“A mio avviso, Galati Marina ha subito diverse epopee. Ricordo benissimo quando è stata un po’ la Las Vegas messinese e quando, invece, è stata il teatro di momenti tristi. C’è stato un momento in cui la violenza era tangibile per via dei mafiosi, che la facevano da padroni. Ora, però, credo che la zona sud si sia liberata da questa fase e la nostra sia una zona franca, libera dai controlli da parte della criminalità organizzata. Sembrerebbe che i malavitosi preferiscano stare lì dove sono cresciuti, per esercitare meglio il proprio controllo. Ora, non credo che sia giusto equiparare questa zona a una novella Scampia. I problemi di questo posto sono il basso grado di istruzione dei giovani e la mancanza di lavoro. I giovani, però, sono ragazzi tranquilli e il prete ha avuto il merito di creare un luogo di aggregazione, che è stato accolto con molto entusiasmo da tutta la comunità”. A parlare è uno dei commercianti di Galati Marina che, come tanti, nel paese cerca di trovare una spiegazione all’incendio appiccato al gazebo e all’area ludico-ricreativa dell’oratorio della chiesa della Madonna della Lettera. Le parole che si ripetono come una litania sono “chi?” e “perché?”.
Si fanno queste domande anche i tanti giovanissimi che frequentano questo oratorio, che rappresenta una “rivoluzione” per il villaggio, perché “don Orazio Siani ha avvicinato i giovani alla chiesa” e perché “è un prete che ricreato il sapore della fratellanza”. Ma sulle facce dei ragazzi si legge l’amarezza per ciò che è successo: “Non è giusto attaccare la chiesa” dice D., “non si capisce cosa si voleva dimostrare”. “Il prete ha avuto il merito di instaurare un clima di armonia” incalza F., “sarà stata una bravata. Qui abbiamo avuto la possibilità di capire che cosa è l’amicizia. Qualche mese fa mi hanno bruciato la macchina. Non conosco i motivi del gesto, però so sicuramente che il momento di rabbia è stato sostituito dall’accettazione e grazie alla cristianità non porto rancore”.
“Si fa a presto a dire mafia”, urla il paese di Galati Marina, ma nello stesso tempo c’è chi, come A., riconosce nei metodi utilizzati una mentalità e un modus operandi che assomigliano a quelli mafiosi. Ma cosa è cambiato in questi mesi lo ha spiegato G.: “E’ una gioia spirituale e in questo posto si respira aria di rinnovamento. Il prete ci dice spesso che siamo la colonna portante della chiesa e ogni volta che non ci vede ci viene a cercare”. Don Orazio Siani, insomma, è l’animatore di questa ritrovata cristianità, ma non accetta che la sua opera venga paragonata a quella di don Pino Puglisi e il suo villaggio alla realtà di Brancaccio: “Io ho costruito solo un piccolo oratorio per i ragazzi” ha spiegato. “Era logico che i giovani partecipassero alle varie attività che sono organizzate. Ancora oggi non so cosa sia successo, ma una cosa è certa: la comunità è salda nella fede. Ricostruiremo l’oratorio e per questo sabato è stata organizzata una festa di beneficienza. Risorgeremo, perché dove c’è Cristo si vince sempre e noi non ci sentiamo sconfitti, ma non sento di assomigliare alla figura di Padre Pino Puglisi”.
Il parroco ha difeso ancora i suoi ragazzi dalle descrizioni che sono piovute dalla stampa, poco rispondenti alla realtà. Quindi, nessun fenomeno di devianza sottesa alla sua opera pastorale e nessun recupero di ragazzi di strada.
Mentre registriamo le varie testimonianze, l’opera dell’oratorio continua: c’è, per esempio, Blazena Guthova, una donna di origini slovacche che insegna il flauto, un’occasione unica per tutte le famiglie che non hanno la possibilità di mantenere le costose scuole musicali, e poi ci sono loro, i bambini, che scorazzano felici, rincorrendo una palla in quello spazio diventato più largo dopo che la fiamme hanno divorato i gazebi dell’oratorio, ma fortunatamente non la loro voglia di continuare ad affollare il cortile oltre l’altare. Claudia Benassai