La pet therapy è arrivata anche a Messina.
Oggi nella facoltà di Veterinaria, studenti e professori hanno presentato questo nuovo modo di curare determinate patologie. L’appuntamento è stato rallegrato da una passeggiata in sella a un cavallo per tutti coloro che volevano farla. Il centro che dovrà ospitare questa cura, non è ancora stato messo in piedi ma la volontà -ci spiegano i promotori-, sta proprio nel rilanciarlo. “Bisogna creare una sinergia con gli enti pubblici e le associazioni di volontariato”. Ma in che cosa consiste questa terapia? Lo abbiamo chiesto a Matteo Allone psichiatra: “Dai tempi antichi si conoscevano le proprietà terapeutiche dell’ippoterapia Ora sono amplificate. Porta a controllare il portamento e le pulsioni. Aiuta a padroneggiare la propria istintualità. Infonde coraggio e autostima se la facciamo diventare uno strumento di terapia per i soggetti con handicap. Il linguaggio del cavallo è quasi autistico. È una preda non un predatore. Prova un disagio nel guardarti negli occhi. Usa lo stesso tipo di linguaggio di un bambino autistico. Io uso questa tipo di tecnica con i miei pazienti da anni. Purtroppo non possiamo sostenere le spese nonostante abbiamo molte richieste. Speriamo che questa co-terapia continui. Prendersi cura di un cavallo attiva di riflesso la voglia di prendersi cura di se stessi. Il paraplegico mimando l’andatura dell’animale perderà quella rigidità che lo contraddistingue”.
Uno degli studenti di veterinaria Marco, invece, ha espresso il plauso per l’evento: ”Pensiamo sia un’ottima iniziativa in quanto l’interazione uomo- animale permette di liberarsi da quei vincoli emotivi e riesce a far esprimere la persona in piena libertà”. Tuttavia l’Italia sembra non essere aperta a questo tipo di iniziative che siano da sussidio al campo medico come ci spiega Angela Calarco: In Italia non esistono delle professionalità e delle normative. Per questo si stanno facendo delle ricerche per colmare il vuoto esistente. In Germania è finanziata.
Del resto è una terapia molto dispendiosa. Occorrono almeno tre operatori per quaranta minuti. Intanto, finiamo con le parole di un’altra studentessa che ci hanno incuriositoe che sarà gradita da tutti gli animalisti: “Non chiamarmi matto perché dedico la mia vita agli animali, ma chiamatemi furbo perché non la spreco con gli inutili umani”.