Palermo, la ricca ed antica città fenicia, oggi conosciuta per i numerosi monumenti arabo-normanni, per gli aurei mosaici, per le pompose chiese barocche nonché per gli eclettici palazzi liberty, era un tempo raffigurata come un grande scoglio in calcarenite circondato dai fiumi Kemonia, Papireto, Oreto e Passo di Rigano. Sebbene la piana di Palermo fosse ricca di acqua, essa scorreva copiosa nel sottosuolo, sgorgando solo grazie alla presenza di polle o pozzanghere che raccoglievano l’acqua dei fiumi sotterranei. Per tali ragioni le antiche popolazioni, che sceglievano accuratamente il luogo dove istallarsi, cominciarono a scavare pozzi e gallerie idriche sotterranee con lo scopo di attingere l’acqua dal sottosuolo.
Tuttavia l’antica Panormus non era solo apprezzata per l’abbondanza delle sue acque. La pietra arenaria calcarea o più comunemente calcarenite presente nel sottosuolo, che ha la caratteristica di risultare duttile, resistente e di buona coibenza termica ed acustica, risultava essere molto utile sia per la realizzazione di cavità e grotte naturali che come materiale edile.
Per tali ragioni la città di Palermo vanta il primato di possedere un vasto patrimonio ipogeo che ben controbilancia l’altrettanto vasto circuito storico, considerato, dopo Lisbona, il più grande d’Europa.
Ma come sempre accade, benché la natura segue il suo corso, creando o distruggendo ciò di cui dispone, l’uomo raccoglie i frutti di questa creazione e prosegue facendo il resto. Pertanto sebbene il sottosuolo di Palermo abbia un’attestata origine carsica, cioè dovuta a fenomeni erosivi geologici, esso è così vasto anche grazie alle intrusioni antropiche che organizzarono le preesistenze geologiche, apportando ampliamenti per scopi puramente civili.
L’uso del suo sottosuolo è testimoniato dalla comparsa dei primi insediamenti pre-preistorici, che utilizzavano le cavità naturali sia per pratiche misteriche e funerarie che come rifugio. Tutt’oggi i cunicoli più interessanti risultano essere sotto il tessuto abitativo storico – palazzi, chiese – e inglobano spesso strutture preesistenti utilizzate in seguito come cripte o luoghi di sepoltura.
Gli antichi cunicoli furono, infatti, nei secoli avvenire adottati per usi differenti dalla loro realizzazione iniziale: da sepolture a cripte di chiese, da gallerie idriche fognarie a camere dello scirocco. Durante i terribili bombardamenti delle Seconda Guerra Mondiale, questi furono persino utilizzati, impropriamente, come rifugi antiaereo.
Che la città di Palermo fosse ricca di cunicoli sotterranei è comunque testimoniato da Vincenzo Di Giovanni, sul suo celebre scritto “Palermo Sotterranea” del 1887-1889.
Sono numerosi i cultori della Palermo sotterranea che dal Di Giovanni si sono passati il testimone nella trasmissione delle testimonianze e delle conoscenze, arrivando sino a romanzare le informazioni storiche e gli aneddoti relativi agli usi differenti legati alle cavità ipogee; mi riferisco a Luigi Natoli e al suo celebre romanzo “I Beati Paoli”.
Speleologo e studioso instancabile della Palermo Sotterranea è anche Alfredo Salerno che firma diversi articoli, sulla scoperta del sottosuolo, pubblicati sul Giornale di Sicilia con lo pseudonimo “Panormitan”.
Nel 1940 quando scoppia la II guerra mondiale, il Ministero della Guerra, attua un “Piano di difesa Passivo” per la difesa della città durante i bombardamenti. A questo piano di difesa viene coinvolto lo stesso Salerno, che eseguirà, in collaborazione con il docente di geologia Giovan Battista Floridia, ricerche radiografiche e di rilievo al fine di trovare la presenza di cavità naturali da trasformare, a seguito di lavori di disostruzione dalle macerie “di massima urgenza”, in ricoveri antiaereo.
Ricordiamo anche il famoso ingegnere, conoscitore di Palermo, Rosario La Duca, che negli anni sessanta realizza, nei cantieri edili dove lavora, disegni e rilievi sugli sbancamenti e tagli della roccia. Studi pubblicati sul Giornale di Sicilia, tra il 1962 e il 1967, poi riuniti nel suo famoso volume “Il sottosuolo di Palermo, risultati di una prima indagine”. Gli studi continuano negli anni ottanta e novanta, grazie al “boom” edilizio e con il successivo recupero del Centro storico di Palermo che ha permesso il ritrovamento di numerose altre cavità naturali.
Come non citare, in ultimo, il geologo Pietro Todaro, autore della nota Guida di Palermo sotterranea, utile strumento al fine di comprendere la Palermo Sotterranea.
Nel nostro virtuale itinerario sotterraneo partiremo dalle sponde gradinate dei fiumi Papireto e Kemonia che, corrose dalla furia dell’acqua, furono in seguito dagli uomini riutilizzate come grotte, gallerie, chiesette ipogee, pozzi, bagni, alloggi ma anche come complessi cimiteriali. E proprio dalla Catacomba di Porta d’Ossuna, sull’argine settentrionale del fiume Papireto, inizieremo a parlare nel prossimo articolo.
Claudia Fucarino
Associazione Culturale Palermo Cultour; https://facebook.com/ConoscereAmarePalermo?fref=ts