Messina ricordi e onori i suoi messinesi

Uno spazio all’interno del Palacultura per ospitare una mostra fotografica permanente in ricordo di Michelangelo Vizzini. Gli scatti e gli strumenti del mestiere del fotoreporter messinese, scomparso il 15 maggio 2009 all’età di 88 anni, un materiale professionale e umano di grande valore, saranno archiviati ed esposti, secondo il protocollo d’intesa sottoscritto dal sindaco Giuseppe Buzzanca con i familiari dello stesso Vizzini, per cercare di fornire all’esterno uno spaccato della città di Messina dal dopoguerra in poi.

 

Lo spazio al Palacultura è un contributo d’obbligo a un siciliano (Vizzini era nato a Grotte, in provincia di Agrigento, il 31 luglio 1920, dove aveva iniziato la sua carriera come infermiere fotografo alla clinica chirurgica universitaria) che ha reso celebre Messina in tutto il mondo, immortalando le celebrità dell’epoca – Sophia Loren, Claudia Cardinale, Liz Taylor, Richard Burton, solo per citarne alcuni – in occasione degli eventi mondani che la città dello Stretto allora ospitava.

Unica nota stonata, l’attesa e le difficoltà che i familiari dello stesso fotografo hanno dovuto affrontare per avere semplicemente un luogo dove custodire questo patrimonio non loro, ma di tutti i messinesi.

È facile pensare, a questo punto, a tutti gli altri figli (di nascita o adozione) della città dello Stretto, che con passione hanno dato tanto senza chiedere nulla. Cittadini che andrebbero ricordati solo per rispetto e per il dovere, istituzionale e civico, di onorare modelli di comportamento umano e professionale.

Così se, un po’ per gioco un po’ per curiosità, si prova a scrivere su google “messinesi dimenticati”, si scoprono personaggi ricchi di arte e umanità, citati nei siti internet o nei blog cittadini.

E un blog è proprio quello del foto-giornalista peloritano Enrico Di Giacomo, che, in un post del dicembre 2008, dice addio al mimo cinquantenne Gerard Foucaux “geniale saltimbanco dei silenzi”. Di Giacomo riprende un articolo di Nuccio Anselmo, giornalista della Gazzetta del Sud, dal titolo “Messina e i suoi poeti dimenticati”. Nello scritto si ripercorre la vita e la carriera del «Grande clown, mimo e saltimbanco dei silenzi, che Messina aveva adottato, e poi dimenticato, sin dal lontano settembre del 1979».

«Gérard era originario di Darnétal, un piccolo centro della Normandia, e nella sua vita aveva girato il mondo. E anche se la vita non gli aveva riservato granché, quanto meno all’inizio, lui s’era sempre rialzato con dignità. Era stato abbandonato dai genitori appena nato ed era cresciuto grazie all’aiuto di diverse famiglie, poi a quindici anni era entrato a far parte del “Circo dei Fratellini” di Parigi, e da lì era cominciata la sua avventura di strada, coi grandi maestri, imparando l’arte del clown e quella del mimo, con il maestro giapponese Ikuo. Fu allievo e assistente anche del grande Marcel Marceau. Cominciò a girare le piazze e le strade della Germania e della Francia, poi l’incontro con un pittore italiano, Paolo Ripamonti, che gli propose di venire in Italia. Gérard fu prima a Bergamo poi a Milano, e tra un viaggio e l’altro un’estate sbarcò alle isole Eolie, da lì a Messina il passo fu breve. Era il settembre del 1979 quando Foucaux mise piede nella nostra città, così come testimonia un vecchio articolo del nostro archivio, quando il mimo aprì una scuola. […] Fu un grande evento per la città, poi tutto cadde nell’oblìo. Per un periodo Gérard si esibì anche in molte scuole elementari della città, poi anche questa esperienza finì. Passò anche dalla Sala Laudamo, mettendo in scena “Atto senza parole” di Beckett. Un successo».

A quanto pare Messina non è nuova a questi grandi amori e altrettando grandi oblii. Cerchiamo ancora…

Su Repubblica Scuola troviamo, così, il nome di Rosa Donato, “eroina dimenticata” del Risorgimento. «Rosa Donato nacque a Messina nel 1808, al momento dei fatti risorgimentali del 1848 era una donna di quarant’anni.
Allo scoppio dei moti messinesi scese in strada e, impadronitasi fortunosamente insieme al Lanzetta di un piccolo cannone sottratto ai soldati borbonici, andava sparando contro di loro. Essendosi dimostrata del tutto degna del valore di un uomo, nell’estate del ’48 fu insignita del grado di caporale con berretto e fazzoletto tricolore a girocollo, e fu posta al comando della batteria dei “Pizzillari”, situata vicino al torrente Portalegni, con il compito di difendere sino alla morte le mura a nord-ovest della città. Quando non poté più mantenere la sua posizione, diede fuoco al cassone delle munizioni, uccidendo molti soldati borbonici, mentre lei stessa veniva scaraventata giù dalle mura a colpi di baionetta. Fintasi morta, fuggì a Palermo, dove le vennero affidati due pezzi di artiglieria. Arresasi anche Palermo, Rosa rientrò a Messina, dove fu imprigionata per quindici mesi. Negli anni ’50, una volta uscita dal carcere, Rosa visse di elemosina, che chiedeva solo agli studenti universitari, nei quali vedeva la speranza del futuro.
Morì in umili condizioni nel 1867».

Di storie così ce ne sono tante, poche conosciute e diffuse dai media, molte dimenticate, vive solo nei ricordi di poche persone. Spesso sono storie recenti, ma già lontane nella memoria comune, un patrimonio che rischiamo di perdere per sempre.

 

 

Clara Sturiale