Omicidio Manca: c’è un mafioso ma non c’è la mafia

Prima di lasciare che le indagini sul delitto di Attilio Manca finiscano peggio di come (non) erano (mai) iniziate, ovvero che si chiami in causa l’esoterismo o una maledizione macumba come responsabili della morte dell’urologo, un’ultima, misera, riflessione.

Salvatore Fanti è il gip che ha rigettato la terza richiesta di archiviazione avanzata dall’infaticabile Renzo Petroselli, pubblico mi(ni)stero che a detta dell’avvocato Fabio Repici, si è distinto per «l’abnorme inerzia che ha contraddistinto il suo operato, svolgendo solo supplementi di indagini ordinati dal gip».

Salvatore Fanti è lo stesso gip che, rigettando, si è premurato di dire che sì, serviranno nuove indagini, ma che la mafia con l’omicidio Manca non c’entra. Si tratta di una semplice overdose accidentale da parte di un tossicodipendente. E lo dice senza lo straccio di un risultato d’indagine decente. E non gli importa che, per essere overdose e non omicidio, si presuppone che l’iniezione se la sia fatta da solo, il dottor Manca. Altrimenti sarebbe omicidio, no? E allora perchè non hanno mai fatto analizzare la siringa, ovvero l’arma del delitto? E questo, pensate, non è il punto più importante.

Quel che mi lascia basito e mi fa venire voglia di conoscere il gip, fosse anche soltanto per capire se Cesare Lombroso possa tornare attendibile, sono i nomi dei sei attuali indagati per la morte di Attilio, ovvero coloro che a vario titolo avrebbero potuto avere un ruolo nella cessione della droga, perchè di droga è morto; ma di quella potente, che ti sfigura e ti provoca la deviazione del setto nasale. Cinque di questi sono vicini agli ambienti mafiosi messinesi. E sono tutti e cinque di Barcellona Pozzo di Gotto. Sei persone, cinque siciliane, implicate nella cessione della droga ad un ragazzo che viveva a Viterbo. Certo che come spacciatori lì sono messi davvero male se ne devono partire o comunque impegnarsi cinque di Barcellona Pozzo di Gotto per qualche grammo da recapitare a Viterbo. «Visitate Viterbo, la città senza droga».

Ecco l’elenco dei sei:

 

Angelo PorcinoUna decina di giorni prima della morte dell’urologo, Ugo Manca telefonò ad Attilio e gli preannunciò che Angelo Porcino sarebbe andato a Viterbo a trovarlo, per avere da lui un non meglio precisato consulto. La circostanza è confermata da una testimonianza della madre del medico, la quale ha dichiarato che, poco prima di morire, il figlio la chiamò per chiederle informazioni su tal Porcino. Porcino è un boss del clan dei Barcellonesi, come conferma il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. A conferma di ciò è stato recentemente arrestato nell’ambito delle operazioni antimafia Gotha e Pozzo 2. Condannato in via definitiva per tentata estorsione ai danni di una cooperativa che gestiva i servizi sociali per conto del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto.

 

Ugo Manca – cugino di Attilio, tecnico radiologo, all’epoca dei fatti in servizio in provincia di Messina, all’ospedale di Patti. Andò a Viterbo nel dicembre del 2003 per essere sottoposto a intervento chirurgico per varicocele, che sarebbe stato eseguito proprio da Attilio. La sua presenza a Viterbo fu scoperta perché lasciò un’impronta palmare nel bagno di casa di Attilio, sulla piastrella sopra il pulsante dello sciacquone del bagno. Lo stesso Ugo Manca tornò a Viterbo dopo la morte del cugino e si recò due o tre volte in procura a sollecitare, a nome dei genitori, la restituzione del corpo di del medico alla famiglia e il nulla osta per sepoltura. Ma i genitori e il fratello di Attilio hanno sempre smentito di avergli assegnato tale compito.

 

Renzo Mondello – Si sentì ripetutamente per telefono con Ugo Manca mentre questi si recava a Viterbo e vi si intratteneva il giorno dopo il rinvenimento del cadavere. Ugo Manca al telefono riferiva a Mondello gli sviluppi delle indagini.

 

Salvatore Fugazzotto – Salvatore Fugazzotto era amico di Attilio dall’infanzia. Negli ultimi tempi si era avvicinato a Ugo Manca, che dieci giorni dopo la morte di Attilio gli avrebbe fatto da padrino di cresima. Negli ultimi due giorni di vita di Attilio ci sono due lunghe telefonate con Fugazzotto. Dopo la conversazione con Fugazzotto del 10 febbraio 2004 Attilio manifesta inquietudine e si dice infastidito per un incontro che dovrà avere a Roma con persone imprecisate.

 

Andrea Pirri – Ha raccontato ad almeno due persone, che lo hanno poi riferito agli investigatori, che Attilio era stato ucciso dalla mafia. Aggiunse che i suoi genitori avrebbero fatto meglio a far cadere il silenzio sulla vicenda e che già avevano ricevuto minacce in tal senso.

 

Monica Mileti – Monica Mileti incontrò Attilio nel pomeriggio del 10 febbraio 2004. Due giorni dopo Attilio venne trovato cadavere.

 

Dicevo che non conosco il gip Salvatore Fanti. Però mi piacerebbe sapere se abbia idea di cosa sia cosa nostra, la mafia. Se abbia studiato in parte il fenomeno tramite ordinanze e sentenze o se la sua conoscenza si limiti a qualche libro o a qualche puntata de Il capo dei capi. Davvero presuppone che, anche se a vario titolo, un mafioso del calibro di Porcino sia coinvolto in una banale cessione di eroina ad un eventuale consumatore finale? O che su sei indagati ben cinque siano vicini ad ambienti mafiosi ma che in tutto ciò la mafia non c’entri nulla? Ma davvero crede che i boss spaccino droga per strada? E che cinque simpatizzanti di cosa nostra siano coinvolti nella morte di Attilio Manca non in quanto tali ma solo a causa di circostanze fortuite, senza, in qualsiasi caso, il placet delle cosche?

 

Un un unico, umile consiglio: prima facciano delle indagini degne di questo nome, e poi, alla fine, si esprimano sul contesto in cui è maturata la morte di Attilio Manca. Perchè di serio, questo processo, rischia di avere solo il nome della vittima.