Malasanità, indagini, dichiarazioni, accuse e supposizioni. Una regione, la Sicilia, che troppo spesso necessita di una riflessione chiara e completa sul campo della sanità. Una riflessione che porti a decisioni e interventi concreti, perché di parole se ne sono spese fin troppe.
Questa settimana Cliccamessina (Radiostreet 103.3 fm) si è occupata proprio di questo. Nello specifico, delle sorti di una realtà tanto storica quanto importante, protagonista di una vera e propria schizofrenia decisionale che più che chiarimenti, fomenta dubbi. L’ospedale Piemonte, sito in viale Europa, Messina. Una struttura dalla storia travagliata: chiusura o non chiusura, accorpamenti, rischio sismico, ristrutturazioni. Una vicenda complessa che sembra avere come unica soluzione la chiusura, con conseguente ribellione di sindacati, medici, operatori sanitari e cittadini. L’ultimo colpo, il 23 gennaio 2015, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia (GURS) del “Piano di riqualificazione e riconversione della rete ospedaliera”, con il quale i 78 posti letto dell’ospedale Piemonte cambiano dicitura: da ‘acuti’ a ‘indistinti’. Diretta conseguenza, la perdita del carattere di ‘emergenza-urgenza’ e del reparto di pronto soccorso.
Per parlare di questo, e di molto altro, in diretta a cliccamessina due membri dell’area Civati (Pd): Fabrizio Calorenni e il coordinatore cittadino Raphael de Francesco. Dati alla mano, per esprimere il punto di vista di quanti non vogliono vedere la città di Messina privata di una struttura strategica e indispensabile che, ad oggi, offre diverse specialità: Rianimazione, Cardiologia con UTIC (Unità Terapia Intensiva Cardiologica), Chirurgia generale, Medicina, Ortopedia e Traumatologia, Ginecologia ed Ostetricia, Pediatria, Patologia neonatale, Pronto soccorso (emergenza-urgenza) e UTIN (Unità Terapia Intensiva Neonatale). Da evidenziare come, nell’area di Messina e provincia, il Piemonte sia l’unica struttura, insieme al Policlinico, a essere dotata di una UTIN. A pochi giorni dalla tragica morte a Catania della piccola Nicole, la neonata per la quale è stato impossibile il ricovero presso la UTIN dell’ospedale Santo Bambino (Catania) per mancanza di posti letto, ben si comprende la fondamentale presenza di un reparto simile in centro città. Unità non trasferibile alla struttura ospedaliera del Papardo (contrada Sperone, Messina), nel caso in cui dovesse attuarsi la proposta di accorpamento dei due reparti. Alla complessità dell’offerta si aggiunge l’eloquenza dei dati: circa 32.000 accessi al pronto soccorso nel 2014, oltre 1000 parti l’anno, 5.000 accessi al pronto soccorso pediatrico, 4.000 al pronto soccorso ostetrico.
Altro elemento da non sottovalutare, l’accessibilità e l’utenza. L’ospedale, sito a cavallo dei Quartieri III e IV, rappresenta l’unica struttura sanitaria di riferimento per il centro città. “Messina è una città che si sviluppa in lunghezza. Chiudere il Piemonte significherebbe non solo privare i cittadini di un pronto soccorso dalla posizione strategica, ma anche sovraccaricare le due restanti strutture del Policlinico e del Papardo, notoriamente lontane dal centro cittadino” spiega Fabrizio Calorenni. L’ipotetica chiusura si scontrerebbe inoltre con il Decreto Balduzzi, che “prevede la presenza di una struttura ospedaliera ogni 85 mila abitanti; ma tra il III e il IV quartiere la popolazione conta circa 150 mila abitanti!” conferma Raphael de Francesco.
L’opposizione viene anche dagli addetti ai lavori, da vivono dall’interno la confusione generale: “E’ anche giusto che i cittadini sappiano che al Pronto Soccorso del Policlinico esiste soltanto una sala attrezzata per i codici rossi e che non vi sono le risorse né strutturali né di personale per trattare due codici rossi contemporaneamente, per cui un secondo paziente, in condizioni critiche, oggi, viene trasportato al Piemonte” spiegano in una lettera inviata al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e al Prefetto di Messina, Stefano Trotta, i 101 firmatari tra medici e paramedici del nosocomio di viale Europa, che così si esprimono: “Abbiamo deciso di rivolgerci direttamente al Ministro Lorenzin, visto gli inutili appelli ripetutisi nel tempo da parte forze di sociali e comitati all’Assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, e caduti nel vuoto. Riteniamo che la scelta scellerata della chiusura dell’Ospedale Piemonte costituisca un pericolo per la sicurezza della vasta utenza del bacino di riferimento. […] Per questo, chiediamo al Ministro Lorenzin di intervenire presso la Regione Siciliana, affinché si riconosca l’essenzialità dell’Ospedale Piemonte, strategico per l’emergenza-urgenza, sia nella quotidianità che in caso di calamità, quale punto di riferimento di Protezione Civile, come attestato anche dalla recente lettera del Capo Nazionale del Dipartimento, il Prefetto Gabrielli”.
Proprio dell’importanza della struttura Piemonte per la protezione civile ci parla Raphael de Francesco, sottolineando come “se il Piemonte venisse chiuso, Messina si ritroverebbe sguarnita e impossibilitata ad affrontare qualsiasi tipo di emergenza. Il Piemonte è stato protagonista laddove si sono verificate diverse tipologie di crisi, come nell’incidente del Segesta/Jet (15 gennaio 2007, n.d.r.), durante la quale le emergenze sono state gestite dall’ospedale Piemonte. Anche nel caso dell’alluvione di Giampilieri, l’ospedale Piemonte è stato il primo presidio interessato nelle operazioni di soccorso, e soprattutto di emergenza urgenza”.
A questo punto le soluzioni varate negli anni non sembrano scongiurare la possibilità di una chiusura del nosocomio, oltre a incontrare non poca opposizione da parte di addetti ai lavori e non. L’accorpamento con l’ospedale Papardo, con il conseguente trasferimento dei reparti, comporterebbe non poche difficoltà. L’operazione, come spiegato all’interno della lettera al ministro, non costituirebbe una valida soluzione. Si parla infatti di “due ospedali distinti e separati, localizzati a 12 chilometri l’uno dall’altro, inadeguatamente collegati, non solo per la distanza ma in virtù di una viabilità problematica e, soprattutto, ciascuno con un proprio bacino d’ utenza”. La possibilità di un accorpamento con il Centro studi Neurolesi Bonino Pulejo (IRCCS – Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) non incontra meno difficoltà. Se, infatti, da una parte l’area Civati si esprime nella persona di Fabrizio Calorenni parlando di “un’importante occasione per il rilancio e il rafforzamento della struttura dell’ospedale Piemonte”, dall’altra sottolinea come sia “necessario che le due strutture mantengano le proprie specificità. Che il Piemonte mantenga il suo carattere di emergenza urgenza, con tutte le migliorie che può portare l’IRCSS”. Accorpamento sia, dunque, se si rispettano le specificità delle due strutture interessate, con una collaborazione che si traduca in crescita reciproca, e non in un clamoroso esempio di fagocitosi. Possibilità della quale si preoccupano i 101 firmatari del Piemonte: “L’accorpamento di Piemonte e Neurolesi, autentico capolavoro della diplomazia messinese, […] si è rivelato per quello che è realmente: la chiusura di un ospedale e la concessione dei suoi locali all’IRCSS Centro Neurolesi, per farne una succursale cittadina del centro di riabilitazione”.
Da una parte molto scetticismo, dall’altra chi, pur mettendosi in guardia, guarda con timida speranza a una possibile soluzione da risolversi nella collaborazione. Conclude la puntata l’intervento combinato dei due ospiti: “La nostra posizione non è contro o pro nessuno. E’ volta ad ottimizzare quello che è il servizio sanitario cittadino. Quando si parla di riorganizzazione è bene tenere presente i dati. Capire dove e come accorpare e come e dove razionalizzare. Contro nessuno e pro città, pro diritto alla salute. Punto.”
Buon ascolto!
Gaia Stella Trischitta
In allegato, la lettera al Ministro Lorenzin.