Mazinga: il palermitano che gira il mondo

‘Che lavoro fai?’ ‘Il worktrotter!’ Così risponde Francesco Calderone, in arte Ramon Mazinga, per descrivere l’occupazione che da 5 anni lo vede scorrazzare in giro per il mondo… senza un soldo in tasca.

A 25 anni, l’intraprendente palermitano ha deciso di iniziare il proprio viaggio, scegliendo di volta in volta la propria destinazione e mantenendosi con i lavori più disparati. E’ così che, dopo cinque anni, l’itinerario di Mazinga vanta tappe che vanno dalla Svezia, alla Lettonia, fino alla Nuova Zelanda. Obiettivo: Antartide. Per raggiungerlo, Francesco ha fatto e fa di tutto: dal croupier al raccoglitore di frutti rossi, impiego cui ha dovuto rinunciare per, citando lui stesso, ‘uso eccessivo di frutti di bosco!’.

Se, come disse Omar Khayyam, chi viaggia vive due volte, Francesco di vite ne ha vissute parecchie e, a sentire il giovane palermitano, ne ha ancora molte da vivere. E da raccontare. Il suo viaggio ha infatti portato all’idea di realizzare una web serie che possa riportare, in dieci puntate della durata di circa due minuti, le tappe della sua esperienza di ‘lavoratore itinerante’. Al momento lavora come fotografo freelance a Milano, in attesa del suo nuovo viaggio che lo porterà in Canada.

Noi de ilcarrettinodelleidee.com, siamo riusciti a rintracciarlo durante la sua momentanea sosta italiana per capire cosa lo spinge e, soprattutto, cosa comporta essere, veramente, cittadino del mondo.

Sei palermitano. Ancor prima siciliano. Originario di una terra da sempre oggetto e soggetto di dominazioni, conquiste. Origine e meta di viaggi ed esplorazioni. Quanto ha influito, sul tuo modo di vivere itinerante, il tuo essere palermitano?    

La mia origine palermitana ha influito tantissimo. E’ stato probabilmente il motivo principale che mi ha spinto ad intraprendere il mio viaggio. Le origini estremamente variegate del popolo palermitano, il carattere espansivo e il contatto continuo con gente diversa, sono sicuramente caratteri che mi appartengono profondamente.

Da dove viene il tuo pseudonimo Ramon Mazinga?

E’ un nome nato per due motivi. Nel 2012 ho pubblicato un libro, “Guida al terrorismo sentimentale”. E’ un libro molto ironico e demenziale, da prendere poco sul serio. Quindi mi serviva un nome ‘caliente’, e ho scelto un nome spagnolo: Ramon. Mazinga è nato proprio per gioco. Viene dai miei compagni di ju jitsu: durante le gare mi urlano ‘forza Mazinga’.

Il titolo “terrorismo sentimentale” potrebbe facilmente associarsi al tuo stile di vita itinerante. Il tuo essere continuamente in viaggio renderà complicato non solo stringere relazioni, ma anche sviluppare e coltivare il rapporto uomo/territorio. I luoghi che vivi, le persone che conosci, sono tutti elementi della tua vita che sei destinato a lasciare.

Senza dubbio è impossibile avere relazioni durature, a meno che non si trovi qualcuno che viaggi con te. Per ciò che riguarda il rapporto uomo/territorio, per me non si può parlare di separazione sofferta. Per me il terrorismo sentimentale è il non potermi muovere. Il rimanere in un posto per troppo tempo. Mi sento castrato nel momento in cui non ho la libertà di spostarmi. E questo vale per ogni posto in cui sono andato. Ho conosciuto tantissime persone, tantissime culture e stili di vita, modi di ragionare e vedere il mondo diversi. E voglio avere sempre una visione più ampia, conoscere ogni possibile scenario. E per conoscere non basta fare una vacanza di una settimana. Bisogna vivere il posto, conoscere i locali, capire come ragionano, conoscere la loro storia. La cosa migliore per me è fermarmi a lungo, sostare 6 mesi o un anno in un posto. Ma non posso fermarmi.

Sappiamo che per mantenerti hai svolto i lavori più disparati. Dal Croupier al venditore di cosmetici. Come affronti la ricerca di un nuovo impiego?  

A volte subentra il fattore disperazione e mi ritrovo a fare lavori meno stimolanti, ma trovi sempre qualcosa. Noi da italiani non siamo abituati, ma nel resto del mondo è più semplice trovare lavoro. La filosofia del work trotter è fare amicizia con quanta più gente possibile. Da lì è facile viaggiare gratis. Trovi chi ti dà un passaggio, trovi chi ti ospita o chi ti mette in contatto con chi ti può trovare un lavoro. Da lì sei nelle condizioni di trovare un ostello, di andare in campeggio, di racimolare i soldi per comprare il biglietto e andare da un’altra parte. Io ho una spiccata versatilità. Oltre al croupier, ho fatto anche il falegname, il fotografo. Mestieri che non conoscevo.  Il lavoro poi si impara. Viaggiare è bello anche perché si vanno ad imparare lavori nuovi, soprattutto quelli tradizionali, artigianali e tipici del luogo.

Ti sei posto dei limiti?

A questa domanda rispondo sempre allo stesso modo. Con un detto siciliano: Finché dura è fortuna.

Quanto c’è di improvvisazione nel tuo viaggiare? Programmi un piano prima di ogni partenza o ti lasci guidare dalle sensazioni e dal caso?

La mia esperienza è molto improvvisata. L’unica cosa organizzata, o meglio, studiata, è la stesura delle storie, per le quali mi servo della collaborazione di un amico, Davide Venturi, che dopo aver visionato il materiale getta le linee guida. Io gli racconto le storie, gli mostro il materiale girato e ciò che continuo a girare, lui mi aiuta a scrivere le storie e io mi occupo del testo finale. Mi dà un aiuto consistente a mettere tutto in narrativa.

Cosa ti manca di più?

A volte la stabilità. Ma spesso è il continuare a viaggiare che rappresenta la mia stabilità. Mi manca il mio cane, che è a Palermo. La famiglia, gli amici, sono tutti fattori che mancano a chi se ne va per restare, come chi va via per lavoro. Continuando a spostarsi, come nel mio caso, non senti proprio la mancanza della tua patria come chi espatria e va definitivamente in un posto.

Il tuo viaggiare non ti permette solo di conoscere luoghi nuovi. Conosci anche e soprattutto gli uomini. I diversi approcci con la natura. Il diverso rapporto che l’uomo ha con  l’ambiente e il territorio. Cosa rimproveri all’uomo? Cosa pensi si potrebbe fare per salvaguardare la natura e i tesori che ci sono rimasti?

La trovo una splendida domanda. Per rispondere uso l’esempio della Nuova Zelanda. Ho riscontrato una presenza massiccia dell’impronta umana. Ovunque. Non esiste più la natura reale e incontaminata. E’ tutto un mega villaggio vacanze. Ovviamente per motivi economici è una grande risorsa, ma l’impressione è quella di un grosso giardino. Se c’è una cosa che rimprovero è questa: l’eccessiva impronta umana dove si potrebbe lasciare spazio alla natura e alle sue meraviglie.

Hai un oggetto che porti sempre con te?

Non sono un tipo scaramantico, quindi non sono legato al significato rituale degli oggetti. Porto sempre con me armonica e ukulele… ma non li so suonare!

Francesco non lo ha detto… ma dando uno sguardo alle prime puntate caricate sul web, si capisce che una cosa con sé la porta sempre: la sua Sicilia.

GS Trischitta