Risalgono all’età del bronzo (XVIII – XII a.C) le prime forme di insediamento umano a Messina.
Da allora la città ha visto il susseguirsi di insediamenti urbani e culture diverse tra loro, lasciando l’impronta di un’origine multiculture sin dalla sua genesi. Cumani, Simei ,Messeni ,Greci , Romani, Arabi, Normanni… una lista lunghissima di tanti e diversissimi popoli ha arricchito il DNA della storia di Messina, dalla Preistoria in poi.
Che sia stata fondata dal mitico Orione, costruttore e architetto della Falce o dai pirati cumani e poi, dopo pochi anni, popolata da Zancleo, che le ha dato il primo nome, da cui infatti Zancle (che significa falce), è certo che, anche se avvolta nella leggenda, Messina contiene testimonianze di storia, come una torta a strati, in cui basta scavare un po’ e ci si può ritrovare in una necropoli, in tombe eccezionali, mura leggendarie, sepolcri di artisti. Il fiume Camaro, non a caso raffigurato tra i quattro fiumi della fontana del Montorsoli, è un nucleo pulsante di vita della città, sin dalla preistoria.
La sua importanza nella storia di Messina è indiscussa, in quanto, molto di essa parte dal Camaro. La foresta del Camaro è uno scrigno di tesori e resti di insediamenti preistorici, a riprova che il corso d’acqua doveva essere il cuore pulsante della città.
È qui che si estende la più vasta necropoli della città dall’epoca arcaica sino a quella ellenistica. In seguito a disastrosi terremoti, vicende e ricostruzioni postume, “in situ” sono rimaste numerose testimonianze di strati di storia sovrapposti e accumulati nel tempo.
Uno dei ritrovamenti più belli è quello dell’Ottobre del 71 nel Largo Avignone, ossia dove si trova la scalinata tra la via Cesare Battisti e la Caserma Zuccarello. Sotto le scale si trovano una serie di tombe “a cappuccina” sovrapposte, ma soprattutto, una grande tomba “a camera”. Quest’ultima, diventata magazzino dei Beni Culturali, è la tomba più grande che esista del suo genere e perciò un tesoro eccezionale, certamente non valorizzato rispetto a quanto farebbero altre città. La tomba a “phitos”, dell’isolato 135, è un reperto preistorico di grande rilievo, considerato che, al suo interno sono state ritrovate, assieme al teschio, le ossa di una giovane donna di età preistorica in posizione raccolta.
Il “phitos” si trova al museo di Messina, ma quanti messinesi hanno conoscenza di ricchezze come questa della loro città?
La ben nota diceria che “a Messina non c’è niente” in senso lato, non solo come risorse lavorative, è certamente il segnale di una profonda ignoranza ed una mancanza da parte del messinese di presa di coscienza sulla natura della ricchezza della sua città.
Questa dovrebbe essere fruita e conosciuta, come bagaglio, prima di tutto dai Messinesi e poi dai turisti, diventando patrimonio storico culturale posseduto e amato. Restando sempre in epoca antecedente a quella classica, Messina, ha nella zona degli Ex Mulini De Natale, nei pressi di via Taormina, un’altra tomba “a tolos” risalente all’800 a.C. La foresta del Camaro, la Tomba “a camera”, la tomba “a tolos” e in generale gli Ex Mulini De Natale, sono tesori sconosciuti ai più, ma di grande rilievo.
Perché questa città non conosce e non gode la sua storia e la sua ricchezza? Perché altre città amano e vivono ciò che possiedono, custodiscono, anche se in quantità minore?
Cosa non scatta a Messina per creare questa realtà di possesso e identificazione con i beni culturali? Perché vivere solo del turismo culinario e delle eccellenze, ma non anche della vasta ricchezza storica?
Che impedimenti ci sono alla fruizione e riconoscimento in questi tesori?
Ci sono problemi burocratici?Mancanza di valorizzazioni e apertura alla città dei siti?
Abbiamo chiesto a Franz Riccobono, studioso di archeologia e storia della nostra città.
Dott. Riccobono lei viene indicato a giusta misura, come esperto di storia, di arte, di archeologia a Messina, quell’archeologia che spesso viene vilipesa, calpestata, mal interpretata. L’eccellente ritrovamento, lì dove insisteva il mercato nei pressi del viale Europa, di cosa si tratta?
Ricobono:Non v’è dubbio che siamo ai margini di un’area interessata da una vasta necropoli, che inizia dall’asse della via Cesari Battisti e arriva fino al viadotto ferroviario. Tutta la valle del Camaro é noto che, da scavi condotti nel corso dei decenni pregressi, ha offerto e restituito reperti relativi ad una vasta necropoli che va dal VI sec. a.C al II sec. d.C. Proprio nell’aria limitrofa all’ex mercato Zaera furono ritrovati, da parte della Sovrintendenza, dei reperti e più avanti nell’isolato 73, nel 1970, fu recuperato parecchio materiale, fra cui la porta in monolite e calcare che si trova nella rampa di accesso al Museo Regionale di Messina, ricostruita successivamente, che proviene proprio da lì .
È nota la presenza “in situ” della grande tomba a camera, insieme ad altre sepolture di vario tipo. Un’area vastissima ai cui margini si trova lo spazio del mercato. Un’area, frequentata sin dall’antichità, vicino al ponte della Zaera, che era uno degli ingressi meridionali, anzi l’unico della città, perché più in basso non vi erano altre strade.
Un punto nevralgico, strategico, che potrà restituire altri reperti anche se ci troviamo a ridosso del Camaro, il corso d’acqua più ricco della città, tanto da essere celebrato nella fontana di Orione.
-Spesso la città di Messina scopre i suoi tesori, il sito Colapesce, la costruzione della stazione ferroviaria dove si parlò di una Stoai, una tomba a Tolos nei cantieri Granai, fermo poi dimenticandoli e abbandonandoli dopo breve tempo, perché?
Riccobono: Purtroppo questo è un problema che si ripropone costantemente e il caso emblematico è quello della Tomba a Camera di Largo Avignone, che è rimasta per 40 anni sepolta da cassette, che è stata ripulita grazie alla sinergia del volontariato culturale cittadino e le istituzioni. Dopo la ripulitura e l’inaugurazione è tornato però ad essere inaccessibile. Non si spiega come mai non si riesca a trovare il modo di renderlo fruibile, quando quello di Largo Avignone, è l’unico sito accessibile e visitabile, perché gli altri menzionati prima, sono ubicati in proprietà private in cui ci sono problematiche circa l’accesso. La scalinata della caserma Zuccarello è di proprietà del comune, non c’è nessun impedimento nel renderlo fruibile, manca la volontà.
Qual è la ricetta per rendere Messina fruibile ed interessante e ai messinesi e ad un diverso turismo?
Riccobono: Messina avrebbe bisogno, rispetto ad altre città della Sicilia e d’Italia, di mostrare la propria vetustà, perché ha circa 4000 anni di storia nonché di stratificazioni culturali, si presenta però come una città nuova, moderna, quella nata dopo il terremoto del 1908, una città eclettica ma che ha anche delle ascendenze recondite che vanno valorizzate per far scoprire che Messina non è solo quella che vediamo con i suoi palazzi novecenteschi, ma una città preistorica, greca, romana e così via fino all’attualità