La situazione delle comunità migranti resta disperata

Roma, 19 Gennaio 2010. La prima sezione civile della Corte di Cassazione accoglie il ricorso contro l’espulsione di uno straniero sprovvisto di permesso di soggiorno, chiedendo di poter restare accanto ai due figli minorenni. L’allontanamento del genitore viene sospeso poiché “Non c’è dubbio che per un minore, specie se in tenerissima età, subire l’allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisca un sicuro danno, che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico armonico e compiuto”, specifica la sentenza 823, dopo aver constatato l’assenza di strumentalizzazione dell’interesse del minore per l’interesse dello straniero irregolare.

Roma, 10 Marzo 2010. La prima sezione civile della Corte di Cassazione respinge un ricorso analogo poiché l’allontanamento del padre, un uomo di origini albanesi residente a Busto Arsizio, in provincia di Varese, non corrisponde ad una situazione d’emergenza, considerando la frequenza scolastica dei figli come una situazione di “tendenziale stabilità”. La Cassazione spiega che, considerare questi casi come emergenze, porterebbe a una strumentalizzazione dell’infanzia nel tentativo di legittimare l’inserimento e la permanenza di famiglie straniere.

Stesso ricorso, decisioni opposte. Cos’ha spinto i giudici a cambiare completamente l’orientamento in poco meno di due mesi? La prima sentenza, secondo la Corte, annullerebbe completamente l’impianto normativo dell’attuale legge sull’immigrazione a favore della “sola” salvaguardia delle esigenze del minore: la tutela della legalità alle frontiere prevale sui diritti del bambino. Le critiche al sistema italiano non si sono fatte attendere, prima tra tutti quella di Navi Pillay, Alto Commissario ONU per i diritti umani, che denuncia le politiche italiane a sfavore degli immigrati, violanti le norme internazionali firmate anche dal nostro paese. Inoltre, contemporaneamente, nell’ultima sentenza della Cassazione non vengono rispettati due commi dello stesso articolo. Nell’art.24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europe, al comma 2 viene esplicitamente detto che “In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”. Il comma 3, recita: “Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”. L’interesse del bambino sta nel possesso di un documento o nell’avere accanto il proprio padre? Ma le critiche piovono da ogni parte. C’è chi ritiene disumane le scelte del tribunale, chi ritiene giusta la scelta puntando il dito contro la strumentalizzazione dell’infanzia per ottenere la legittima ammissione nel nostro stato, e chi, ponendosi a metà tra le due fazioni, pensa che la decisione sia da prendere “caso per caso”, a seconda delle condizioni familiari dello straniero e del bambino.
La situazione delle comunità migranti resta disperata. Le scelte contrastanti dei giudici confondono un quadro normativo, già di per sé complicato, in cui gli stranieri devono “battersi” tra decreti, leggi e pacchetti sicurezza. Entrare in Italia per soggiornare regolarmente, è diventato praticamente impossibile. Innanzitutto l’ingresso nel nostro paese è regolato dal Decreto Flussi, in base al Testo Unico, che stabilisce annualmente il numero di stranieri non comunitari ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale. Viene fissata una quota massima di lavoratori che viene divisa per nazionalità. Il sistema, però, non è così semplice come sembra: se da un lato è lo straniero che deve inviare la domanda di assunzione, dall’altro la palla passa al datore di lavoro, che dovrà richiedere alla Prefettura l’assunzione di uno straniero ancora residente all’estero. Quest’ultima frase merita di essere analizzata: quante probabilità ci sono che un datore di lavoro, che sia il direttore di un’azienda o un capofamiglia in cerca di una domestica, scelga di assumere una persona di cui non ha alcuna informazione e che non ha mai visto? Allo stesso tempo, uno straniero irregolare non può utilizzare il decreto flussi per regolarizzarsi, essendo rivolto ai residenti all’estero. Inoltre dal 2007 ad oggi, non si accettano nuove domande d’assunzione perché vengono “smaltite” quelle pervenute in quell’anno. Insomma: entrare è difficile, regolarizzarsi sembra impossibile. Un irregolare non ha alcun modo di richiedere un permesso di soggiorno o un visto senza rischiare la denuncia e l’espulsione, in base alle norme approvate nel Pacchetto Sicurezza, nel 2009. Se uno straniero viene trovato sprovvisto di permesso di soggiorno gli viene subito disposta l’espulsione a cui segue un ordine di trattenimento che ne stabilisce la permanenza in un CPT, Centro di permanenza temporanea, ora chiamati CIE, Centro di identificazione ed espulsione. Il soggiorno in questi centri, è praticamente una detenzione, in attesa che venga portato a termine il rimpatrio. In alternativa all’ordine di trattenimento, lo straniero viene “invitato” a lasciare l’Italia entro cinque giorni. Se questo non avviene, scatta la sanzione e la reclusione fino a 4 anni. Per questo motivo, qualsiasi cosa, anche recarsi in ospedale per curarsi, è un rischio che molti stranieri non possono correre. Se da un lato le cure mediche sono garantite anche agli stranieri irregolari, senza l’obbligo di verbalizzare l’assenza del permesso da parte della struttura ospedaliera, dall’altro un medico, un inserviente o chiunque altro, può scegliere di propria iniziativa di segnalarlo. Rischi di questo tipo sono a decine. Una delle situazioni peggiori, da questo punto di vista, è quella che devono affrontare gli stranieri irregolari alla nascita di un figlio. Denunciarne la nascita significa rischiare la denuncia, e quindi l’espulsione, sia per i padri che per le madri, dopo sei mesi dalla nascita. I bambini, così, restano figli di nessuno: non riconosciuti dai genitori e senza nazionalità, appena fuori dall’ospedale diventeranno “invisibili”.
In una situazione già insostenibile, qual è il risultato della confusione generata dal sistema normativa e, soprattutto, dalle sentenze contrastanti di un tribunale che dovrebbe fare chiarezza, invece di complicare maggiormente le cose?