Messina
tra le province maggiormente interessate
dallo sfruttamento sessuale dei migranti. Organizzazione e gestione della
prostituzione legate alla domanda proveniente dal territorio.
Lo sfruttamento
della prostituzione segue le regole del mercato: l’offerta incontra la domanda.
“Donne, come uomini e bambini sono merce”. A confermare quanto
sosteneva in una nostra intervista Concetta Restuccia, responsabile dell’Associazione “Penelope non tratta”,
è il VI Rapporto “Migrazioni in Sicilia 2018”, dell’ Istituto di
Formazione Politica “P. Arrupe” – Centro Studi Sociali, presentato mercoledì a
Palermo.
Il
rapporto analizza e indaga la condizione dei 193 mila stranieri residenti in
Sicilia che rappresentano il 3,8% della popolazione siciliana: dagli aspetti
demografici al lavoro, da istruzione e mediazione a salute, media e
partecipazione, dalla vulnerabilità ai diritti.
Ed è
proprio alla voce “vulnerabilità” che viene esaminato il fenomeno
della prostituzione e vengono individuate le province
maggiormente interessate dallo sfruttamento sessuale sul territorio
regionale: Messina, Catania, Agrigento e Palermo.
“Dall’1.01.2017 al
31.12.2017, le persone in protezione, in base ai dati del Sistema
Informatizzato per la raccolta di informazioni sulla tratta (SIRIT) del
Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, sono state 1.865, di queste
1.050 sono state le nuove prese in carico. Sul totale, l’85% sono femmine, il
14% maschi, mentre lo 0,9% transessuali”.
La migrazione femminile
– spiega il rapporto – manifesta maggiori vulnerabilità e rischi rispetto a
quella maschile, non tanto perché le donne siano più deboli o più fragili, ma
per le possibilità che il mercato del lavoro nazionale e internazionale offre
in termini di accesso e di discriminazione di genere. In questo scenario, lo
sfruttamento sessuale è una forma d’ingresso e la criminalità organizzata l’unico
canale per arrivare in Europa.
I
maggiorenni in protezione sono l’89%, i minorenni l’11%. Il 72% proviene dalla
Nigeria con un distacco enormemente dal secondo Paese, la Romania, dalla quale proviene
il 4,2% delle persone in protezione.
Guardando lo stato al momento dell’emersione, il 72% era vittima di tratta e il 26%
destinato allo sfruttamento. Per il
78% l’ambito di sfruttamento è sessuale e il 13% lavorativo.
In
Sicilia, secondo il Centro Studi, sono presenti due gruppi: quello proveniente
dall’Africa, in particolar modo dalla Nigeria, e quello proveniente dall’Europa
dell’Est: moldave, ucraine, bulgare. Le
modalità organizzative adottate dalla criminalità organizzata nella gestione
della prostituzione sono legate alla domanda proveniente dai territori. Possono
prostituirsi nella stessa zona e/o spostarsi da una città a un’altra.
L’individuazione e la
destinazione vengono stabilite allo sbarco. Sono i trafficanti a immettere le
donne nei circuiti della prostituzione.
“In
queste province (Messina, Catania,
Agrigento e Palermo) il
modello attivato è quello della mobilità e della stanzialità. Le donne di età
differenti, vengono distribuite nei centri storici o lungo le strade adiacenti
ai porti, o ai parchi. Gli spazi nei quali viene praticata l’attività sono
piuttosto stabili”.
Violenza, sfruttamento
e tratta non risparmiano certo i minori.
Tra le situazioni di
fragilità e violenza considerate, quelle indicate con maggiore frequenza dai
minori giunti in Sicilia dal febbraio 2017 al giugno 2018 riguardano
principalmente l’essere stati vittime di torture/stupri, l’aver subito violenza
psicologica e/o fisica e/o sessuale e l’essere stati vittime di tratta.
In particolare, la
tavola 2 mostra che il 32,8% dei MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati) ha
dichiarato di aver subìto violenza psicologica e/o fisica e/o sessuale, ma se
si considerano anche i casi dubbi quesa percentuale supera la metà dei minori
giunti in Sicilia. Inoltre oltre il 30%
dei MSNA è stato (o potrebbe essere stato) vittima di torture e/o stupri e
quasi il 20% vittima di tratta. Infine,
se l’OIM ha rilevato un legame tra le vittime di tratta a scopo di sfruttamento
sessuale e la presenza di gravi patologie psichiche.
A introdurre il rapporto è Nicoletta Purpura,
Direttore dell’Istituto di Formazione Politica “Pedro Arrupe” – Centro Studi
Sociali:
“Tra i pochi che arrivano vi sono molte persone vulnerabili: minori non accompagnati (3.536 nel 2018, circa il 15,1% in totale, in leggera crescita rispetto agli anni precedenti) donne incinta o con minori, vittime di tortura, tratta e grave sfruttamento, persone con fragilità psichica. La permanenza in Italia dovrebbe ridurre tale condizione di vulnerabilità, eppure questo non sempre avviene, anche a causa di una carenza di servizi specifici o di una discontinuità nell’accesso a quelli esistenti, oltre che per l’incertezza della posizione legale accentuatasi con la recente normativa adottata”.