Napoleone è il cane della spiaggia di Punta Secca, il cane di tutti. Lo è diventato dopo. La sua storia ha un che di speciale e struggente.
Si porta dietro un dolore grande. Grande come il mare che glielo ha provocato. Napoleone era il fidato amico di Giuseppe. Giuseppe era un pescatore. Usciva all’alba, con la sua barca per guadagnarsi faticosamente il pane pescando pesci, se il mare era d’accordo e se gli dava il permesso. Tornava all’imbrunire, quando il mare si colorava di riflessi dorati, e il sole andava a dormire. Napoleone lo accompagnava sempre nelle sue uscite, festoso lo seguiva, là, sul piccolo molo, lo guardava eseguire tutte le manovre necessarie alla partenza. Lo osservava attento sganciare i canapi, sistemare gli ormeggi, poi quando l’ancora era levata, con un balzo saltava a bordo. Era stato compagno di tante uscite, molte delle quali poco fruttuose. Anche lui si era abituato alla dura vita del pescatore. Giuseppe ci parlava con Napoleone, era un compagno silenzioso e discreto. Sapeva ascoltare e non commentava mai in modo inopportuno. Ogni tanto mugolava il segno di approvazione. Se qualcosa invece lo infastidiva ringhiava minacciosamente. Era un linguaggio comprensibile solo a loro, ma che dava origine a un dialogo perfetto, tra due anime che si somigliano. Un giorno accadde che Napoleone prese una sbandata per Josephine, la cagnetta della vicina di casa di Giuseppe.
Quel giorno si era intrattenuto con lei lungo la spiaggia a rotolarsi nella sabbia e a tuffarsi tra la spuma sfilacciata del mare. Poi, felici, erano andati a scollarsi tra i bagnanti indispettiti. Quel giorno l’amore aveva avuto la meglio. Ma mentre si scrollava Napoleone si ricordo del suo padrone e corse al molo, sperando che non fosse ancora salpato. Corse veloce, arrivò trafelato, ma la barca era ormai un piccolo puntino all’orizzonte. Triste tornò verso casa con la coda bassa. All’imbrunire ritornò sul molo ad aspettare Giuseppe. Giuseppe non tornò quella sera, e nemmeno la sera successiva, e neanche tutte le sere a seguire. Il mare avevo preteso l’ennesimo tributo.
Giuseppe era stato ingoiato da quel mare che sa essere il migliore amico, generoso e munifico, e spesso il peggior nemico, spietato e famelico. Napoleone adesso dunque non ha più un padrone, e non lo vuole, è per questo è diventato di tutti. Perché essere di tutti è come essere di nessuno. Osserva indolente il trambusto durante le riprese di Montalbano, si accompagna spesso ai bagnanti, ne usurpa l’ombra sotto gli ombrelloni, ogni tanto si sopisce, poi d’improvviso si sveglia, corre verso l’acqua, si tuffa e nuota verso il largo, come a cercare qualcosa, qualcuno. Torna mesto, le orecchie basse e la faccia triste.
Ancora oggi, tutte le sere, all’imbrunire, si reca sul piccolo molo ad aspettare la barca di Giuseppe. Guarda l’orizzonte e spera che un giorno il valoroso Colapesce possa emergere dalle acque di Sicilia con sottobraccio il suo adorato padrone