Di Tonino Cafeo
Studia psicologia all’Università di Messina e ha dato esami da poco con buoni risultati. Inizialmente aveva scelto informatica “ perché offre maggiori sbocchi lavorativi” , ma poi ha deciso di seguire il proprio cuore. Ha una famiglia unita che è solidale con le sue scelte.
Potrebbe essere il ritratto di una studentessa come tante, ma Aurora – così la chiameremo per rispettare la sua scelta di riservatezza- ci racconta una storia particolare. E’ la prima persona in Italia ad aver ottenuto dall’anagrafe la modifica della propria identità di genere senza passare dal cambio di sesso per via chirurgica. Aurora ha ottenuto i nuovi documenti di identità grazie a una recente sentenza del Tribunale di Messina che rappresenta una vittoria per tutte quelle persone – nel nostro paese sono circa cinquantamila- che vivono la condizione di non riconoscersi nel proprio sesso di nascita, quella che nel linguaggio clinico si chiama disforia di genere. I media hanno parlato- giustamente- di battaglia di civiltà, ma lei preferisce che si sottolinei il bisogno di normalità che emerge da una storia come la sua.
“ Sono stata fortunata” , racconta al Carrettino delle Idee, con una sicurezza che non ci aspetterebbe da una ragazza così giovane. “ Molte persone prima di me hanno fatto la stessa richiesta senza riuscirci. Adesso, con una carta d’identità che finalmente corrisponde al mio sesso vero, conto di poter vivere meno situazioni spiacevoli, di non dover dare spiegazioni sul mio aspetto esteriore, di passare finalmente inosservata”. Quando le chiediamo di specificare meglio cosa intende non ha dubbi. “ Non è che abbia avuto troppi problemi con i familiari o le persone vicine, figurarsi. Ho iniziato a vivere come donna tre anni fa, alla fine della scuola superiore, nessun conflitto con i compagni di classe dunque. Gli amici? Pochi ma buoni, sono molto selettiva.”
Le difficoltà che Aurora non manca di sottolineare riguardano la relazione con la società nel suo complesso. “ I problemi nascono quando vuoi fare una passeggiata il sabato sera” , rammenta, “ ho cominciato a prendere gli ormoni circa un anno fa, per cui durante i miei primi anni da donna avevo ancora, ad esempio, lineamenti maschili. Qualche problema c’era, ma per fortuna non mi sono mai capitate brutte storie, di quelle che si leggono in cronaca nera.” Aurora spiega così anche il suo bisogno di riservatezza, che è fermo e deciso, nonostante sembri che il tema della transessualità sia ormai socialmente accettato.
“ Non è del tutto vero” incalza Aurora “ Noi transessuali dobbiamo ancora difenderci. Ma la mia scelta personale non è assolutamente un fatto di presa di distanza dalle altre trans quanto piuttosto un’autodifesa dalle etichette”. Quando chiediamo in che senso risponde lucidamente: “ La condizione transessuale è ancora troppo spesso associata alla malattia, all’anomalia , al mestiere della prostituta. Un altro errore molto comune è il vedere la transessualità come un sesso a parte. In realtà questa cosa non esiste. Le persone come me si sentono, e sono, donne. La condizione transessuale per come la vedo io è transitoria per definizione. Voglio evitare che mi etichettino perché tra poco non sarò più una trans , ma una donna a tutti gli effetti. Le chiediamo a questo punto se e quando farà l’intervento chirurgico. La sua risposta è positiva, ma – ci tiene a sottolineare- “ ci sono arrivata per libera scelta, dopo un percorso che ha avuto i suoi momenti difficili” . L’impatto con le terapie ormonali non è una passeggiata ed anche il riconoscimento della propria nuova identità passa per un percorso non breve, in cui hanno un ruolo medici e psicologi. Non secondario resta il ruolo della famiglia, positivo nel caso di Aurora, che ha dai genitori amore , comprensione e sostegno determinante, problematico in centinaia di altri casi. “ Noi abbiamo molta fiducia in nostra figlia” conferma la mamma “ anche se all’inizio non è stato facile. La vedevamo soffrire e non sapevamo come aiutarla. Poi abbiamo studiato, ci siamo documentati, siamo andati in centri specializzati, per capire meglio le scelte di nostra figlia e poterle appoggiare pienamente. In realtà abbiamo imparato molto da lei”.
“ il nostro primo obiettivo è aiutarla a raggiungere la serenità, ma se il suo esempio può essere utile ad altre persone, ben venga. Se è vero che questa è ancora una società bigotta, io confido nella sua evoluzione”.