di Claudio Cordova
Non è molto, ma può essere una traccia da seguire. Una traccia che possa portare verso la luce una storia che, da circa un anno e mezzo ormai, è avvolta nelle tenebre. Tra le prime dichiarazioni pubbliche del nuovo collaboratore di giustizia della Piana di Gioia Tauro, Giuseppe Dimasi, ci sono anche alcuni riferimenti al caso dell’imprenditrice agricola Maria Chindamo, sparita il 5 maggio del 2016 nella zona di Nicotera, nel Vibonese. Il riferimento può essere qualificato, perché Dimasi ha deciso di collaborare con la giustizia dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta “Lex”, con cui la Dda di Reggio Calabria ha disarticolato le cosche di Laureana di Borrello.
Lo stesso paese di cui è originaria Maria Chindamo.
Dimasi, pur dichiarando di non aver mai ricevuto una affiliazione formale alla ‘ndrangheta, conferma quanto già sospettato dagli inquirenti sul suo conto: il rapporto fiduciario, soprattutto sotto il profilo economico e imprenditoriale, con Marco Ferrentino capo della cosca Ferrentino, egemone a Laureana di Borrello. Dimasi, residente da tempo a Voghera, ha riferito proprio sugli affari delle cosche Chindamo e Ferrentino su quel territorio: il giovane, infatti, sarebbe stato un uomo a disposizione delle famiglie di Laureana di Borrello, con il compito di gestire in prima persona nell’interesse del clan l’impresa denominata “Dimasi Costruzioni di Lamanna Francesco”, con sede a Voghera,intestata fittiziamente – secondo i pm Gaetano Paci e Giulia Pantano – a Francesco Lamanna; con il ruolo di gestore in prima persona nell’interesse del clan della ditta “Dimafer di Ferrentino Francesco”, con sede a Voghera, che non avrebbe avuto una reale necessità operativa ma veniva utilizzata dalla cosca per acquisire determinati lavori e quale copertura per giustificare le entrate illecite della stessa ‘ndrina; con il compito di gestire la ditta di import-export di riso “United Seed’s Keepers S.r.L.”, riconducibile alla cosca, utilizzata, anche e soprattutto, per agevolare lo spaccio di droga anche a livello internazionale.
Ma tra le tante pagine sottoscritte dal giovane, vi è anche un passaggio inquietante riguardante la 44enne Maria Chindamo: “Con riferimento alla scomparsa di Mariella Chindamo, Marco diceva “secondo me gliel’hanno fatta pagare”, alludeva al fatto che la donna aveva avuto una relazione extraconiugale e il marito non accettando la separazione, si era suicidato”. Il “Marco” cui Dimasi fa riferimento altri non è se non Marco Ferrentino, considerato il vertice della famiglia mafiosa di Laureana di Borrello. Una eventuale confidenza del capoclan, dunque, potrebbe essere una traccia non di poco conto, dato che in quei luoghi non accadeva e non accade quasi nulla senza che la ‘ndrangheta non se sappia qualcosa.
E questo nonostante la circostanza che Maria Chindamo sia stata vista per l’ultima volta nel Vibonese: l’azienda agricola di Maria Chindamo ha sede a Limbadi (regno della cosca Mancuso) e per questo motivo la donna si recava spesso nel Vibonese. L’imprenditrice sparì nella zona di Nicotera mentre era alla guida della sua auto, sulla quale, secondo quanto è emerso dalla indagini, viaggiava da sola. La vettura della donna fu trovata con il motore acceso e all’interno furono rinvenute alcune macchie di sangue, non si sa se appartenenti alla stessa Maria Chindamo o ad altre persone. Il marito dell’imprenditrice si era suicidato un anno prima rispetto alla sparizione e da allora Maria Chindamo ha assunto la gestione dell’azienda agricola di famiglia.
Tutti riferimenti coerenti con il narrato di Dimasi e a quel “gliel’hanno fatta pagare”, così inquietante nella domanda più banale, ma, allo stesso tempo, più grave: chi?
Fonte: ildispaccio.it