dato che lo stupro viene percepito come un “disonore” per la vittima e i suoi cari, raramente viene denunciato. Addirittura per “proteggere” le proprie figlie o per “salvaguardare il loro onore”, molti genitori le spingono a contrarre matrimoni precoci.
Ma chi pensa a queste persone indifese? Chi pensa alla fetta più numerosa del Paese, quella che non può far nulla, che non ha colpe se non trovarsi nel luogo sbagliato nel momento sbagliato. Bisognerebbe incrementare l’aiuto umanitario. Per farlo è dunque necessario che i donatori internazionali riconoscano al più presto la gravità della crisi e rispondano all’appello delle Nazioni Unite. Serve maggiore informazione per poter adottare un piano strategico contro la violenza su donne e bambini . Cosa fa l’Italia per aiutare queste popolazioni indifese? Cosa facciamo noi? La nostra intervistata Elisa Fangareggi, attraverso la sua associazione “Time4Life” si occupa proprio di quella parte della società che sembra nascosta e muta, ma è la parte più importante- è il futuro della nazione. Recente la notizia dell’ospedale fondato dall’associazione preso dagli estremisti. Il numero delle vittime è ancora impossibile da verificare – tra di loro ci sarebbero donne e bambini. E’ giusto parlarne, è giusto sapere- Lei lo fa girando per le scuole e istruendo le persone ad aiutare le popolazioni in guerra, chiunque può – perché come diceva Dietrich Bonhoeffer:
“Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini”
’associazione Time4Life nasce da una storia di amicizia. Quella tra te-Elisa Fangareggi, 32 anni, avvocato di Modena e mamma di tre bambine, e Firas, un giovane fuggito con la sua famiglia da Aleppo, in Siria, nel marzo del 2011. Spiegaci in che cosa consiste la tua attività in Siria
-In Siria distribuiamo i beni raccolti dai volontari sparsi in tutto il territorio nazionale oltre a quelli che, grazie a tutte le donazioni che riceviamo, acquistiamo in Turchia, risparmiando in tal modo danaro altrimenti destinato alle ingenti spese di spedizione o a sgradevoli blocchi che possono incorrere in dogana. Ci occupiamo che tutti i bambini ricevano, senza distinzioni, i nostri aiuti, controlliamo il loro stato di salute e li seguiamo uno per uno. E’ bellissimo perché si è creato un rapporto diretto; loro mi conoscono e io ricordo tutti i loro nomi e i loro visi. Ogni volta che ritorno li cerco, sperando di trovarli in salute e sereni.
Quali sono gli obiettivi principali dell’associazione?
L’associazione è nata con l’obiettivo di raccogliere donazioni di denaro, cibo, medicinali, abiti e beni di prima necessità da destinare alle popolazioni colpite dalla guerra in Siria e, in particolare, alle categorie più deboli e bisognose, i bambini.
Nonché di intraprendere le azioni necessarie a fornire un concreto aiuto a tutte le categorie di persone che, per ragioni indipendenti dalla loro volontà, si trovano in una situazione socio-economica svantaggiata. Per farlo, organizziamo attività di sensibilizzazione su tutto il territorio italiano: eventi, cene e manifestazioni di pubblico interesse.
Le donne in Siria non sono più libere di lavorare, per cui stanno sorgendo gruppi femminili armati in quanto non vogliono perdere il livello di emancipazione. L’Italia come si sta comportando riguardo a questo dramma?
In Italia c’è poca informazione e i media tendono a omettere vari aspetti della situazione; per questo motivo tengo molti incontri nelle scuole di primo e secondo livello, in tutto il nostro Paese.
L’allarmante dato che arriva da un rapporto dell’Oxford Research di Londra afferma che sono oltre 11 mila i bambini morti in Siria dall’inizio del conflitto. Cosa ha fatto e farà, la vostra associazione, per contrastare questa tragedia umanitaria?
-La nostra associazione continuerà a lavorare sodo per salvare ogni singola vita in cui si imbatte. Continueremo a raccogliere, e ad acquistare con le donazioni, beni di prima necessità, cibo, coperte, sacchi a pelo e carbone per aiutare i bambini siriani e le loro famiglie a far fronte dignitosamente all’inverno ed anche oltre. Continueremo ad occuparci di loro come fossero nostri fratelli e a capire, man mano, quali sono le loro necessità. Riguardo la guerra interna, purtroppo, noi possiamo fare ben poco se non informare il nostro Paese
La vostra associazione si muove in contatto con altre organizzazioni nazionali e internazionali che operano nei diversi ambiti di aiuto umanitario?
-Sì, tra le nostre collaborazioni: Arenbì onlus, La scuola di Pace, Una mano per un sorriso – for children onlus ed altre organizzazioni con cui cooperiamo per lo stesso fine.
Che contributo possono dare le persone pronte a dare una mano alla vostra associazione?
– Possono raccogliere materiale, possono fare donazioni ma anche aggiungersi nella nostre missioni mensili.
“Come sapete operiamo in un paese in guerra e gli imprevisti sono da mettere in preventivo. Il nostro ospedale è stato preso dagli estremisti islamici e le mamme non potranno più usufruire della struttura. Stanno combattendo al momento e possiamo solo sperare che venga liberato presto. Ci addolora darvi questa notizia ma per ora non ci resta che congelare questo progetto. Non è una battaglia persa, perché continuiamo nella nostra caparbietà a voler cambiare le cose… ma nella trasparenza e nel rispetto di chi crede in noi e ci ha creduto finora. Chi aspettava il “suo bimbo” è già stato avvertito in privato, ed ora lo comunichiamo a tutti voi. Ma abbiamo un nuovo progetto in serbo, una piccola sorpresa di Natale, perché Chi salva una vita salva il mondo intero”… Questo è il comunicato stampa che purtroppo abbiamo letto sulla pagina fb della tua associazione. Ci spieghi meglio l’accaduto?
Come ho già dichiarato nel comunicato stampa il nostro ospedale è stato preso dagli estremisti; non potendo più salvaguardare l’incolumità delle future mamme e del personale, tantomeno l’uso trasparente del danaro ricevuto dai donatori, abbiamo deciso di sospendere temporaneamente il progetto
In Siria, all’interno di una stessa famiglia, un figlio lotta per l’esercito di Bashar al-Assad e un altro combatte per l’Esercito Siriano Libero (ESL)- come lotta una madre siriana per attutire queste divergenze?
-Una madre continuerebbe ad amare i propri figli ma, a causa dell’orientamento della famiglia si troverebbe probabilmente costretta a recidere “formalmente” i rapporti con uno dei due. Ma questa è solo un’ipotesi; come si sa ognuno, essendo diverso dall’altro, potrebbe reagire in modo differente
Raccontaci quali sono le impressioni da mamma dell’aria respirata giornalmente fra Damasco e Aleppo
-Le mie impressioni, da mamma, sono essenzialmente di dolore, dolore per quei piccoli feriti dentro e fuori a causa di una guerra spietata. Tutta quella sofferenza che vedo nei loro occhi, però, mi esorta a fare sempre di più.
I media italiani scrivono o parlano dei Paesi arabi solo nel caso di attentati, episodi di violenza sulle donne e sui bambini, ma poi se ne dimenticano. Come te lo spieghi?
-E’ triste pensarlo ma, talvolta, è più facile occuparsi della realtà del proprio Paese perché è quella più vicina, quella di cui si è partecipi e le cui conseguenze si avvertono come proprie
Hai mai pensato di mollare?
-I momenti di sconforto capitano a tutti. Siamo umani. Ma vedere la gioia che trapela dagli occhi di quei bambini mi dà ogni volta la forza di continuare.
Cosa diresti a chi, come te vorrebbe intraprendere questa strada?
-Di avere tanta forza e tanta buona volontà, che ogni vita salvata è una luce di speranza che illumina sempre più questo mondo, che chi salva anche una sola vita è come se salvasse il mondo intero.
Cosa diresti ai nostri lettori?
– Chiederei loro di informarsi, di provare a simpatizzare con il dolore che affligge i siriani in questo momento così drammatico, quindi di aiutarci ad aiutarli, ognuno con i mezzi e le possibilità che possiede.
Ringraziamo Elisa Fangareggi e la sua associazione sperando che non molli mai e che ci siano sempre persone pronte a dare il meglio di sé per aiutare gli altri.