La frase è dell’Avv. Giorgio Carta, difensore del maresciallo dei carabinieri Saverio Masi, noto per essere il caposcorta “del PM di Palermo Nino di Matteo, il magistrato più a rischio di attentati del momento”, ma soprattutto per aver denunciato in modo circostanziato la storia della mancata cattura di Bernardo Provenzano prima e di Matteo Messina Denaro poi. Secondo quanto esposto nella denuncia, il sottufficiale sarebbe stato bloccato nelle indagini e sottoposto a forti pressioni ed a continui cambi di incarico al fine di abbandonare la caccia dei boss latitanti
Le valutazioni dell’Avv. Carta nascono dalla constatazione che i testimoni nei vari processi di Mafia instaurati nella Procura di Palermo (quello per la Trattativa Stato-Mafia, quello contro il Generale Mori ecc.) per un motivo o per un altro, diventano a loro volta imputati in altri procedimenti penali dove si trovano e non solo metaforicamente dall’altra parte delle sbarre. E mentre per Massimo Ciancimino, almeno teoricamente e salvo sentenze di assoluzione, è ipotizzabile un qualche interesse a salvaguardare il presunto tesoretto del padre Vito Ciancimino, per il Maresciallo dei Carabinieri Salvatore Masi, per il Luogotenente dei Carabinieri Salvatore Fiducia e per il Colonnello dei Carabinieri Michele Riggio quest’automatismo testimone-imputato acquista un nuovo significato
Ovviamente ogni vicenda ha i suoi lati scuri e ognuna delle storie personali che riguardano questi tre alti ufficiali dell’Arma sono differenti tra loro e pertanto devono essere lette cum grano salis. Solo in questo modo possiamo precisare i contorni di una vicenda che dura da oltre vent’anni – la trattativa tra Stato e Mafia. All’interno di questo quadro più ampio troviamo da una parte la storia del Colonnello Riggio, grande accusatore del Gen. Mori che a sua volta aveva già accusato Riggio di spaccio di stupefacenti, quella di Salvatore Fiducia che vicino alla pensione presenta un esposto alla Guardia di Finanza, quasi che non si fidasse dei suoi stessi colleghi e quella di Salvatore Masi che oggi rischia il posto di lavoro per 106 euro di multa. Dall’altra parte vi sono i nomi di Provenzano, Dell’Utri, di Mannino, di Falcone, di Borsellino e tanti altri nomi che in questi vent’anni hanno tormentato nel bene e nel male le nostre coscienze.
Fin dai tempi del Corvo, la Procura di Palermo ha sempre dimostrato una doppia anima, un doppio sentire che oscilla tra l’inconfessabile volontà d’insabbiare e quella di far emergere la verità, tra depistaggi e carrierismi individuali. E’ chiaro che a queste tensioni non sono sfuggite neanche le forze dell’ordine, che sotto la direzione dei vari PM a cui sono assegnati i vari procedimenti panali sono le uniche titolate a svolgere le indagini.
Ed in questo contesto, il processo per tentata truffa, falso ideologico e materiale intentato contro il Maresciallo Salvatore Masi pare proprio essere frutto di una lotta intestina all’interno dell’Arma dei Carabinieri. L’ipotesi di reato nascerebbe dall’aver falsificato un atto del proprio ufficio per indurre in errore la Polizia stradale e per farsi annullare una contravvenzione. In altri termini, contestatagli dalla Polizia Stradale
un’infrazione al codice della strada, avrebbe dichiarato di essere in servizio ed avrebbe “falsificato “ la firma di un suo superiore.
Non potevamo non sentire l’Avv. Giorgio Carta, sia perché i Carabinieri dell’Arma non possono rilasciare interviste ai giornalisti senza l’autorizzazione del Comandane Generale dell’Arma dei Carabinieri e sia per capire meglio come una multa al codice della strada possa causare addirittura la perdita del posto di lavoro.
Allora, Avvocato, questo sottoufficiale dei carabinieri ieri ha avuto un processo per una multa?
Fondamentalmente si, perché secondo l’accusa avrebbe falsificato l’atto con il quale attestava di essere in servizio e con questi raggiri avrebbe tentato d’indurre l’amministrazione in errore per non pagare la multa.
Mentre il falso sarebbe nella dichiarazione o è un falso materiale?
Sarebbe materiale e ideologico ma… è una stupidità il tutto. Comunque i giudici di primo grado dicono che lui ha dichiarato il falso perché non era in servizio ma nella stessa sentenza dicono che era in servizio, quindi una follia totale e questo sarebbe il falso ideologico. Invece, per il falso materiale lo accusano di aver falsificato la firma di qualcuno mentre è appurato che è una firma propria. E’ un processo folle, a dir poco folle, purtroppo …
Ma c’è un retro pensiero, lei pensa che…?
Molto più che un retro pensiero, la complicazione vera è che poiché ieri abbiamo portato delle prove nuove e sono state tutte quante respinte per un problema dovuto alla difesa in primo grado fatta da altri (legali), che hanno deciso di avvalersi del giudizio abbreviato che si basa sugli atti della procura. (n.d.a. In atri termini non si entra nel processo penale ma si decide sugli atti della procura e per questo lo Stato riconosce uno sconto di pena). Gli avvocati del tempo hanno deciso per il giudizio abbreviato, una follia totale perché la Procura ha fatto le indagini solo contro di lui e non a suo favore ed infatti ieri ci hanno rigettato tutte le prove dicendo: avete usato quel rito, avete rinunciato a tutte le prove…io sono entrato in questo processo addirittura dopo quello (l’avvocato) che ha scritto l’atto d’appello e già allora si poteva dimostrare che le forze di polizia, a quell’epoca, usavano tranquillamente le macchine private ed invece non è stato fatto. Guardi è un disastro. Per fortuna abbiamo, invece, denunciato per falsa testimonianza i due ufficiali che furono sentiti in primo grado.
Quindi c’è quest’aggancio?
Certo, se il processo va a buon fine, una volta condannati i due ufficiali per falsa testimonianza possiamo chiedere la revisione di questo processo ponendo l’accento su quelle testimonianze che saranno dichiarate false ecc. ecc. comunque è un processo molto lungo.
E quindi il suo assistito rischia il posto di lavoro?
Sostanzialmente rischia solo quello, perché l’eventuale condanna, trattandosi di un incensurato, è di 8 mesi con pena sospesa. Questo dal punto di vista personale, dal punto di vista generale e da ex sottoufficiale dei Carabinieri ( l’Avvocato Carta prima di esercitare la professione era anch’esso un Carabinieri) le posso assicurare che il terrore dei Carabinieri è tale che punirne uno è come educarne cento. Quindi punire Masi è come educarne 112 mila.
Lui era interessato come testimone in procedimenti …
No, lui è denunciate dei superiori che gli impedirono, a suo dire, di catturare Provenzano, è testimone nei processi conto Mori, è testimone nel processo sulla trattativa Stato Mafia ed anche il caposcorta del Magistrato più in pericolo d’Italia…
Ora avvocato le faccio una domanda cattiva. Pensa che ci sia un punto interrogativo anche nell’atteggiamento della Procura o è soltanto una resistenza nell’Arma dei Carabinieri?
Allora, guardi, secondo me in ogni Ente alla fine si sviluppa una guerra tra bande. Quindi è ovvio ed è risaputo, non l’ho inventato io…nella Procura non c’è una sola anima, quindi ci sono varie tipologie…varie scuole di pensiero che portano a dei risultati anche contraddittori. Del resto abbiamo i testimoni chiave dei processi che sono a loro volta anche imputati. Pensi a Ciancimino, pensi a Michele Riggio che prima denuncia anche lui che gli hanno impedito di catturare Provenzano e poi, chi sa perché cade in disgrazia. Diciamo che questo dualismo, imputato-accusatore, a Palermo deve essere una costante e questo ovviamente si spiega con scuole di pensiero diverse.
Ma perché le chiama scuole di pensiero?
Perché è il massimo che posso dire, specie a Lei che mi sta registrando. E poi anche quelle cose che Masi ha denunciato erano state denunciate prima, le abbiamo ridenunciate adesso. Quindi vuol dire che qualcuno prima non le ha approfondite.
Ma abbiamo una figura come tanti anni fa ? Tipo quella del Corvo. Una mente pensante o è un atteggiamento “istituzionale”, come diceva lei prima?
A questo punto, per uno strano gioco psicologico la figura dell’Avvocato e del suo assistito si uniscono e sembra di sentire la voce del Masi che risponde in prima persona.
Dottore, io volo basso. Io mi sto occupando di cose molto concrete, perché gli storici e le grandi menti mi dicono che sopra Masi, Fiducia e gli altri Carabinieri c’è un grosso complesso, una trattativa così…io ho fatto una denuncia molto, molto bassa, ho detto: quel giorno ero al casolare lì, mi avete impedito d’arrestarlo e cinque anni dopo la Polizia lo arresta proprio lì. Cioè io volo basso, io ho denunciato Capitani, Maggiori e Colonnelli. Alla fine non ho denunciato i Presidenti o i Comandanti Generali dell’Arma. Io volo basso, poi sarà qualcuno che conosce anche gli altri fatti a metterli in collegamento. Quindi… insomma, io faccio la mia particina e mi assumo una certa dose di rischio a fare questa mia particina. Poi i collegamenti più grandi non stanno a me. Di sicuro da ex ufficiale dell’Arma mia pare strano che un Capitano, un Maggiore e un Colonnello possano impedire l’arresto di un latitante di quel calibro per propria iniziativa personale, mi parrebbe un po’ strano, ecco.
Pietro Giunta