C’è uno sport, il ciclismo, che per spettacolarità, fascino e carisma non ha nulla da invidiare al calcio. C’è una corsa, il Giro d’Italia, che da più di un secolo passa, un mese l’anno, in tantissime città di tutta Italia portando questi moderni cavalieri in sella alle loro bici in lungo e in largo, attraversando monti e pianure, mari e vulcani, accolti sempre dal calore della gente attirata dal fascino della Maglia Rosa e da questa folla di sportivi. Non c’è alcun dubbio sul grande appeal della Corsa Rosa sugli italiani e sugli sportivi di tutto il mondo, così come nessuna controversia può essere sollevata sulla bellezza estrema dei luoghi visitati ogni anno dal Giro. Grandi città e piccoli sobborghi del Bel Paese si uniscono intorno a questa spettacolare onda in una festa che dura circa un mese e si crea quasi una competizione per riservare ai ciclisti la migliore accoglienza possibile, mostrare in tv i posti più belli e dimostrare di essere i fan più accaniti. Insomma: anche in questo caso lo sport diventa un vero e proprio catalizzatore grazie a cui superare i problemi momentanei e ostentare il proprio benessere e le proprie bellezze.
Domenica 15 maggio il Giro del 150° anniversario dell’Unità d’Italia ha fatto tappa in Sicilia con la tanto attesa “Messina – Etna”, nona tappa di quest’anno e prima vera montagna da scalare per i 195 ciclisti al via quel giorno. Da mesi si parla di questa come di una grandissima occasione per valorizzare la nostra regione e la città dello Stretto, per mostrare a tutta Italia l’accoglienza che i siciliani possono riservare ad una manifestazione sportiva tanto importante e, soprattutto, per dimostrare che le critiche mosse soltanto tre anni fa alla nostra città sono state recepite e si è fatto di tutto per non ricadere negli stessi errori. Nel 2008, infatti, Messina vide il passaggio della carovana del Giro lungo tutta la sua città e la parte tirrenica della provincia in una delle due tappe siciliane di quell’anno: la “Catania – Milazzo”. Furono in molti a criticare Messina e l’organizzazione per la scelta del tragitto da percorrere e, soprattutto, per la qualità infima del manto stradale, completamente rovinato dalla scarsa manutenzione e potenzialmente rischioso per i ciclisti in gara. A tre anni di distanza Messina avrà imparato dai suoi stessi errori? Ovvio che sì: le strade sono state completamente asfaltate per l’occasione, tutto è stato sistemato a dovere in modo tale da giungere alla fatidica domenica ciclistica con la città pronta in netto anticipo ad accogliere l’immensa carovana della corsa Rosa. Se la vita fosse una favola sarebbe andata esattamente così e, a rendere tutto ancor più bello e perfetto, a vincere la tappa di domenica sarebbe stato Vincenzo Nibali, l’idolo di casa, arrivato quarto e, soprattutto, dietro Alberto Contador, grandioso corridore spagnolo uscito vincitore dall’infernale tappa vulcanica. In realtà fino a una settimana dalla partenza io stesso temevo che l’ennesima scarica di insulti e critiche sarebbe piovuta sulla nostra città visto il disastro in cui versavano tutte le vie cittadine interessate dal passaggio del Giro. Se noi messinesi siamo ormai rassegnati a guidare auto, motorini (e biciclette) come fossimo sul vagone di testa delle montagne russe, la strepitosa visibilità garantita dalla presenza dei ciclisti avrebbe messo Messina in cattiva luce davanti a tutta Italia: saremmo stati i “soliti siciliani” che non curano ciò che hanno e lasciano marcire ogni angolo delle proprie città. Probabilmente questo è stato il pensiero degli amministratori locali che in pochissimi giorni hanno imbandito piccoli cantieri in ogni zona cittadina, cercando di correre ai ripari in tempo per evitare una figura pessima e non rischiare di essere tagliati fuori da un circuito tanto importante quanto redditizio come il Giro d’Italia. Risultato? In pochissimo tempo sono state asfaltate tutte le strade interessate, da Via Catania a Via Marco Polo fino ad alcuni tratti della Strada Statale 114, una delle arterie principali che collega Messina alla zona sud e “rattoppata” alla meglio nei tratti peggiori. Le critiche sono state evitate e la tappa è andata più che bene, escludendo il rammarico per la già citata vittoria mancata dallo “Squalo dello Stretto”.
La partenza, però, ha visto non solo l’enorme festa sportiva e la grande partecipazione della cittadinanza, accorsa in massa per il proprio beniamino, ma anche alcune manifestazioni pacifiche dei vari comitati cittadini formatisi nel corso degli ultimi mesi a fronte degli enormi problemi nati in ogni parte della provincia. Tre anni fa Messina è sembrata una solare cittadina siciliana dalle strade un po’ disastrate ma priva di grandi problemi. Oggi la città dello Stretto può vantarsi di essere tristemente famosa per l’alluvione di Giampilieri e Scaletta del 2009, per i crolli in ogni zona dei Nebrodi e per quella celebre bomba ecologica che divide l’opinione pubblica: il Ponte. La rete No Ponte, i comitati dei Nebrodi, i sindaci di svariati comuni di tutta la provincia e i cittadini di Giampilieri hanno manifestato il proprio disgusto verso un’amministrazione che non li ascolta. Hanno cercato di mostrare a tutta Italia le condizioni in cui versano alcune zone della città urlando il proprio “No” verso le ingiustizie, verso l’immobilità di coloro i quali dovrebbero fare qualcosa per migliorare le condizioni di vita di paesi sommersi dalla terra e in costante pericolo. Hanno gridato agli italiani i propri timori, mostrando il vero volto di una Messina sempre più bloccata dal degrado e perfettamente dipinta dall’immagine delle strade asfaltate solo poche ore prima del Giro e che, molto probabilmente, sarebbero state ignorate senza il passaggio della carovana Rosa. Con un pensiero ai concittadini scomparsi durante l’alluvione del primo ottobre 2009, si sono stretti in un unico gruppo, senza tentare di bloccare o rallentare la manifestazione sportiva ma mostrandosi educatamente risoluti a farsi notare. La visibilità (discutibile poiché pochissimi tg nazionali hanno riportato la notizia) della protesta basterà a migliorare le cose? Speriamo sia così. Nel frattempo dobbiamo abituarci allo strano spettacolo di strade a due corsie asfaltate a metà, di vie principali e strade di paese completamente sfasciate affiancate dal colore acceso del catrame fresco gettato da poche ore e che, forse, durerà per qualche mese. La speranza è quella di non forare una gomma, non distruggere le auto con le enormi voragini presenti in ogni zona della città e non scivolare in moto o in bici: bisogna soltanto aspettare il prossimo Giro.
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