Mattone dopo mattone, Messina sta costruendo la casa della legalità. Un progetto che, fuor di metafora, ha preso vita nel 2009, quando un parroco, Don Terenzio Pastore, ha trasformato la parrocchia di Santa Maria del Gesù di provinciale in un luogo dove si discute di legalità e antimafia.
Tante le opere realizzate in questi anni, come la creazione di una sede di “Addiopizzo” a Messina, o gli incontri con i ragazzi delle scuole per far conoscere la testimonianza di chi la mafia l’ha combattuta e continua a combatterla. Ieri, poi, si è tenuto l’incontro conclusivo di questo anno pastorale, intitolato “Insieme si può” e salutato con plauso dall’arcivescovo, monsignor Calogero La Piana: “Costruire insieme la casa della legalità è un bel progetto,” ha detto “però, per realizzare un piano così importante e profondo c’è bisogno di manovali e di più risorse. La risorsa più importante è coltivare nel cuore dell’uomo il senso della legalità, che non è un valore che si può improvvisare dall’oggi al domani, ma è il risultato di un processo educativo. Tutte le forme di oppressione, d’altro canto, sono fenomeni umani che, come diceva Giovanni Falcone, hanno un inizio e una fine. Apprezzo molto questa iniziativa che coinvolge la scuola, ma per combattere la mafia è necessario che anche le famiglie facciano la loro parte”.
Poi, un breve ma veemente intervento di Angela Manca, madre di Attilio – presunta vittima della mafia, ancora oggi in attesa di un verdetto – che ha raccontato alla platea di piccolissimi e non l’emozione che ha provato quando, in occasione della giornata per le vittime di mafia organizzata da Libera, ha pronunciato davanti a papa Francesco il nome di suo figlio. Un evento che, al di là del valore simbolico, chiama in causa il ruolo della Chiesa nei confronti delle organizzazioni criminali, tanto che la stessa signora Manca, seppur elogiando l’opera di Don Terenzio, che rappresenta un unicum nella provincia messinese, ha “invitato” monsignor La Piana e tutto il mondo ecclesiastico a essere più presente e a chiarire come mai “la lotta della Chiesa nei confronti della mafia è stata molto timida”.
Letterio Romeo, tenente colonnello della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), ha raccontato, invece, le attività di indagine che lo vedono protagonista in questa istituzione che, insieme alla DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) e alla DNA (Direzione Nazionale Antimafia), è stata fortemente voluta dal giudice Giovanni Falcone nei primi anni ’90 ed è considerata un punto di riferimento anche dalle forze investigative internazionali, che riconoscono nelle metodologie operative italiane le migliori. Ma per combattere la criminalità organizzato ha sottolineato come sia un male assoluto delegare tutto alla magistratura e alle forze dell’ordine, è infatti necessario l’apporto di tutti gli individui: bisogna capire che ormai la faccia della mafia è cambiata, non si presenta più con la coppola e la lupara, ma condiziona l’andamento del mercato e dell’economia.
In coda all’evento, l’intervento del sindaco di Messina Renato Accorinti, che prima da insegnante e oggi da primo cittadino ha sempre partecipato a incontri come questi, rivolti al mondo della scuola: “Le nuove generazioni possono fare il salto di qualità. Tuttavia è necessario capire che non è possibile attribuire le colpe agli altri, sostenendo in fondo che è tutta colpa di un gruppo di criminali che devasta la nostra società. Se la Sicilia è arrivata a questo punto, significa che non abbiamo fatto abbastanza per estirpare questo male e quotidianamente bisogna combattere, seguendo l’esempio di Don Miani, che diceva che ‘i problemi degli altri sono i miei’”.